Una parte dei gas serra viene eliminata dall’atmosfera, trascinata dalle piogge nei mari; una parte contribuisce alla fotosintesi; una parte va ad aggiungersi ai gas serra che già sono presenti nell’atmosfera, aumentandone la concentrazione, che già è oltre 400 volumi ogni milione di volumi totali di gas dell’atmosfera (ppm), di circa due ppm all’anno.

I governanti cominciano ad essere spaventati dal fatto che i cambiamenti climatici comportano dei costi, necessari per risarcire i proprietari della case allagate, dei campi alluvionati, per ricostruire le strade franate, e da anni si incontrano, senza successo, per arzigogolare qualche strumento fiscale o monetario per rallentare le riscaldamento globale. Perché a queste riunioni annuali dei governi non si parla di natura o di ecologia, ma di soldi.

Qualcuno vorrebbe aumentare la superficie delle foreste che assorbono una parte dell’anidride carbonica emessa dai camini e qualcuno vorrebbe spianare le foreste esistenti per trasformarle in pascoli e allevamenti di cui vendere la carne; qualcuno vorrebbe modificare le automobili inquinanti e qualcuno vorrebbe venderne di più per la maggior gloria dei fabbricanti.

Qualcuno vorrebbe produrre più elettricità dal sole e dal vento per favorire i venditori di pannelli solari e di turbine eoliche, e qualcuno vorrebbe produrre più elettricità dal carbone e dal gas naturale che emettono più gas serra. Qualcuno propone di seppellire i gas serra in miniere sotterranee abbandonate o nel fondo degli oceani o di costruire delle barriere con cui proteggere le zone costiere dall’innalzamento dei mari.

Ma c’è qualcosa di cui nessuno parla: le merci, l’uso delle merci; qualsiasi oggetto (e servizio) – un etto di carne, una lattina di conserva di pomodoro, un foglio di carta, un minuto di telefonata, un chilometro percorso, eccetera – comporta estrazione dalla natura di materiali (agricoli, forestali, minerali, energetici) che, nella trasformazione e nell’uso immette nell’ambiente residui solidi, liquidi e gas fra cui quelli che alterano irreversibilmente il clima. Più oggetti, più merci, più modificazioni climatiche.

Ogni persona per vivere, più o meno, ha bisogno di oggetti e contribuisce a peggiorare l’ambiente, irreversibilmente; non ci sono filtri, resilienza, sostenibilità, e chiacchiere; non ci sono altri pianeti da abitare. D’altra parte l’aumento dei consumi delle merci e dell’energia è imposto dalle regole della società capitalistica e considerato come cosa buona per venditori di combustibili, fabbricanti, padroni e lavoratori e commercianti e per gli stessi “consumatori”, intossicati dalla pubblicità, complici e vittime delle violenze alla natura. Se i governanti non hanno voglia di mettere in discussione il mondo dei soldi e degli affari, si tengano le città allagate e i campi inariditi e non vadano neanche in processione nelle loro inutili conferenze, così almeno risparmiano le spese del viaggio e degli alberghi.