«But down these mean streets a man must go»: è notoriamente da uno scritto del 1945 dal creatore del detective Marlowe Raymond Chandler – The Simple Art of Murder – che viene l’ormai celebre titolo del film di Martin Scorsese riproiettato oggi, in versione restaurata, in apertura della Quinzaine des Realisateurs: Mean Streets (1973), quelle strade crudeli che un uomo «è costretto a percorrere». Le stesse strade di Little Italy in cui Scorsese è cresciuto – e dove è ambientato il suo film d’esordio Chi sta bussando alla mia porta? (1967) – e come lui anche Robert De Niro, che nel film interpreta Johnny Boy.

Mean Streets è stato presentato proprio alla Quinzaine des Realisateurs nel 1974, ed è quindi naturalmente il titolo scelto,44 anni dopo, dalla sezione non competitiva del Festival di Cannes in occasione della consegna della Carrosse d’Or, il premio alla carriera, al suo regista, che dopo la proiezione incontrerà il pubblico della croisette, e che ieri è stato acclamato mentre sfilava sul red carpet per la cerimonia d’apertura.
La lunga collaborazione e amicizia fra De Niro e Scorsese nasce proprio sul set di Mean Streets, anche se a presentarli era stato Brian De Palma a una cena: «Bob sapeva che avevo fatto un film sul nostro ambiente comune. Chi sta bussando alla mia porta? gli era piaciuto e riteneva, come molti altri, che fosse l’unica rappresentazione accurata della vita nel Lower East Side», raccontava il regista a Ian Christie e David Thompson nel libro/intervista edito in Italia da Ubulibri Scorsese secondo Scorsese.

E a quella accuratezza Scorsese resta fedele anche in Mean Streets – «Volevo dare un quadro realistico della vita degli italoamericani. Mean Streets fu un tentativo di rappresentare me e i miei amici sullo schermo. In un certo senso era un trattato antropologico o sociologico» – incrociandola però con un gesto d’amore nei confronti dei film di genere con cui era cresciuto: «Tentavo, allo stesso tempo, di rendere una sorta di omaggio ai film di gangster della Warner Bros».

L’ispirazione per i due amici protagonisti del film – Johnny Boy e Charlie (Harvey Keitel) – viene proprio da un amico dell’adolescenza del regista – Joey: una combinazione del carattere di entrambi, con cui Scorsese andava al cinema e faceva scorribande nel quartiere: «Quando scoppiava una rissa tutti gridavano: ’Presto, venite!’ Noi dicevamo: ’Va bene’, ma poi ce la prendevamo con calma in modo da arrivare là quando tutto fosse finito».
Per produrre il film, Scorsese si era rivolto a Roger Corman, per il quale aveva appena girato America 1929, che gli aveva però proposto di fare «qualche piccolo cambiamento» per conformarlo al genere Blaxploitation in ascesa in quegli anni: «Compresi presto – ricorda però Scorsese – che non riuscivo a vedere questi ragazzi neri in chiesa o mentre si confessavano. Non avrebbe funzionato».

Corman si offrì comunque di distribuire il film, e a produrlo fu l’allora ventiseienne Jonathan Taplin – produttore musicale che aveva appena organizzato il tour di Dylan and The Band.
La citazione di Chandler fu invece suggerita dall’amico critico e sceneggiatore Jay Cocks: inizialmente infatti il film avrebbe dovuto chiamarsi Season of the Witch. Il titolo con cui è entrato nella storia del cinema non era però gradito, ricorda Scorsese, proprio agli abitanti del Lower East Side: «La gente che vedeva il ciak con la scritta Mean Streets si arrabbiava: ’Non c’è niente di male in queste strade!’. E io rispondevo: ’Non vi preoccupate, è solo il titolo di lavorazione.’ Speravo sempre di poterlo cambiare».