II medici gli hanno raccomandato di evitare la politica per ora ma Alexey Navalny ormai sente il bisogno di rientrare nell’agone. Ieri in un post ha fatto delle affermazioni che desteranno scalpore: il piano del suo avvelenamento era che si sarebbe sentito male sull’aereo, dove nessuno poteva aiutarlo. «Il piano degli assassini era semplice: mi sarei sentito male 20 minuti dopo il decollo, dopo altri 15 minuti sarei morto. L’assistenza medica non sarebbe stata garantita e dopo un’altra ora avrei continuato il mio viaggio in un sacchetto di plastica nera sull’ultima fila di sedili, spaventando i passeggeri che andavano in bagno», ha scritto Navalny.

SECONDO IL POLITICO questo piano è stato sventato dalla «catena di incidenti felici» e dalle azioni di persone delle quali non conosce i nomi, e quindi chiama «buoni amici sconosciuti». Cioè «i piloti e i primi medici che mi hanno dato solo 15-20 ore di vita. Tutto ciò che è seguito è stato molto drammatico e merita una storia a parte» ha concluso Navalny.
L’opinione pubblica occidentale, solitamente molto distratta su ciò che avviene in Russia, ha mostrato un certo interesse per la figura di Navalny dopo il suo probabile avvelenamento a Tomsk il 20 agosto scorso. Viene presentato dalla stampa come il principale oppositore di Vladimir Putin. Ma è davvero così? Chi è realmente? E qual è il suo programma politico?

CLASSE 1976, MOSCOVITA, Alexey Navalny si laurea in economia all’università Lumumba, dove venivano un tempo formati i quadri dei partiti comunisti di mezzo mondo. Inizia la sua carriere politica a 25 anni, entrando nel partito liberale Yabloko dove ascende rapidamente alla dirigenza grazie alla sua dinamicità e capacità oratorie.

Nel 2007 lo lascia per aderire al Movimento nazional-democratico Narod («Popolo»): un pot-pourri in cui si agglutinano molti ex membri del partito nazional-bolscevico di Limonov che lasciate le vestigia rosso-brune pencola verso il nero neofascista. Controllo rigido della migrazione interna e Stato forte caratterizzano una forza politica che non decollerà mai visto che quello spazio politico è ben presidiato da Vladimir Zirinovsky.

 

Aleksej Naval'nyj, attivista russo - foto Ap
Aleksej Naval’nyj, attivista russo – foto Ap

 

NAVALNY HA PIÙ VOLTE OSSERVATO che il nazionalismo è uno dei «punti chiave e determinanti» della sua ideologia e si definisce un «nazionalista russo normale», un attributo che lo spinge a rivalutare anche la Russia zarista e imperiale. Per questo prende parte per alcuni anni a Russky Marsh, manifestazione dell’estrema destra in cui si sprecano le bandiere nere con la celtica e le foto di Ivan Grozny. I partecipanti non si vergognano di dichiararsi antisemiti e omofobi.

Navalny smetterà di sfilare con i fascisti solo poco prima della sua presentazione a candidato come sindaco di Mosca, quando i suoi spin doctors gli consiglieranno un approccio più moderato per intercettare l’elettorato giovanile della capitale, educato al liberalismo di stampo occidentale.
Ma il travestimento non gli riesce molto bene e le sue posizioni sui diritti civili somigliano a quelle di Matteo Salvini. «La mia idea è che non ci debba essere tabù su questo argomento.

Bisogna ammettere che i migranti, compresi quelli del Caucaso, vanno spesso in Russia con i loro valori molto peculiari. I russi hanno superato questo livello di pregiudizio ai tempi di Yaroslav il Saggio. Ad esempio, in Cecenia, le donne che vanno in giro senza il velo vengono colpite da colpi di pistola elettrica… Poi questi ceceni vengono a Mosca. Io ho una moglie e una figlia qui. E non mi piace quando delle persone dicono che le donne dovrebbero essere colpite…».

SI DICHIARA CONTRO la costruzione di moschee nella capitale e chiede per i tagichi senza permesso «la deportazione, che è sempre la soluzione migliore in questi casi». Gli attacchi a Putin soprattutto sui temi della corruzione, graditi ai giovani con alti titoli di studio che vedono precluso l’ascensore sociale, insieme ai pregiudizi contro i migranti gli consentono di raggiungere il 27,2% nelle elezioni per la carica di sindaco di Mosca nel 2013.

Nel frattempo Navalny ha partecipato alle grandi manifestazioni dei mesi precedenti contro i brogli alle presidenziali imputati allo staff di Putin. Ne è uno dei leader e non si ritrae dalla collaborazione con un altra stella ascendente della politica moscovita, Andrey Udalzov, che anni dopo fonderà il Fronte di sinistra.

Ne esce temprato e decide di creare un proprio partito incentrato sulla propria figura: il Partito del progresso.
Respinta ogni tipo di collaborazione con altre forze politiche, sia quelle presenti in parlamento sia quelle più affini, e tutta l’attività è concentrata sulla partecipazione alle elezioni locali o nazionali, i cui successi però restano limitati alla conquista di qualche consigliere comunale soprattutto in Siberia oltre che a Mosca. Usa in modo efficiente le nuove tecnologie creando vari blog e una propria tv online. I liberal ne diffidano, ne colgono la matrice populista di destra (non a caso per tutto un periodo Navalny celebra Marine Le Pen, fino a quando diverrà la referente dell’odiato Putin).

IL POLITOLOGO Stanislav Belkovsky sostiene che «Navalny è un giovane Putin, motivo per cui gode del sostegno di molte persone che amavano Vladimir Putin all’inizio della sua ascesa, che erano affascinate da lui in qualità di Pinochet russo e che ne sono rimaste deluse». Un giudizio duro e senza appello: «Navalny vuole diventare sia re che leader. Ma Alexey Anatolyevich crede che non abbia senso lottare per il potere se non si diventa il prossimo Putin o Stalin, non in senso ideologico ma come modello di potere» afferma ancora Belkovsky.

Navalny non ama molto parlare di politica estera ma spesso, da questo punto di vista, si è ritrovato d’accordo proprio con il presidente russo a partire dalla guerra in Cecenia e in Georgia. In una delle sue rarissime interviste all’Ansa sostenne, lo scorso anno, di aver simpatia per il Movimento 5 stelle, di cui però afferma di non capire l’alleanza con Salvini: ma l’attacco al leader leghista è in chiave anti-Putin, visti i legami di Russia Unita con il Carroccio.

È QUESTO IL PERSONAGGIO che ora molti in Europa vorrebbero vedere premiato con il Nobel per la pace. Al di là della naturale solidarietà, se si dimostrasse definitivamente che è stato avvelenato, nei confronti di una persona che non ricorda né Adenauer e neppure Churchill ma per l’appunto Pinochet: liberismo economico estremo e pugno di ferro politico stile Chicago boys. È questo il rischio che vogliono correre le cancellerie europee che oggi lo sostengono? Sostituire un autocrate con un altro, solo un po’ più docile agli interessi occidentali?