Sulla penuria delle mascherine di Stato continua il conflitto di inedita violenza tra il commissario all’emergenza Domenico Arcuri e i farmacisti. «Voglio smentire alcune fake news – ha detto Arcuri – Non sono io a dover rifornire le farmacie né tanto meno i loro distributori. Né mi sono mai impegnato a farlo. Mi sono solo impegnato a integrare le forniture che farmacie e grande distribuzione si riescono a procurare attraverso le loro reti. Se la mascherine ci sono nei supermercati e non ci sono nelle farmacie evidentemente c’è un difetto nella rete di approvvigionamento della seconda categoria. Il prezzo delle mascherine chirurgiche a 50 centesimi + Iva, ovvero a 61 centesimi, è e resterà quello. Purtroppo per gli speculatori e altre categorie simili questo è e sarà. E se ne dovranno fare una ragione». E poi ha concesso: «Qualche volta faccio degli errori, per i quali mi aspetto critiche e se serve reprimende, ma solo dai cittadini».

«È ARRIVATO il momento di raccontare tutta la verità – sostiene Vittorio Contarina, vicepresidente di Federfarma nazionale – Siamo stati additati da molti come approfittatori e affamatori del popolo, ma si contano sulle dita di una mano le multe contro i farmacisti per atteggiamenti speculativi: una trentina di casi su 19mila farmacie in Italia. Lo 0,15%. Le famose mascherine della Protezione Civile, se arrivano, arrivano col contagocce. Il motivo è semplice. Troppi controlli, troppe regole, margini troppo bassi per chi le produce e per chi le importa, che ovviamente preferisce, per guadagnare di più, dirottarle verso altri Paesi come la Spagna, dove il prezzo finale delle mascherine è stato fissato a circa 1 euro. Il risultato: in questi paesi hanno le mascherine, noi no. E in tutto questo qualcuno ha anche il coraggio di dare la colpa ai farmacisti italiani accusandoli addirittura di nasconderle per motivi economici».

LA POVERTÀ DELL’OFFERTA delle mascherine solo nelle farmacie è un classico problema del mercato capitalistico: la fissazione di un prezzo «calmierato» troppo basso ha dirottato le mascherine provenienti in maggioranza dall’estero verso altri paesi. In mancanza di offerta, l’aumento della domanda ha creato un aumento vertiginoso dei prezzi nelle farmacie che hanno acquistato la merce a un costo dieci volte superiore. Chi ha subito i danni maggiori è il cittadino a cui è stato imposto l’uso della mascherina, e il farmacista che ha dovuto affrontare le sue proteste. A questo classico meccanismo di mercato si sono aggiunte altre difficoltà: Una società di Perugia che importa le mascherine dalla Cina non riesce a garantire la fornitura di 10 milioni di pezzi a settimana. «Cinquanta centesimi? – ha aggiunto Contarina – E chi le ha mai viste a 50 centesimi! Il costo medio delle mascherine per il farmacista in quel momento era di circa 1 euro. Come si fa a vendere milioni e milioni di pezzi di un prodotto sul quale una farmacia ci rimette 50 centesimi al pezzo?».

NELLO SCONTRO è intervenuto anche l’ordine professionale dei farmacisti: «In questa crisi abbiamo pagato un pesante tributo in termini di colleghi contagiati e anche uccisi dalla Covid-19, mentre lavoravano al servizio dei pazienti – sostiene il presidente della Federazione, Andrea Mandelli – E voglio credere che sia stata messa la parola fine a illazioni e sospetti assolutamente intollerabili sul nostro operato, che continueremo a svolgere con l’impegno di sempre«.

NELL’ULTIMA SETTIMANA sono state distribuite 36,2 milioni mascherine nei depositi delle regioni, dall’inizio dell’emergenza sono 208,8 milioni. Le aziende della grande distribuzione hanno messo in commercio, a partire dalla firma dell’accordo, 19,5 milioni di mascherine Nelle prossime settimane le mascherine a 61 centesimi si troveranno in 50 mila tabaccai. Da settembre si sta ipotizzando di imporre le mascherine a tutti gli studenti sopra i sei anni, i docenti e il personale della scuola. Oltre all’obbligo del distanziamento sociale nelle classi, con i banchi separati di almeno un metro e mezzo.