L’annuncio del governatore Luca Ceriscioli è arrivato a sorpresa domenica pomeriggio: Guido Bertolaso consulente della Regione Marche per la costruzione di un nuovo reparto di terapia intensiva. Reduce dall’insoddisfacente gestione del terremoto di L’Aquila del 2009 – con tanto di strascico giudiziario – e recentemente riesumato dal governatore della Lombardia Attilio Fontana per fronteggiare il dramma del coronavirus, Bertolaso è arrivato nelle Marche ieri mattina. Volto coperto da una mascherina, è arrivato in elicottero al molo Rizzo del porto di Ancona e ad attenderlo ha trovato, oltre a Ceriscioli, l’ex capo della protezione civile regionale Roberto Oreficini e diversi imprenditori portuali.

L’OBIETTIVO È DI COSTRUIRE in dieci giorni una terapia intensiva da cento posti. Il costo stimato dell’operazione è di 12 milioni di euro, cifra che però la regione non sarebbe in grado di mettere a disposizione in tempi strettissimi e così, per ovviare alla cosa, Ceriscioli ha deciso di rivolgersi direttamente ai cittadini: «L’obiettivo è di realizzare l’impianto nell’arco di 10 giorni, un tempo strettissimo, non paragonabile con i tempi che normalmente ha il pubblico, anche in emergenza. Solo attraverso le donazioni possiamo arrivare al risultato. Quindi faccio un appello importante, soprattutto alle grandi imprese della nostra regione. La scelta di impegnarsi in questa direzione permetterà di realizzare qualcosa in grado di salvare la vita di molti marchigiani». Per affrontare il caos di queste giornate, poi, la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli – che i renziani avrebbero voluto candidare alla presidenza della regione – è arrivata a invocare l’esercito in strada: «Non è il coprifuoco dei militari di Pinochet, sono i nostri soldati a difesa dei cittadini».

Che la situazione da queste parti sia critica, comunque, è fuori dubbio: i positivi al coronavirus sono 2.569, di questi 147 sono in terapia intensiva (su una capienza di circa 400 posti) e altri 128 in semi intensiva. I morti sono 202, quasi tutti concentrati nella parte settentrionale della regione. Tra le altre cose, la provincia di Pesaro era inserita già nella prima zona rossa insieme alle province lombarde.

UN DETTAGLIO FORSE DECISIVO nell’aver spinto Ceriscioli a fine febbraio – ormai una vita fa – a dichiarare guerra al governo di Giuseppe Conte a colpi di ordinanze e ricorsi al Tar. Il governatore, il cui mandato scadrebbe ad aprile e che ha già annunciato che non si ricandiderà, alla fine è riuscito a spuntarla: le Marche hanno chiuso le scuole e imposto regole ferree di distanziamento sociale già da prima dell’uscita del decreto che ha coinvolto l’intera penisola. In tutto questo, mentre la percentuale dei tamponi positivi su quelli effettuati è stabile da una decina di giorni, la situazione preoccupa anche perché da ieri le temperature sono decisamente calate e in molte zone è arrivata addirittura la neve, anche a quote basse.

PER QUELLO CHE RIGUARDA la nuova terapia intensiva, la scelta del luogo dove installarla dovrebbe avvenire entro la giornata di oggi. Varie le ipotesi al vaglio, tutte ad Ancona: due capannoni dell’area portuale (una nell’area della dogata, l’altra all’ex Tubimar, vecchia fabbrica di tubi in acciaio), il palazzetto dello sport o un traghetto della Adria Ferries. Ad aiutare nella scelta ci sarà anche una consulente dello stesso Bertolaso, Patrizia Arnosti, definita da Ceriscioli come «una figura tecnica altamente specializzata nella realizzazione di strutture sanitarie, molto legata al nostro territorio, che conosce profondamente».

L’EMERGENZA è conclamata e la parola d’ordine è di fare in fretta, anche perché non c’è alcuna sicurezza di essere arrivati al picco dei contagi e il timore è che i posti in terapia intensiva finiscano. A questo proposito, però, segnalano i ricercatori dell’Università di Urbino Nico Bazzoli e Elisa Lello, tra il 2010 e il 2018 la Regione marche ha tagliato un totale di tredici ospedali sul suo territorio (4 ad Ancona, 4 a Macerata, 3 a Pesaro e 2 a Fermo), con una perdita di posti letto di 1.175 unità, pari al 18% della dotazione del 2010. È il solito discorso: che in caso di emergenza il sistema sanitario regionale sarebbe finito in difficoltà era pressoché scontato.