«La mano negra de Chevron», la mano sporca della Chevron. Si chiama così la campagna lanciata da Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, contro la multinazionale statunitense che ha acquisito la precedente Texaco. Correa ne ha illustrato i termini durante un viaggio in Amazzonia in cui si è soffermato soprattutto nei pressi del pozzo petrolifero Aguarico 4, nella regione di Sucumbios, dove ha operato la compagnia Usa. La multinazionale, che ha spadroneggiato in quella zona tra il 1972 e il 1990 sotto il marchio Texaco, prima di essere acquisita dalla Chevron nel 2001, ha contaminato l’area e per questo è stata condannata a pagare una multa di 19 miliardi di dollari per gravi danni ambientali, nel febbraio 2011. E si rifiuta di pagare, minacciando anzi pesanti ritorsioni.
Tutto si era messo in moto quando un tribunale di Sucumbios aveva riconosciuto legittime le denunce presentate dagli avvocati di 30.000 abitanti della regione, e aveva fissato a 9,5 miliardi di dollari l’ammenda. La sentenza prevedeva anche che la compagnia porgesse «pubbliche scuse alle vittime», pena l’aumento della sanzione. Chevron ha però cercato di scaricare tutte le responsabilità sull’azienda statale ecuadoriana Petroecuador e ha presentato ricorsi su ricorsi. Ha anche sostenuto che la controparte ha corrotto i giudici per addomesticare la sentenza e si è nuovamente appellata al Ciadi, un organismo di arbitraggio internazionale che i paesi progressisti dell’America latina disconoscono per la sua permeabilità agli interessi delle grandi corporations. Il Ciadi ha già ritenuto illegali le espropriazioni delle grandi compagnie petrolifere messe in atto nel Venezuela bolivariano di Hugo Chávez e il 5 ottobre tornerà a decidere sull’Ecuador, altro paese dell’America latina che ha deciso di impiegare le risorse petrolifere per il benessere degli strati popolari. La Chevron accusa l’Ecuador di aver disatteso il Trattato bilaterale di protesione degli investimenti (Tbi) con gli Stati uniti. L’Ecuador ribatte che il Tbi è entrato in vigore nel 1997, cinque anni dopo che Texaco aveva abbandonato il paese. L’applicazione retroattiva del trattato sarebbe «un’autentica aberrazione giuridica», ha affermato il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño, e ha messo in guardia la multinazionale Usa «dallo screditare un paese come il nostro» e ad adempiere invece a «quanto prescritto dalle leggi ecuadoriane». D’altro canto – ha detto Correa – è chiaro che solo Texaco ha sfruttato Aguarico 4, «abbandonandolo definitivamente nel 1992». Una zona che non è mai stata bonificata e per questo la campagna contro la Chevron mostra una mano che si immerge nella terra e che diventa nera per il petrolio. Correa lo aveva denunciato già nel 2007 e ieri è tornato sul posto per far vedere al mondo «le menzogne di Chevron».
Per questo, Rafael Correa ha chiesto aiuto agli altri governi socialisti della regione, e alla solidarietà internazionale.