Quel poco di buono che c’è in certe situazioni estreme è che alla fine un gruppo di individui, generalmente gentili e pazienti, diversissimi per storia ed estrazione, decide che non ne può più, che il limite è stato oltrepassato e che, se le istituzioni non sono in grado di difendere la città dagli attacchi di chi la vuole smontare pezzo per pezzo, tocca a loro farsene carico. E quando tutto questo succede a Gubbio, e cioè in una città che un tempo fu glorioso libero Comune prima di finire asservita alle Signorie locali, le forme di dissenso possono contemplare tutto, da battaglie civili a colpi di manifesti all’organizzazione di convegni di alto livello sui centri storici, alla minaccia di incatenarsi alle amate pietre delle Logge nella sciagurata ipotesi che i lavori di quella che tutti ormai qui chiamano «vetrificazione» del loggiato seicentesco abbiano inizio.

Le forze in campo sono impari: da una parte la Fondazione Cassa di Risparmio Perugia, paradossalmente venuta in possesso del monumento, presidente Carlo Colajacovo delle cementerie Colacem, forte di pareri favorevoli conquistati con la facilità di chi possiede giornali e tv locali, ed è riuscito ad avere tutti i permessi. Dall’altra il gruppo di cittadini di cui sopra: per niente omogeneo, economicamente non competitivo, ma determinato ad andare fino in fondo, costi quel che costi, animato com’è da uno stesso amore per la città sacra degli antichi Umbri, ereditato e consolidato nel corso di millenni.

logge aperte

 

Così, un anno fa, con la città commissariata, e da una commissaria molto in sintonia con la fondazione, di cui era membro anche il di lei marito, viene presa la decisione di ricorrere alla guerra dei manifesti, in accordo con Italia Nostra e Terra Mater. Il Comitato per la difesa delle Logge, poi diventato dei beni architettonici e paesaggistici della città , dopo essersi visto rifiutare da tutti i giornali locali la pubblicazione di qualsiasi iniziativa inerente alle Logge dei Tiratori della lana , decide di autotassarsi e di tappezzare i muri della città di manifesti. Ne verranno stampati a ritmo serrato, appena uno spazio di pubblica affissione si renderà libero. È così che in gennaio viene organizzato un convegno dove convergono gli apporti di intellettuali, come Goffredo Fofi, nato fra questi monti – «Un’occasione per non mettere mai più piede a Gubbio», manda a dire, «che sarà rovinata come San Gimignano, ridotta a una squallida Disneyland» -. Gli altri commenti vanno da quelli di Salvatore Settis, «una ‘rifunzionalizzazione’ che di fatto è stravolgimento e tradimento dell’architettura storica». a Tomaso Montanari, «le grandi vetrate snaturano l’identità e la forma delle Logge fino a cancellarle come monumento»; a Vezio De Lucia, «ma lo sanno gli attuali amministratori che Gubbio ha dato il nome alla famosa Carta per la salvaguardia dei centri storici del 1960, scritta da Antonio Cederna e Mario Manieri Elia? Nella Carta di Gubbio si dichiara che i centri storici non sono solo luoghi dove si concentrano monumenti, ma che ogni centro storico è esso stesso, integralmente, un monumento da tutelare. Povera Gubbio, non merita altri scempi. Spero che prevalgano la storia, la cultura e il buon senso».

Ma l’incognita è grande, in quel pomeriggio di fine gennaio alla biblioteca comunale. Invece è un trionfo.Una dopo l’altra entrano centinaia di persone. Molti devono lasciare la sala perché non abbastanza capiente. Dall’altra parte si risponde con i cannoni: Vittorio Sgarbi viene portato in elicottero a Gubbio, e intervistato lunghissimamente dalla tv locale, paragona le Logge dei Tiratori a un tempio greco. Il progetto è buono, argomenta, ma «bisogna mantenere inalterata la continuità del loggiato», come «un tempio greco ha un peristilio; il peristilio è una serie di colonne che noi vediamo essere libere: non puoi immaginare che un tempio greco abbia dei vetri». Meglio dunque realizzare «una cella interna». Insomma per il progetto della fondazione è un mezzo autogol.
Così l’operazione di tre milioni di euro si blocca, in attesa della nuova giunta comunale. Ma intanto le armi della propaganda pro-vetrificazione non tacciono, anzi, si passa all’artiglieria pesante: il Comitato è passatista, non vuole che la città si arricchisca. In realtà quello che di tale operazione resterebbe alla cittadinanza sono briciole: la somma più rilevante andrà a coprire i vetri, di dimensioni tali da essere prodotti solo da pochissime fabbriche, non eugubine. Per lunghi mesi tutto sembra fermarsi.

Poi arrivano le elezioni, che portano al Comune un candidato anomalo, espresso dalla parte del Pd che non si riconosce nel candidato ufficiale, palesemente sostenuto dal presidente- cementiere. È quasi un plebiscito che premia Il prof Filippo Mario Stirati, che, al convegno del Comitato si era detto contrario allo scempio. E ci credereste? La giunta espressa dal sindaco in questi giorni si sta esprimendo con proclami e articoli vari a favore della vetrificazione delle Logge.

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La battaglia continua, e a quelli di Manganelli, Settis, De Lucia, Fofi si è aggiunto un nuovo parere, quello dell’urbanista Paolo Berdini che pone l’accento sul fatto che l’ingabbiamento delle logge con enormi vetrate farebbe aumentare sensibilmente il valore immobiliare del monumento e in questo ravvisa il motivo dell’ultimatum dato alla città (se si continua a bloccare la vetrificazione,dicono, il finanziamento sarà dirottato a Perugia).

Il Comitato non molla. Ora, mentre si teme a giorni una decisione del sindaco, chiede un incontro con il ministero dei Beni Culturali che nella passata legislazione aveva dato parere favorevole adducendo motivi discutibili come «senza vetri potrebbe volare il tetto» (al suo posto, alla faccia dei terremoti, frequenti in questa zona, da oltre 400 anni).