Il governo di Viktor Orbán fa un nuovo passo avanti verso la restrizione degli spazi di libertà nel paese. È infatti entrata in vigore la legge che sancisce il controllo dell’esecutivo sulla ricerca scientifica. Si tratta di un colpo basso alla libertà di produzione e diffusione del sapere: la legge, che è stata approvata la settimana scorsa con i voti della maggioranza, prevede che gli istituti di ricerca coordinati fino a oggi dall’Accademia Ungherese delle Scienze (Mta), vengano gestiti da un organismo statale diretto da figure designate direttamente dal governo. Questa manovra è un’ulteriore dimostrazione della volontà orbaniana di esercitare un controllo sempre più esteso e capillare sulla vita pubblica del paese, a partire dai settori maggiormente strategici quali la stampa, la giustizia, la scuola e le Università. Più volte, dalla fine dell’anno scorso e anche di recente, studenti universitari, docenti, ricercatori e accademici hanno manifestato contro una politica, quella governativa, che vedono sempre più tesa a limitare la libertà accademica e a privare l’Mta di autorevolezza e competenze.

Il ministro dell’Innovazione della tecnologia László Palkovics, difende la legge definendola necessaria e concepita solo allo scopo di migliorare l’efficienza della ricerca scientifica ungherese e aumentare la competitività del paese. Al momento, però, aumentano le critiche interne ed esterne a questa nuova disposizione che, secondo accademici e ricercatori, non farà altro che mettere loro il bavaglio, così come la legge sulla stampa ha silenziato la voce dei media tradizionali dissenzienti. «Controllando i finanziamenti nel settore il governo finirà con l’impedire lo svolgimento di ricerche sociologiche e storiche che critichino il suo operato», affermano. A loro avviso questa misura porterà all’impoverimento della vita culturale del paese e alla falsificazione della sua storia che con Orbán è oggetto di una narrazione nazionalista volta a scoraggiare l’evoluzione dello spirito critico. A parte questo vi sono temi poco graditi all’esecutivo, come quelli relativi alle questioni di genere e all’omosessualità; tendenza, quest’ultima, che secondo il governo non va incoraggiata in alcun modo a maggior ragione in un paese dal saldo demografico negativo.

La misura è stata criticata anche al di fuori dei confini ungheresi; la comunità scientifica internazionale ha infatti espresso profonda inquietudine per questa nuova iniziativa dell’esecutivo di Budapest. Anche la Commissione europea si è detta preoccupata e ha reso noto di voler seguire attentamente l’evoluzione dei fatti nello Stato danubiano, in quanto «è inaccettabile qualunque limitazione della libertà accademica». Nell’ambiente della ricerca si teme poi l’esodo di numerosi giovani studiosi ungheresi verso i paesi occidentali, quale conseguenza della legge, come ha dichiarato il presidente dell’Mta, László Lovász.