Contrabbando, contraffazione, sofisticazione di prodotti alimentari e agricoli, ma anche furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali, compresi gli alveari, con un ritorno dell’abigeato in veri e propri raid organizzati a livelli quasi militari e strettamente connessi con la macellazione clandestina degli animali. E ancora: racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione. Sono questi i principali canali dove si muovono le mafie e la criminalità organizzata «Il tutto per un valore che nel 2018 si è aggirato sui 24,5 miliardi di euro, una cifra grosso modo equivalente al 10% del fatturato complessivo criminale del nostro Paese», a dirlo è Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes e Direttore scientifico del Rapporto Agromafie. Stando a quanto riporta il Rapporto, sulla base dei risultati operativi degli oltre 54mila controlli effettuati dall’Ispettorato centrale repressione frodi nel 2018, le truffe e i reati sono cresciuti del 75% nel vino, del 101% nella carne, del 78% nelle conserve; mentre per lo zucchero, nell’arco di dodici mesi, si è passati da zero e 36 episodi di frode.

«Nel contempo le mafie hanno ceduto il caporalato, con il conseguente sfruttamento dei braccianti agricoli irregolari, alla malavita locale e agli stessi immigrati con l’onere di organizzarlo e gestirlo, per potersi concentrare sul condizionamento del mercato», sottolinea Fara, «stabilendo i prezzi dei raccolti, lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, ma anche l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding (l’imitazione di un prodotto attraverso un richiamo alla presunta italianità, ndr) e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto. Una rete criminale che sempre di più si sta avvantaggiando della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza».

La produzione, la trasformazione, il trasporto, la commercializzazione, la vendita al pubblico di prodotti agroalimentari sono sempre più infettati e «in numerosi casi addirittura manipolati da soggetti», prosegue Fara, «che, disponendo di grandi risorse economiche, accrescono la dimensione del loro patrimonio di provenienza illecita, investendo su uno dei settori che non conoscerà mai crisi perché tutti, ricchi e poveri, dobbiamo metterci a tavola. I prezzi che questi soggetti impongono agli agricoltori sono molto bassi tanto da costringerli, spesso, a vendere sotto costo. Anche la grande distribuzione organizzata in alcuni casi svolge un ruolo centrale nello schiacciamento dei prezzi verso il basso dei prodotti trasformati e della stessa materia prima». Emerge in particolare, racconta il Presidente dell’Eurispes, «il ruolo rilevante che hanno assunto il meccanismo e la concentrazione della grande distribuzione organizzata nelle mani di pochi attori. Talvolta, si stabilisce il prezzo prima della stagione mediante il cosiddetto meccanismo delle aste online con doppia gara al ribasso. Per tutelare la competitività e la correttezza imprenditoriale, la legge vieta di vendere al di sotto del prezzo di produzione. Così accade che la grande distribuzione organizzata imponga agli industriali di dichiarare un costo di produzione più basso, in modo da poter ottemperare a questo obbligo. Questo meccanismo ha una serie di ripercussioni a catena su tutta la filiera. Avendo pre-venduto parte della produzione a prezzi bassissimi, l’industriale finisce per rifarsi sul produttore onesto, imponendogli a sua volta prezzi d’acquisto al limite della sussistenza per gli agricoltori», conclude Fara.