Più di 2mila persone sono tornate a manifestare nelle strade di Portland per protestare contro il razzismo sistematico e la violenza della polizia, nonostante l’uso ripetuto della forza da parte degli ufficiali federali sui manifestanti.

MARTEDÌ IL SEGRETARIO ad interim del Dipartimento della Sicurezza nazionale aveva sottolineato la necessità di inviare truppe federali nella città dell’Oregon e aveva rimproverato i politici locali, rei di non aver frenato quella che aveva definito «illegalità notturna», vale a dire le manifestazioni pacifiche di Black Lives Matter.

Ore dopo un manifestante ha replicato a Walf facendo causa a lui, a Trump e alle truppe federali non identificate, affermando che gli agenti federali avevano violato i suoi diritti costituzionali e l’avevano colpito ripetutamente con i bastoni.

Le violenze dei federali non si sono fermate nemmeno di fronte a un veterano della marina, Christopher David, che inizialmente aveva ignorato le proteste ma, dopo aver visto i video degli agenti federali non identificati che portavano via i manifestanti in furgoncini anonimi, aveva deciso di scendere per strada e affrontare i federali, ricordando loro che l’uso di tattiche violente contro i cittadini, senza il sostegno del sindaco, del governatore o delle forze dell’ordine locali, è una violazione del giuramento di sostenere e difendere la Costituzione.

LA RISPOSTA RICEVUTA da David sono stati spruzzi di spray urticante e bastonate che gli hanno fratturato una mano e un avambraccio, al punto che dovrà affrontare delle operazioni per rimettere le ossa a posto. «Picchiavano come a un sacco», ha detto l’ex marine. La scena è stata filmata da decine di telefonini e postata in rete.

«Come uomo di 53 anni con problemi di salute – ha detto David al New York Times – non volevo correre rischi con il coronavirus andando a una manifestazione. Mi sono deciso solo quando ho visto il nostro governo agire come Pinochet».

L’ex marine non è di certo facilmente impressionabile, è uno che al pronto soccorso, con più fratture, ha rifiutato gli antidolorifici, ma ha descritto la violenza dei federali come «brutale». Per arginare questa brutalità si è formato il gruppo delle «Wall of Moms», il muro di mamme, donne di mezza età vestite di giallo che ai cortei si posizionano tra i manifestanti e le forze dell’ordine.

SUL LORO SITO SI LEGGE: «A causa dell’escalation della violenza da parte dei federali, sii consapevole che la tua partecipazione potrebbe comportare l’arresto, essere colpita da lacrimogeni e proiettili di gomma».

I federali infatti non si sono fermati davanti al Wall of Moms: le hanno affrontate con i lacrimogeni, ma i manifestanti dietro di loro hanno avuto il tempo di scappare e di non essere arrestati. La nascita di Wall of Moms a New York, Chicago, Baltimore mostra il timore delle altre città a gestione liberal di vedere arrivare le squadre di Trump anche da loro.

A essere più preoccupati di tutti sono i politici locali di Chicago, dove le sparatorie si stanno intensificando e si teme che Trump possa prendere questo come pretesto per inviare le sue squadre di risposta rapida», come le ha definite. Al momento il presidente questa mossa l’ha promessa ma non ancora attuata. Sembra più impegnato con la politica estera.

GLI STATI UNITI HANNO chiesto alla Cina di chiudere il loro consolato a Houston «per proteggere la proprietà intellettuale e le informazioni dei cittadini privati negli Usa». A confermarlo è stata una nota del portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus.