Valentino credo lasci un vuoto che non verrà rimarginato. Una dolcezza schietta, una parzialità serena, un invito a reimparare anche quello che tendiamo a dimenticare, perché stiamo in solitudine a guardare il nostro mondo che si sfuma e da cui spuntano troppi morti rispetto alle forze che ci sono rimaste. Un addio che, per affetto, rimuove la nostalgia di quando si viveva accanto.
Mario Agostinelli

Mi associo al dolore di tutti i nostri «antichi» compagni. Una dipartita inattesa, almeno per me, per questo ancora più amara.
Giacomo Casarino

Care tutte e cari tutti, con grande commozione ho appreso la notizia della scomparsa di Valentino, comunista gentile, colto, capace di guardare il mondo con equilibrio e ironia. Ha contribuito tantissimo a dare voce a tutti coloro che hanno continuato a pensare con la loro testa, non si sono né piegati, né rassegnati. Non dimenticheremo l’esempio di coerenza e di serietà che ci ha lasciato. Un abbraccio fortissimo.
Claudio Natoli 

Un grande abbraccio a Delfina, Valentina, Matteo. E al manifesto. Valentino: grazie di tutto.
Livio Quagliata 

La ricerca che Valentino aveva condotto insieme a Mario Mazzarino ed Eugenio Peggio sul Petrochimico di Gela e gli effetti di questo insediamento industriale sulla società nella Sicilia povera ed arretrata del dopoguerra fu la mia prima occasione per apprezzare l’acume e la sensibilità con cui Valentino Parlato ha affrontato sempre le trasformazioni sociali. «Gela società in transizione» mi guidò quando toccò a me coordinare una ricerca sulla SINCAT di Priolo, i suoi operai e impiegati, l’impatto sugli assetti sociali e sui costumi di una società a cultura sostanzialmente contadina.

Quando, avendolo conosciuto di persona, glielo raccontai, Valentino reagì con quel suo sorriso aperto e ammiccante e, dato che il ’68 era passato da qualche anno, parlammo delle contraddizioni che si erano aperte nelle zone industriali petrolchimiche della Sicilia e che forse avrebbero lasciato ferite aperte. Anche allora aveva antevisto con la lucidità che gli viene riconosciuta e il realismo che non lo ha mai portato alla rassegnazione ma, semmai, lo ha spinto a cercare le vie idonee a far vivere ed avanzare l’idea della trasformazione della società verso il socialismo.

Quello che è stato Valentino Parlato nella politica, nel PCI, nella nascita e nella caparbia difesa del manifesto, anche nei momenti più difficili, lo hanno ricordato in tante e tanti. Di qualcuna delle fasi difficili abbiamo qualche volta ragionato davanti a un bicchiere di vino insieme ad un amico comune, Elio Barba, che con lui e Delfina aveva stabilito un rapporto fraterno. Ho apprezzato le sue analisi, i suoi pacati e fermi ragionamenti, li ho quasi sempre condivisi, e ho sempre ammirato la partecipazione sentimentale e, nello stesso tempo, il razionale distacco con cui ha analizzato e spesso raccontato le vicende di una sinistra sociale e politica che non ha saputo reagire alle trasformazioni proteiche del capitalismo.

Lo scioglimento del PCI ha aperto la voragine che ha inghiottito le speranze e i progetti anche di chi aveva capito per tempo che il socialismo non sarebbe arrivato dall’URSS. Ricordo il dibattito teso e profondo che si sviluppò nel seminario di Arco di Trento su una bellissima relazione di Lucio Magri e il contributo importante che diede Valentino con il suo intervento. Si dissentiva da Ingrao e altri compagni autorevoli e per molti di noi non era facile. Ci sottraemmo alla tentazione di «rimanere nel gorgo» perché la natura stessa di quel gorgo aveva subito una mutazione genetica.

Ma quello che di Valentino mi ha sempre colpito è stata la sua capacità di conoscere a fondo le cose.

Aveva iniziato con l’inchiesta e non ha mai smesso di seguire questo modo per acquisire le conoscenze necessarie ad elaborare i progetti di trasformazione, le strategie di lotta. Il manifesto ha fatto bene a pubblicare uno degli articoli che Valentino scrisse conducendo l’inchiesta sulla politica della casa, mi ha emozionato il ricordo di un incontro al Centro di Formazione Sindacale della CGIL di Ariccia al quale lo invitai per discuterne con un collettivo di quadri impegnati in un corso di formazione.

Ecco, Valentino è stato uno di quelli, e non sono tanti, che hanno sempre voluto conoscere e ha sempre indicato la necessità di studiare e di conoscere per avere la capacità di dirigere le lotte, elaborare i programmi, organizzare le forze. È un insegnamento di valore che serve, serve più che mai in quest’epoca di pressappochismo opportunista. Grazie Valentino.
Salvatore Bonadonna

Ci uniamo al dolore per la perdita di Valentino Parlato a cui eravamo molto affezionati. La stima che sempre abbiamo avuto per lui era rafforzata da un grande affetto, dalla sera in cui volle essere presente a una di quelle cene organizzate per raccogliere fondi per il nostro giornale. Quando si seppe che ci sarebbe stato Valentino, ci fu una valanga di adesioni perché lui è stato sempre molto amato. Anch’egli fu piacevolmente sorpreso per la cura che avevamo messo nel preparare la tavola. Non gli sfuggì che per ogni commensale c’erano a disposizione due bicchieri: uno per l’acqua e uno per il vino e l’apprezzò molto. Caro Valentino, sarai sempre nei nostri ricordi.
Gli «amici de il manifesto» di Narni 

In questo momento di dolore tutta Radio Popolare è vicina a il manifesto e ricorda con affetto e stima il grande collega e compagno Valentino Parlato.
Radio Popolare Milano

Ho frequentato Valentino negli anni ’70 ai tempi del Pdup/DP, poi ci siamo visti poco, due mesi fa gli avevo telefonato per chiedergli di riprendere a scrivere sul manifesto a tempo pieno. Valentino, oltre la passione disincantata di comunista e di giornalista, era umanamente interessante: i suoi ricordi della Libia, la sua sigaretta intrecciata sempre tra le sue dita, il suo rifiuto a usare la comunicazione online e tanto altro. Io rappresentavo, con altri, la componente cattolica della sinistra alternativa. Valentino si interrogava, con molta curiosità, su quella che appariva a quei tempi come una irregolarità per la vulgata marxista. E allora chiedeva, ascoltava e faceva ipotesi sulla questione cristiana più di qualsiasi altro tra i fondatori e i giornalisti del Manifesto di allora. Un abbraccio, Valentino, grazie, io penso che da qualche parte ci sei ancora, ci osservi da una diversa dimensione dell’essere.
Vittorio Bellavite Milano

Ci associamo al dolore di tutta la redazione del manifesto e di quanti alla guida del giornale, hanno conosciuto e amato il caro Valentino Parlato, uomo di grande spessore umano, culturale e intellettivo. Vi siamo vicini con tutto il nostro affetto.
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Comprendo il dolore della redazione e vi sono vicino con il grande rammarico di non aver mai incontrato Valentino di persona.
Giuseppe Sedia 

Con la dolorosa scomparsa del carissimo Valentino, scompare uno dei pezzi migliori della sinistra italiana. Sia l’impegno comune per dare senso all’iniziativa di unificazione della nuova sinistra, sia la comunanza di elaborazione della questione meridionale e l’originale e rigorosa analisi dei «fatti» di Reggio Calabria del 70/71 bollata dal PCI – che allora galoppava sull’esperienza delle larghe intese – come operazione avventuristica, bruciano ancora sulla pelle di chi i fatti e la storia hanno dato loro ragione. Si potrebbe fare un regalo a Valentino Parlato: la sinistra dispersa, convinta che c’è ancora necessità di un’altra visione del mondo, prenda l’iniziativa di una grande assemblea meridionale per lanciare, dal Sud, la sfida alla mondializzazione liberista e alla teologia del mercato. Ciò che non può fare la sinistra governativista, ridotta ad ombra di se stessa. Si può fare? Si deve! questo avrebbe detto Valentino Parlato.
on. Mario Brunetti 

Tutta l’associazione Forum Droghe si unisce ai saluti a Valentino Parlato. Grazie a Valentino e al manifesto per lo spazio di libertà di informazione che hanno sempre garantito anche alle tematiche più scottanti come quelle legate alla droga, e per la lunga collaborazione con l’associazione.
Forum Droghe Roma

A nome mio e del Comitato provinciale Napoli, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, esprimo alla famiglia e alla redazione profondo cordoglio per la dipartita del compagno Valentino Parlato, grande combattente per democrazia, libertà e pace.
Presidente Antonio Amoretti 

Valentino Parlato è sempre stato un punto di riferimento: un maestro di giornalismo e un comunista innovatore. Dei tanti luoghi in cui mi è capitato d’incontrarlo ricordo in particolare una serata di discussione sulla sinistra al circolo «Aurora» di Arezzo. Sempre lucido, ironico e con un splendido calice di Chianti che ogni tanto sorseggiava. Ci mancherà anche la sua immensa umanità. Un abbraccio ai suoi familiari e ai compagni della redazione del manifesto.
Alfio Nicotra 

Mi ha fatto piacere rivedere Valentino per l’ultima volta il 27 aprile scorso. Evidentemente si appassionava ancora a Gramsci! Negli anni ’60 scrisse assieme a Franco de Felice una bella introduzione alla «Questione meridionale». Salutandolo mi ha detto con il suo bel sorriso: a presto. Forse morire è molto più facile di quanto non pensiamo.
Leonardo Paggi 

Essendo Vs. lettore da molti anni mi unisco al dolore della sua famiglia, della redazione del manifesto e di tutta la Sinistra Italiana, intesa sia come partito che, più in generale, come area politico- culturale. Ho riletto il suo articolo del 9 aprile scorso e mi pare che possa veramente rappresentare il suo testamento spirituale a tutti noi di Sinistra.
Gianfranco Mazzeo

Per me che sono arrivato dopo l’89, precisamente con la Pantera del 1990, Valentino è subito sembrato un tipo con il quale io e quella generazione avremmo potuto intenderci. Quella comune voglia di discutere, e anche di litigare, con un bicchiere sempre in mano e una sigaretta tra le labbra ce lo fece sembrare più vicino a noi: ironico, pratico, furioso e generoso. Ci mancherà quella sua inesauribile voglia di stare ben piantato nelle contraddizioni della vita, di scrivere riuscendo a farsi capire da tutti, quindi buttarsi nella mischia e sorriderne, senza odiosi settarismi e sterili isolamenti che hanno logorato quel che rimane della sinistra italiana. Che la terra gli sia lieve.
Peppe Allegri

Mi chiamo Mattia e sono uno studente di 24 anni. Uno dei primi ricordi che ho di me bambino è quello di un signore allampanato che siede su degli scalini e si guarda intorno con un’aria trasognata. Io avevo il broncio perché non mi piacevano le manifestazioni, il fumo, la gente, il rumore. A un tratto, lui posa il suo sguardo su di me e mi sorride. I miei mi dicono di avvicinarmi, di salutarlo, ma ho un po’ paura, in fondo non lo conosco e a pochi anni già odio il mondo. Allora lui si alza e da lassù mi accarezza la testa e mi sussurra qualche parola ormai persa nei cori di una protesta di tanti anni fa. Anni dopo scoprirò chi era, in verità, quel signore. Uno che ha dato tanto a molte persone. Io, però, crederò sempre di aver ricevuto un po’ di più, grazie a quel sorriso, quella carezza e quelle parole dimenticate. Ciao Valentino. E grazie.
Mattia De Lillo 

La perdita di un maestro non è mai leggera. Valentino ci mancherai. Un abbraccio ai compagni della redazione del Manifesto
I delegati della RSU Almaviva di Roma

Lettere pubblicate il 9 maggio 2017

Ricordiamo Valentino Parlato con affetto e stima e ci uniamo alla redazione del manifesto nel cordoglio.
Pia e Nicola Mastrangelo Fila 37 Editrice

Salutiamo l’amico e compagno Valentino Parlato. Siamo vicini a il manifesto e alla sua redazione in questo triste momento.
Fondazione Claudio Sabattini

Valentino Parlato lascia un paniere carico di diritti sovrani, sinistri governi iniqui riempiono di povertà. Grazie maestro.
Luciano Maselli

Ci mancherai tanto, ciao Valentino
Achille Natalizio e Lello Ferrara 

Caro Valentino, è con dolore immenso che ci hai preceduto. Ci accoglierai un giorno con le braccia aperte, mantenendo in bilico la tua sigaretta.
Maria Teresa Messina

Leggo, supporto e sopporto il manifesto da 44 anni, le firme del giornale, pur fondamentali per come mi hanno accompagnato in tutti questi anni, rimangono per me dei nomi senza volto ad eccezione di poche. Tra questi pochi c’è Valentino Parlato. L’ho conosciuto nel giugno del 2000 quando come circolo ARCI della Garfagnana organizzammo una iniziativa sui bombardamenti al fosforo bianco in Iraq. Andammo a prenderlo alla stazione di Pisa e aveva, come ha scritto Sandro Medici, «quell’aria disadorna da anti-eroe, sotto quella giacca consumata da decenni di speranze politiche». Finito il dibattito andammo a mangiare una pizza. Era già tardi ma lui ci entusiasmò, tra un bicchiere di vino e una sigaretta, fino allo sfinimento rispondendo alle nostre mille domande , raccontando aneddoti sui personaggi da lui intervistati, alle 3 di notte il gestore del locale ci cacciò altrimenti avrebbe continuato appassionato e instancabile. La mattina dopo alle sette era già pronto per riprendere il treno.
Alberto Peretti Lucca

Rimpiango la Sua intelligenza,la Sua umanità. Il Suo pacato guardare lontano. Sei stato un punto di riferimento «alto» per tanti.
Aldo Bacchiocchi

Ciao Valentino, i tuoi articoli e il tuo sorriso ci accompagneranno!
Claudio e Sipo 

Ricordo che, leggendo Valentino Parlato sul manifesto del 9 aprile scorso, mi colpì la conclusione: «Non possiamo non tener conto di quel che sta cambiando: dobbiamo studiarlo e sforzarci di capire…». Il giorno dopo la morte l’ho riletto e sottolineato in più passaggi. Tommaso Di Francesco venerdì torna su quanto aveva scritto Valentino Parlato così: «… l’ultimo scritto di Valentino Parlato uscito sul manifesto meno di un mese fa … appare come un testamento politico …». Convengo che quello scritto, opportunamente ripubblicato, vada letto e riletto. E non solo.
Luigi Meconi Altidona

Senza svelare cose intime che sfuggono alla razionalità, io sono un uomo di sinistra, sono un compagno, e questo lo devo anche a uomini come Valentino Parlato. Ho scelto di esserlo nella quasi tenera età della mia adolescenza, quando c’era in giro un fermento pari alla mia esuberanza. Sono un compagno ancora oggi, nonostante che qualcuno ha perso la bussola di un’idea, spacciandola per obsoleta, mentre altri, per ragioni anagrafiche ma tendenzialmente occulte, non ne sanno il significato. Gli errori sono determinanti quando si perpetuano per convenienza, mentre il corso accidentato della sinistra compreso l’immunodeficienza fisiologica che scardina dall’interno, non ha leso la visione che cambia per suo naturale intuito. Il ’900 è passato con le sue lotte d’emancipazione, oggi nel loro merito si rimodula la coscienza sociale, considerando principalmente la necessità di cambio dei soggetti, passando dalle categorie di classe alla moltitudine. Una sfida impegnativa ma non più difficile delle altre.
Nino Borrelli Salerno

A Valentino Parlato dobbiamo tutti molto. Tra gli storici esponenti del manifesto era quello con meno carisma e dalle origini più umili. Magri, Pintor, Rossanda, svettavano per fascino intellettuale e storie personali.

Valentino aveva un altro modo per imporsi all’attenzione. Piccolo, con quella sua sigaretta costantemente tra le dita, era meno austero degli altri e sempre teso al confronto anche con posizioni da lui molto lontane. Ha attraversato, per lunghi anni, la vita di tanti tra noi con le sue riflessioni, i suoi ragionamenti, i suoi articoli spesso scritti con stile provocatorio e asciutto.

Ed era sempre pronto, con strabiliante umiltà, a darti consigli, aprire confronti, porre interrogativi e domande. E forse è stata proprio questa continua curiosità intellettuale e politica la cifra essenziale della sua vita pubblica. Capiva moltissimo di economia ma non ha mai ostentato questa sua sapienza, e anche quando ne scriveva lo faceva in punta di penna, sempre esprimendo anche dei dubbi, come qualcosa da distribuire a piccole dosi. L’ultima volta che ci siamo incontrati, per strada a Roma, appariva già un po’ provato, ma lo sguardo era quello di sempre, vivo, attento a tutto. Quel giorno fu un incontro casuale, qualche scambio di battute e un saluto semplice. Non era uomo da salamelecchi, Valentino. Così mi piace ricordarlo, e salutarlo, oggi.
Vito Nocera 

Voglio esprimere il mio cordoglio e vicinanza per la perdita di Valentino, uomo libero e grande giornalista. Tra i fondatori di quella che per molti della mia generazione, a Roma, è stata una grande esperienza d’iniziazione alla politica, perciò gli ero affezionata, pur conoscendolo poco personalmente.
MarisolX

Ciao Valentino, Compagno intransigente e persona per bene. Mi hai insegnato tanto, soprattutto a non mollare mai. Un abbraccio, come sempre, a pugno chiuso. Mi mancherai
Giulio Varacca

Lettere pubblicate il 10 maggio 2017

Chi ti sta scrivendo, carissimo Parlato, è sempre stato un socialista che non si è mai trovato troppo in sintonia con il comunismo. Soprattutto con quello che si praticava nella vecchia Unione Sovietica. Quando però, in tempi ormai remoti, assieme ad altri tuoi compagni mettesti in atto quella illuminata, dissidente scelta con la ragionevole intenzione di far sentire «Praga meno sola» fu per me una condivisibilissima scelta che non l’ ho ancora mai dimenticata. Questo è il bel ricordo che ho di un comunista davvero per bene come sei stato tu. Nell’abbracciarti, ti ringrazio particolarmente per quegli «eretici» giorni ed anche per tutto quello che hai fatto dopo. Addio.
Luciano Masolini

Ciao manifesto, ho conosciuto Valentino qualche anno fa qui a Lecco un incontro tra compagni e compagne per una raccolta fondi, una delle tante, per «il manifesto». Fumava incredibilmente una sigaretta e subito un’altra come fossero ciliegie una cordialità e una simpatia contagiosa.
Ti sia lieve la terra caro Valentino
Vladimiro Paonessa

Molto addolorata per la morte di Valentino vi ringrazio tutti per la militanza che avete condiviso con lui e che proseguirete come sempre nonostante le difficoltà. Il Manifesto mi ha accompagnata sin dalla adolescenza nelle idee, nelle scelte e nell’impegno personale e anche per questo sono grata e ringrazio Valentino e tutti voi. Un affettuoso saluto,
Marina Contarini 

Cari compagni, tutta la nostra solidarietà per Valentino Parlato, sempre allegro e deciso. Pubblicò il giorno dopo l’invio un articolo di Antonio Tabucchi che l’Unità aveva rifiutato, dal titolo « Se il razzismo è vigile» per una denuncia a due compagni della Lega di Cultura. Lo ricordiamo con affetto.
I compagni della Lega di cultura di Piadena

Se n’è andato Valentino, ma resterà per sempre nei nostri ricordi. Dalle prime riunioni del Manifesto, alla sua presenza al nostro processo nel 1971 che ha visto coinvolti e processati 49 tra operai e sindacalisti della Montefibre di Verbania per l’occupazione della fabbrica e poi molti altri incontri nel corso di quasi cinquant’anni. Valentino è stato per noi Il Manifesto. Non potremo dimenticare la sua ironia, la sua gioia, il suo rigore e la sua grande disponibilità. Ciao Vale e tanti auguri a voi del giornale e ai tanti compagni conosciuti.
Carlo e Giovanna Alberganti Verbania

Carissimo Valentino, il pensiero e la passione, sempre viva, va ad anni lontani, a quelli del « Collettivo del Manifesto in Valle Telesina» e poi in varie realtà del Sannio, con affollate (con tua gioiosa meraviglia!) assemblee contadine e studentesche, in cui riprendevi il filo gramsciano della «questione» meridionale, arricchendolo e innovandolo dentro al grande movimento unitario e riformatore del lungo ’68 italiano… Sempre disponibile a venire da noi o ad accoglierci alla storica sede di Via Tomacelli, con la tua umanità, con la tua intelligenza politica, con il tuo impegno culturale verso i giovani e il Mezzogiorno, con la tua militanza per una “riforma intellettuale e morale”, insieme con tutto il Collettivo del Manifesto, grande scuola per la nostra generazione. Grazie. Serberò (serberemo) memoria sempre viva.
Affettuose condoglianze ai familiari e agli amici e amiche del Manifesto.
Raffaele Simone Benevento

Mi mancherà quel senso di saggezza che traspariva dai suoi articoli, che trasmetteva ammirazione e orgoglio di appartenenza alla sua «parte». Un faro che si spegne. Gli sia lieve la terra
Salvatore Tarantino

Siamo lettori e sostenitori de Il Manifesto da tantissimi anni. Abbiamo avuto poche occasioni di incontrare Valentino, ma lo abbiamo sempre letto e ci mancherà. Un abbraccio a tutta la redazione
Angela e Giampiero

Lettere pubblicate l’11 maggio 2017

Di Valentino Parlato ho ammirato tante cose, la serietà, l’impegno, la cultura, la qualità della scrittura, la lucidità dell’analisi, ma più di tutte mi resteranno nella memoria la sua gentilezza, la sua finezza, la sua disponibilità ad ascoltare e capire gli altri.
Qualità rare, simili a quelle di un’altra persona «pubblica» che ho ammirato molto, Enrico Berlinguer.
Claudio Cappuccino

Ho sempre letto con grande piacere gli articoli di Valentino Parlato. Anche quando non li ho condivisi, riuscivo sempre a comprenderne posizione e proposta. Scrittura lucida, nervosa ma attenta e composta, i suoi testi denotavano sempre grande capacità di sintesi e spesso prospettive e visioni di insieme. L’analisi economica era sempre il suo punto di partenza, la durezza del reale è l’aspetto ineludibile della vita materiale delle persone in carne ed ossa: le questioni astratte traggono senso e significato solo da ciò. Questo permetteva ai suoi interventi, anche quelli più brevi, di essere rigorosi e eleganti: scriveva con uno stile settecentesco, illuminista. Perdiamo tutti molto, ma abbiamo imparato anche tanto da lui
Francesco Armezzani

Le nostre più sentite condoglianze alla famiglia. Ricordo quando veniva qui in azienda a salutare mio padre Raimondo, erano molto legati, cari amici da quando avevano insieme fondato la rivista Il Manifesto, nel 1969. Ciao Vale.
Claudia Coga

Caro Direttore, esprimo il mio cordoglio e le più sentite condoglianze, a lei e ai familiari, per l’addio di Valentino Parlato, acuto, e mai conformista, osservatore, fondatore e direttore de il manifesto. Ricordo la reciproca stima e amicizia con Giacomo Mancini (1916-2002).
Al leader socialista, In occasione del vergognoso processo di Palmi, costruito sulle fandonie dei «pentiti», Valentino manifestò solidarietà, parlando ai giudici delle tante, comuni, battaglie, politiche, civili e contro la mafia. Un cordiale saluto.
Pietro Mancini

Si è spento un faro. Ciao, Valentino, hai illuminato una lunga parte della mia vita. Grazie.
Angela Fogliato Imperia

Lettere pubblicate il 16 maggio 2017

Cari compagni, vorrei aggiungere anch’io un breve ricordo di Valentino che risale a moltissimi anni fa. Con la nascita del Centro del Manifesto di Bari il 12 dicembre 1971 in un’affollata riunione nella sede di Lotta Continua a Bari vecchia, Valentino seppe far crescere una generazione di ventenni (posso dire c’ero anch’io) che provenivano dalle lotte studentesche in particolare dei licei baresi. Nelle elezioni del 7 maggio 1972 Valentino fu capolista per il Manifesto nella circoscrizione Bari-Foggia (Libera Valpreda! Vota Manifesto! era lo slogan coniato nell’occasione). Fu una bellissima esperienza lavorare politicamente con lui. Ricordo persino un bagno al mare in una pausa breve della campagna elettorale che purtroppo non portò a un risultato soddisfacente per le nostre liste. Grazie Valentino per quello che ci hai dato! Che la terra ti sia lieve!
Gino Carpentiero Firenze

Con dolore ma non disperazione saluto Valentino Parlato anche in nome di mio marito Enzo Butera che non c’è più da un anno. Si conoscevano e stimavano, li univa senz’altro il forte senso di coerenza ed erano refrattari a qualsiasi discesa a patti per interessi personali. Per ricordo: sin dalla prima uscita del «manifesto» nel 1971, mio marito Enzo ed io andavamo ogni giorno a distribuire «il manifesto» (arrivava tramite corriere da Milano) tra gli immigrati italiani a Zurigo. Vivevamo e lottavamo lì a quei tempi. Continuiamo la lotta per una società libera e giusta, ciao compagno,
Luciana Rotter Butera, Giulia e Mara Butera

Caro Valentino, se ne va con te una parte della nostra comune storia. Sei stato un giornalista grande, fra grandi. Penso di aver letto tutti gli articoli che hai pubblicato. Ti ho voluto bene, caro compagno di strada e ti saluto a pugno chiuso. Un abbraccio alla redazione del nostro manifesto e alla famiglia. Ci mancherà la tua salace ironia e la tua pungente battuta.
Aggiungo al mio saluto una proposta: mi piacerebbe che «il manifesto» allegasse al giornale il cd con il documentario su Valentino, girato da suo figlio Matteo qualche tempo fa e lo vendesse a prezzo politico come sottoscrizione per «il manifesto», sarebbe un modo simpatico per ricordare la sua figura.
Gianfranco Coccari Ravenna

Lettera pubblicata il 17 maggio 2017

Valentino Parlato è la persona cui ero più affezionato fra i fondatori del Manifesto. Certo l’età c’era e io sostengo che la morte, propria e dei propri amici, vada accettata come un fatto naturale e come tale, da accogliere con serenità. Ma non c’è dubbio che ci siano morti che ti colpiscono più da vicino e che ti segnalano che sta per scadere anche il tuo tempo: non si muore in un solo attimo, ma man mano che finisce il tuo mondo e chi lo ha popolato. E Valentino è una di queste persone.

Nei vari periodi in cui ho collaborato con il manifesto, lui era quello con cui avevo sempre i contatti: Rossana era inarrivabile, Pintor non si occupava di piccolezze e alternava momenti di collaborazione con rotture aspre ma mai definitive (fu certamente il miglior direttore che il giornale abbia avuto), Magri e Castellina non si sono mai occupati troppo del giornale quanto piuttosto del partito, Valentino, che come intellettuale non aveva nulla da invidiare agli altri, era quello «pratico», quello che doveva occuparsi di organizzare un convegno o trovare i soldi per andare avanti ed evitare un fallimento incombente.

Ma non era solo per questo che i rapporti, non sempre facili, con una redazione molto salottiera e poco disposta a dialogare con la periferia, erano tenuti da lui più che da altri. Valentino era un economista dalla testa assai fine, ottimo giornalista, ma era soprattutto la persona migliore del gruppo: mai scortese, mai pieno di sé, sempre disponibile e rispettoso degli altri, fosse pure il più modesto collaboratore di provincia. Quando la redazione era nella storica sede di via Tomacelli, la sua stanza aveva sempre la porta aperta. Una persona di grande correttezza come pochi ne ho conosciuti nelle alte sfere della sinistra. Ed era una persona di grande spirito laico, per più versi atipico rispetto al gruppo del Manifesto. Tanto per cominciare lui non veniva dalla corrente ingraiana del Pci, e si definiva piuttosto un «amendoliano di sinistra».

In effetti aveva lavorato al Cespe, all’epoca una delle due roccaforti della destra amendoliana, ed aveva un senso del realismo politico troppo spiccato per essere ingraiano. D’altro canto, gli ingraiani raramente erano dotati di ironia e lui era una persona di ironia assai fine e lo dimostrava nei titoli, molti dei quali erano il frutto della sua inventiva.

Peraltro, lui non è stato mai maoista (a differenza di Rossanda, Magri, ecc) e non ha mai smentito un suo certo filosovietismo e persino qualche punta di nostalgia staliniana. Eppure andava benissimo d’accordo con me che ero trotzkijsta e anti sovietico. Appunto, era molto laico e tollerante. Le sue analisi economiche spesso erano anticipatrici e di grande acume. La persona migliore che abbia mai incontrato in via Tomacelli. Ciao Valentino, ci mancherai.
Aldo Giannuli

Lettere dei giorni seguenti

Desideravo semplicemente esprimere a tutti voi, compagne e compagni di una antica e mai dimenticata militanza tutto il mio dolore per la scomparsa di Valentino Parlato. Un abbraccio a tutte/i
Franco Astengo

Siamo vicini a tutto il collettivo del Manifesto in questo momento di immensa tristezza. Un caro saluto
Luca Manes

Quando ho conosciuto Valentino Parlato ero poco più che una ventenne. Arrivai nella sua redazione, la sua casa, la sua famiglia, come stagiaire per Adnkronos. Varcando il portone di Via Tomacelli, improvvisamente smisi di essere bambina. Lui trattava tutti allo stesso modo. Chi iniziava a fare questo mestiere e chi invece lo faceva ed era già suo amico. Erano i giorni terribili del rapimento di Giuliana Sgrena. La confusione e la paura, però, non gli impedirono di rimanere un grande uomo, un infinito giornalista.Mi disse, mentre prendevo appunti in un angolino, in mezzo a tanti altri, per non dare fastidio, per non farmi notare troppo, che potevo andare a scrivere anche nella sua stanza. Perché il Manifesto era la casa di tutti. Io sentii un forte calore alla testa, mi innamorai perdutamente di quell’uomo, di quel giornale, di questo mestiere così sbagliato ormai. Non ci sono più questi giornalisti, ho timore di vedere intorno a me sempre più buio. Ma quei giorni li porto con me ovunque, mi servono a sperare, a non arrendermi. Ogni volta che posso mettere la mia firma sul Manifesto mi sento orgogliosa. Sento che quello che scrivo è di tutti. Perché Valentino Parlato, un giorno, mi ha accarezzato l’anima. Ti voglio bene
Rossana Caccavo

Ciao Valentino, avevi capito tra i primi la deriva inaccettabile della sinistra sedicente e presunta. Mi stavano già mancando le chiacchierate in via Tomacelli, sempre illuminanti per me come con pochi al mondo, ma l’adesso è diventato l’ormai. Ti ho voluto bene, adesso non so se imparerò a fare a meno di te. PS io ho smesso di fumare
Mario Pompei

Sono ormai anni che leggo il Corriere della Sera. Il perché? Non arriva il Manifesto presso l’edicola del mio paese, in provincia di Catanzaro. Se arrivasse, leggerei il Manifesto. Non arriva e mi manca , mi manca anche tanto. Mi manca perché era un quotidiano impegnato, mi manca perché era piccolo e ordinato , mi manca perché sognava un mondo migliore, mi manca perché ci scriveva Valentino Parlato. Sono vent’anni che leggo quotidiani e mai nessuno mi ha fatto riflettere come Valentino con i suoi editoriali. Quando leggevo i suoi articoli, li rileggevo più volte perché leggerli una volta sola non bastava. E non vedevo l’ora di incontrare qualcuno per partecipare cosa avevo letto perché avevo l’impressione di avere in testa e in bocca le parole giuste per leggere e per cambiare il mondo. Se giornalismo è denunciare cose che in tanti non vorrebbero mai leggere, il tuo era giornalismo d’assalto perché credevi nella forza della parole pensate e scritte per denunciare ingiustizie e soprusi. Ciao Valentino, continuerò a leggere sempre, ma sarà difficile leggere quello che tu scrivevi perché la tua penna era espressione di nobili ideali che hanno radici solo nelle persone filantrope. Sei stato, sei e resterai un esempio di giornalismo critico e impegnato. Il giornalismo perde tanto, ma di te poco si parlerà perché voce critica e anticonformista. Come pochi.
prof. Enzo Bubbo, Petronà (Catanzaro)

Incontravo spesso Valentino Parlato sul 117, un piccolo bus elettrico che girava tutto il centro, da S.Giovanni a Piazza del Popolo. Lui scendeva a Via dei Serpenti, io proseguivo verso il capolinea. Non ci conoscevamo ma ci salutavamo, a volte parlavamo del più e del meno. Una volta imbastimmo un discorso su Yehoshua. Bravo come romanziere ma come commentatore politico, beh, no, quello no, non gli viene molto bene. Arrivederci, buona giornata. Buona giornata a lei.
Rossella Faraglia

Provinciale a Roma in cerca dell’allora nuova redazione dell’Unità, giravo a casaccio quando un balcone con la scritta Il Manifesto mi sembrò un primo indizio della caccia al tesoro. Sotto c’era un bar. Entrai e chiesi al cameriere. Senza dire una parole, il suo sguardo si spostò sull’unico avventore davanti al suo caffè, alla mia sinistra. Girai gli occhi e riconobbi Valentino Parlato. Il suo sorriso era un intero autoritratto, e il copione di una scenetta di sottile ironia. Per stare al gioco, non lo salutai per nome; mi diede le indicazioni richieste e lo ringraziai, con un cedimenti finale: « Grazie… per tutto.»
Jean Santilli

Mi associo ai compagni de il manifesto nel dolore per la scomparsa del compagno Valentino Parlato. Mantenete la rotta in direzione ostinata e contraria!
Eros Palmieri

Generoso, intelligente uomo di grande cultura, un vero compagno di cui si è perso lo stampo si diceva un tempo. Fondamentale per la sopravvivenza del Manifesto in oltre 40 anni, anche dopo il dissenso con la redazione negli ultimi anni non si è rinchiuso nella sua Torre d’Avorio, ma con umiltà ed amicizia si era riavvicinato al Suo giornale con l’impegno e la passione di sempre. Per i fedelissimi lettori ed abbonati, Valentino Parlato è sempre tra noi attualmente inviato per un servizio speciale. Grazie di tutto Valentino.
Giancarlo Birolo, Torino

Non posso dire di essere uno che acquistava quotidianamente “Il Manifesto”.Ne’ uno che appartenesse , per questione generazionale, e come visione del mondo a questa Storia. Eppure oggi mi sento profondamente rattristato. Se ne va un Uomo Coraggioso, che ha vissuto la sua vita, con onesta’, combattuto per le sue idee con Gioia ,con la forza che non abbisogna l’urlo gratuito. Senza mai denigrare gratuitamente l’avversario. Ora non e’ il momento dell’analisi. Della riflessione su quegli anni, che pure inevitabilmente tornano nei ricordi. E la tentazione sarebbe di dire la mia .Ma prevale una profonda tristezza. Un senso di vuoto che sembra fare a pugni con una magnifica giornata di sole.T anti ricordi, meglio il silenzio. Grazie per avermi aiutato a capire meglio. Mi sento più solo adesso. Tutta la mia vicinanza ai familiari, ai colleghi, agli amici di tante battaglie. Al Manifesto. Che la terra ti sia lieve.
Fabio De Vecchi

Un forte abbraccio a tutto il manifesto per la scomparsa di Valentino Parlato. L’ho conosciuto, di fama, tanto tempo fa ammirando – da giovane radicale- il senso delle sue scelte e del suo percorso politico . Poi ,personalmente ,molti anni dopo quando venne a Palmi a testimoniare nel processo Mancini. Lo indicammo, noi del collegio difensivo, perché giacomo mancini ce lo aveva descritto come uomo lucido , intransigente, capace di vedere oltre le facciate e le etichette, mai prono davanti al potere neanche quello moralisteggiante a un tanto al chilo allora in voga . Ad un certo punto il Pm gli chiese di riferire se l’attività parlamentare e governativa di mancini potesse definirsi antimafiosa e se per questo avesse mai sentito mancini pronunciare parole in tal senso. Ieri sono andato a rileggere la sua risposta: ” no , signor procuratore, ma per combattere la mafia non occorrono solo parole e discorsi . E’ sufficiente anche ad un ministro fare bene e onestamente il proprio lavoro. E così si fa la propria parte contro chi vuole uccidere le istituzioni.”
Lo riaccompagnai in stazione e sono ancora lì sul marciapiede a salutarlo.
Enzo Paolini

Partecipo al dolore per la perdita del compagno Valentino. Una grande anima che mi ha aiutato a capire e a condividere gioia e sofferenza di questa nostra Storia. Saluti comunisti!
Roberto Dal Maso, Venezia

A nome di tutte le donne e tutti gli uomini dell’associazione culturale Rete di Cooperazione Educativa – C’è speranza se accade @ vi mando un grande abbraccio per la scomparsa di Valentino Parlato. Piangiamo perché non potremo più leggerlo, ma siamo grati per tutti gli anni in cui l’abbiamo letto.
Carlo Ridolfi, Coordinatore nazionale Rete di Cooperazione Educativa – C’è speranza se accade @

Ciao Valentino, un altro comunista che se ne va. Ma Valentino era un comunista speciale. Ricordo un episodio nei primi anni ottanta. Dopo la sconfitta alla Fiat, il sindacato era in crisi ma la Fulta, i tessili di Cgil, Cisl e Uil, riuscì a organizzare una grande, e colorata di mimose, manifestazione a Roma che colse tutti di sorpresa. Compreso Valentino che sul Manifesto scrisse che la manifestazione era stata straordinaria “nonostante la catatonia dei gruppi dirigenti del sindacato”. Io allora militavo nel Pdup e ero membro della segreteria nazionale della Filtea Cgil e risposi con una lettera in cui, scherzando sulla parola catatonia, polemizzavo un po’ con Valentino. Andai in via Tomacelli al giornale e a Valentino la lettera piacque e mi disse solo: “dobbiamo trovargli un bel titolo, vediamo un po’, Catatonica tua sorella,anzi no Catatonico sarà Lei! E “Catatonico sarà lei” fu il titolo messo da Valentino a una lettera, che lo criticava, pubblicata sul giornale da lui diretto. Così era Valentino.
Bruno Ravasio

Carmine ci hai lasciato lo stesso giorno della scomparsa di Valentino Parlato,direttore de il manifesto. Intorno ai valori,le idee che esprimeva il giornale da lui diretto ci organizammo fondando il movimento politico di : pace e guerra (Guerra capovolta). I compagni non più giovani di quella esperienza politica Acerrana,lotta alla camorra,contro inceneritore,e inquinamento,per la pace e contro i missili a Comiso. Ti ricordano con affetto e un addio insieme a Valentino.
Michele Perrone e i compagni di Pace e Guerra di Via Castaldo

Ci siamo ritrovati a Trani ai primi di Maggio, io e Cenzino, per votare il Manifesto alle elezioni politiche del 1972. Io sarei poi tornato al mio lavoro a Milano, Cenzino avrebbe in seguito aperto una libreria a Brema. Abbiamo così deciso di andare a Bari per ascoltare il comizio di Valentino Parlato. Alla fine del comizio Cenzino ha invitato Valentino per una pizza a Trani. Avrebbe poi potuto prendere da lì suo treno per Roma. Si è accompagnato volentieri a noi. E’ stata una lunga, piacevole serata parlando di letteratura.
Pino Barile

Ciao Valentino, ti ricorderò sempre come una persona gentile e un vero signore,
Bianca Zuccollo

Ci mancherai tanto, ciao Valentino.
Achille Natalizio e Lello Ferrara

Per diversi anni ho lavorato al primo piano di via Tomacelli quando al IV c’era il manifesto. Capitava quindi di incontrarci per le scale insieme a qualche compagno con cui in passato avevo lavorato. Saluti frettolosi qualche parola scambiata di corsa nella frenesia del lavoro e poi di nuovo ognuno nelle proprie stanze. Ma Valentino lo ricordo sempre sorridente, con quella sigaretta in bocca che non gli impediva di sorridere. A tutti. Ciao Valentino per tutto ciò che hai fatto e che hai detto.
Rosaria Fattori

Cagliari, 1973. Al mattino mi sveglio, entro in cucina e vedo un signore con la sigaretta in bocca e maniche di camicia arrotolate sui gomiti che sorseggia un caffè in cucina mentre conversa con mia madre. Lo guardo intimidito e lui mi saluta con un sorriso che trasmette istintivamente empatia. Era a Cagliari per qualche manifestazione pubblica, probabilmente “precettato” da mio padre che da poco si era trasferito alla redazione di Roma su pressione di Luigi Pintor, appena reduce dal suo esilio isolano. Sono passati 45 anni ed ogni volta che mi capitava di passare per Roma non mancavo di andare a trovarlo in redazione per poi andare al bar di fronte dove non potevano mancare il caffè e magari la barzelletta , raccontata magistralmente davanti a un “ baby” ed a un gruppo di redattori formatosi casualmente davanti all’ascensore di Via Tomacelli. Forse timido, di natura gentile ed affettuosa, ho il meraviglioso sospetto che anche per lui, così come per Luigi, nella scelta del comunismo le ragioni del cuore siano state determinanti. Ciao Valentino.
Sebastiano Chessa

Un altro dei fondatori che se ne va. Io sono entrato nel manifesto che avevo appena compiuto 17 anni. Sono entrato perché un mio amico più grande,  universitario, era del manifesto e ragionava bene, era originale, diceva cose intelligenti e giuste. Poi, quando cominciai a leggere il giornale, scoprii che quelle cose erano di Valentino Parlato, di Rossana Rossanda (cui dedicammo un gruppo di lavoro sui Grundisse, che chiamammo ‘R&R’, arendar in inglese, chiaramente), di Luigi Pintor, di Lucio Magri. Così divenni intelligente anche io, almeno per un po’ di tempo. Grazie Valentino.
Fiorenzo Ferlaino

Voglio salutare Valentino Parlato, intellettuale, politico ed economista di spicco. Lascia un vuoto incolmabile a sinistra, ai compagni e ai lettori de Il Manifesto. I Suoi articoli e scritti pubblicati sul quotidiano comunista sono tuttora documenti preziosi. Da ragazzina leggevo e rileggevo i suoi articoli, perché carichi di attenzione al sociale e di suggerimenti per una politica economica che privilegiasse in primo luogo una soluzione ai problemi degli ultimi. Dalla lettura dei Suoi scritti sul Manifesto e sul mensile Rinascita ho tratto molti spunti e ne ho riportato il concetto nei miei temi scolastici degli studi superiori. Ritengo utile che pubblichiate una raccolta di Suoi articoli che sono ancora attuali, soprattutto oggi che si ripresentano quei problemi che alcuni decenni fa credevamo risolti, ma che si sono riaffacciati con la sconfitta della lotta delle classi lavoratrici. Grazie anche alla lettura di queste riviste che ho una visione macroeconomica globale che dovrebbe essere il fulcro delle politiche economiche dei governi, per applicare di volta in volta le teorie per correggere i guasti di questo sistema lasciato in mano a personaggi senza scrupoli che hanno consolidato e istituzionalizzato le dottrine neoliberiste. Mi unisco al cordoglio dei compagni e della famiglia.”
Silvana Niutta

Un semplice messaggio per il compagno Valentino, nel giorno dell’ultimo saluto. Non l’ho mai conosciuto personalmente, ma credo che 44 anni di frequentazione attraverso le pagine de il manifesto mi abbiano fatto apprezzare le grandi qualità dell’uomo e del comunista. una grave perdita in un momento nel quale la sinistra avrebbe avuto bisogno delle sue idee e delle sue capacità di analisi della società. E’ vero, da qualche parte un altro Carlo Marx arriverà. ma oggi salutiamo con tristezza un compagno e un maestro che ha arricchito le nostre vite. Ciao Valentino.
Antonio Berti, Montecarlo (Lu)

All’inizio degli anni Settanta, durante un convegno della sinistra extraparlamentare che si teneva a Bologna, udii durante la notte dei compagni trentini che discutevano sottovoce di comunismo nel loro dolce dialetto. Pensavo: se il comunismo è possibile esprimerlo nella lingua dei contadini, degli operai e di quelli che contano poco, allora significa che è qualcosa di serio. Così, ora che è mancato Valentino, “amendoliano di sinistra”, funzionario del PCI, fondatore del “manifesto”, giornalista dal linguaggio colto, interlocutore di industriali e banchieri per assicurare l’uscita quotidiana di un giornale che difende le ragioni degli ultimi, allora significa che i pagati poco, i licenziati, i disoccupati, i migranti, gli sfruttati, gli oppressi, le vittime sono una cosa grande e importante.
Giuseppe Dunghi

Care/i compagne/i de “Il Manifesto”, ho conosciuto Valentino alcuni anni fa quando venne a rappresentare il giornale ad una cena, presso la Casa del Popolo dell’Isolotto a Firenze, per raccogliere fondi durante una delle tante crisi attraversate dal quotidiano comunista (evidentemente si spendeva in tutte le direzioni per riuscire a tenere in vita quella che si potrebbe considerare la sua creatura – anche se non solo sua -). Valentino arrivava il pomeriggio ed io, pensionato, fui incaricato di riceverlo ala stazione. Solo che io non avevo, e non ho, né auto né patente. “Prenderai il taxi” mi dissero i compagni. Ma con Valentino decidemmo di prendere la tranvia. Così, fra una sigaretta e l’altra (doveva recuperare il periodo di astinenza dovuto al treno ed alla tranvia) ebbi modo di aggiornarlo sulla situazione fiorentina (si era nell’epoca in cui Renzi utilizzava Palazzo Vecchio come trampolino di lancio per Palazzo Chigi). La cena fu un successo, con la partecipazione di circa 120 persone ed un contributo al giornale di oltre 1000 euro. Valentino la concluse degnamente con l’illustrazione della situazione del giornale, senza nascondere i grandi problemi che “Il Manifesto” doveva affrontare, anzi inquadrandoli nella crisi che attraversava la sinistra. Ne ebbi – ne avemmo tutti e tutte – l’impressione di un compagno lucido, ironico, determinato, pur nella consapevolezza delle enormi difficoltà che il giornale e la sinistra avevano di fronte. Un compagno nel vero senso della parola, che rendeva laicamente bene l’idea di quella scritta accanto alla testata (quotidiano comunista). Un compagno che oggi rimpiangiamo di non avere più tra noi.
Moreno Biagioni, Firenze

Vale sempre, varrà sempre, una luce intermittente da messaggio sicuro, in questo buio infestante.
Grazie.
Luca Zanini

Aldo Tortorella, nel suo intervento pubblicato dal Manifesto con lo scopo di ricordare Valentino Parlato, cita come “memorabile” l’intervento svolto dallo stesso Valentino al seminario di Arco svoltosi nell’ottobre del 1990. Seminario che può essere considerato come la sede dell’ultimo atto di presenza della “sinistra comunista” oppostasi alla svolta della Bolognina.
Eravamo presenti a quell’assemblea e non abbiamo smesso, nel corso di questi anni (tanti, troppi) di pensarne e ripensarne lo svolgimento e la citazione di quell’evento da parte del compagno Tortorella ci ha condotto all’idea che forse sarebbe il caso di riparlarne: non tanto e non solo di ciò che accadde ad Arco, ma per ricordare quella che fu la sinistra comunista in Italia e sul come la riflessione su quella presenza culturale e politica potrebbe ancora essere utile nel vuoto di soggettività in cui ci troviamo ormai da molto tempo.
E’ difficile argomentare in tempi così difficili dove tutto un patrimonio sembra smarrito e quasi inutile, di fronte al tumultuoso mutamento nei modi, nelle forme, nei tempi dell’agire politico e al presentarsi inedito di contraddizioni così complesse. Pur tuttavia non intendiamo rinunciare prima di tutto segnalando ancora quello che non esitiamo, testardamente, a considerare un errore commesso in allora e poi reiterato nel tempo.
Il nostro giudizio è ancora netto: quella della “svolta “ non era altro che una scelta difensiva, tutto sommato di conservazione mentre : mentre dalla parte del NO stavano invece i fermenti teorici più avanzati sul piano di una rinnovata identità comunista in Occidente.
L’impostazione di una prospettiva e di una linea politica ben più avanzate di quelle elaborate con la svolta stavano già nella relazione di Magri, in quel giorno (“Il nome delle cose”). Proprio l’intervento di Valentino Parlato sottolineò quel dato di progettualità da non abbandonare e ancor più valida per l’avvenire.
Un tema che lo stesso Valentino ha ripreso fin dentro all’attualità e anche nel suo ultimo articolo pubblicato da Manifesto il 9 aprile scorso : “.. Dobbiamo capire che siamo a un passaggio d’epoca, direi un po’ come al tempo di Marx quando il capitalismo diventava realtà e cambiava non solo i modi di produzione, ma anche i modi di vivere degli esseri umani. Quando scrivo “passaggio d’epoca” vorrei ricordare che il capitalismo fu certamente un passaggio d’epoca ma conservò modi di pensare e valori e anche autori del passato greco – romano, come dire che nella discontinuità c’è sempre anche una continuità..” Questo principio fondamentale dell’esigenza del permanere di una continuità non fu accettato e si compirono scelte che possiamo oggi permetterci di giudicare come politiciste e inutilmente divisive.
Quella porzione di sinistra comunista , ampia e fortemente rappresentativa sia nella realtà italiana sia in quella europea, disponeva in quel momento di un bagaglio teorico e politico, di una qualità di quadri, di un’autorevolezza complessiva, per pretendere prima di tutto di mantenere come valore prioritario la propria unità interna facendo discendere da questo dato le scelte successive e, in secondo luogo, di far valere a tutti i livelli proprio quell’assoluta attualità e forza innovativa che era presente nella sua proposta politica.
Tra la linea del “rimanere nel gorgo” e quella della “scissione comunque” fu così persa la possibilità concreta di portare avanti quella fondamentale ipotesi politica che pure nell’ambito della battaglia congressuale e nel corso stesso del convegno di Arco si era ben concretamente delineata.
Tante cose sono cambiate da allora, tanti protagonisti sono scomparsi, una generazione sembra proprio aver concluso il proprio cammino: eppure restiamo tenacemente convinti che uno spazio politico rimanga per poter affermare quelle idee e partendo da quel dato di continuità già affermato.
Si tratta ancora di lavorare per studiare e proporre una fondamentale ripresa di protagonismo per l’insieme di valori e di idee che continuano a rappresentare un’identità necessaria per le lotte dell’uguaglianza, dell’emancipazione, del disegno di una società di liberi ed eguali. Le contraddizioni insanabili dell’ingiustizia sociale che verifichiamo incidere drammaticamente sulla realtà di tutti i giorni sono lì a ricordarci che “ribellarsi è giusto” e che vale ancora la pena di provarci.
Scusandoci per il tono ottocentesco (ma in tempi di arretramento storico forse ci può stare).
Franco Astengo e Bruno Marengo