L’incontro più lungo di tutte le consultazioni Matteo Renzi l’ha fatto con l’unico oppositore certo del suo governo, e già questo non quadra. Silvio Berlusconi ne è uscito soddisfatto per il «bel segnale», quello cioè di un probabile premier «che ha la metà esatta dei miei anni». L’ha incontrato per qualche minuto a quattr’occhi, privilegio esclusivo, e per un’ora e mezza con i capigruppo di Forza Italia. Ha ricevuto la promessa che la legge elettorale non sarà cambiata come chiede Alfano. E che si parlerà di giustizia anche nel programma del Renzi uno. Certo, il Cavaliere non potrà votargli la fiducia. Ma sulle riforme la sua lealtà non è in discussione. Riforme che potranno essere anche più di quelle sul piatto, se il governo dovesse durare tanto (Berlusconi non lo crede, e non lo spera). C’è per esempio il presidenzialismo che può vederli d’accordo. E poi, da subito, Forza Italia voterà «i provvedimenti utili per il paese». I senatori del Gal, tutti berlusconiani, per dire, hanno già deciso che di Renzi si fideranno.

«Non ho ricevuto richieste sulla giustizia da Forza Italia», dice Renzi al termine degli incontri. Il forzista Brunetta sostiene il contrario: «Ne abbiamo parlato». Fatto sta che il presidente incaricato decide solo adesso di aggiungere alla sua lista anche la giustizia, se ne occuperà «a luglio». Nel frattempo, a maggio, sarà scaduto il termine posto dalla Corte di Strasburgo per rimediare all’emergenza carceraria, ma Renzi di indulto non vuol parlare. E allora in agenda per cominciare dovrebbero esserci la responsabilità civile dei magistrati, la riforma della custodia cautelare e le intercettazioni. Tutti temi cari al centrodestra.

La legge elettorale è ormai un affare di vendette tra Forza Italia e il Nuovo centrodestra. Poche settimane fa Alfano è stato uno degli autori dell’Italicum; adesso lo presenta come un testo superato. È su questo che Ncd vuole far pesare l’ingresso in maggioranza, soprattutto correggendo al ribasso la soglia di sbarramento prevista per le coalizioni. L’attuale 12% non concede alternative: Alfano dovrà tornare nella coalizione di Berlusconi chiedendo permesso. Proprio per questo Berlusconi non cede: «A Matteo ho detto, niente scherzi, la legge elettorale non si tocca di una virgola», racconta agli eurodeputati di Fi. Ma proprio una virgola può essere sacrificata senza danno, portando dal 4,5% al 4% lo sbarramento per i partiti coalizzati. Un aiuto piccolo per Alfano. Un aiuto grande è però l’annunciato collegamento della legge elettorale alla riforma costituzionale del bicameralismo. Renzi ha cambiato idea nel momento stesso in cui gli è riuscita la cacciata di Letta. Così l’eventualità di un voto anticipato nel 2014 è tecnicamente esclusa. Berlusconi sa che a marzo la Cassazione può confermargli l’interdizione dai pubblici uffici per due anni. Con l’affidamento in prova che sta per scattare dopo la condanna per frode fiscale conta di estinguere gli effetti della legge Severino. Dunque immagina di potersi ricandidare dall’autunno 2015.

Nel frattempo il Cavaliere si è informato sui ministri di Renzi. Concentrandosi ovviamente su comunicazioni e giustizia. Gradirebbe che le prime restino affidate alle cure di Antonio Catricalà, com’è stato negli ultimi due governi da cui Berlusconi è rimasto (senza troppi patemi per le aziende) fuori. Quanto alla giustizia, il capolavoro del centrodestra è stato far passare il vicepresidente del Csm Michele Vietti, uno che è stato in via Arenula con il secondo governo Berlusconi e Castelli ministro, come un «giustizialista». Diciamo che Forza Italia lo preferirebbe alla giudice Livia Pomodoro.

Stamattina si terrà il vertice di maggioranza sul programma, rivendicato come un grande successo da Alfano e da Renzi liquidato in maniera sprezzante: «Sono allergico». Non si litigherà sui diritti civili, visto che persino la sinistra Pd per le coppie omosessuali non chiede nulla più di un riconoscimento civile «alla Merkel», mentre il Ncd spara al bersaglio fasullo dei «matrimoni gay». Né ci saranno problemi sullo ius soli, di cui resterà solo il nome. Nella versione renziana sarà ancora la condizione dei genitori a determinare la cittadinanza dei nati in Italia.