Belle dormant, nuovo bellissimo film recentemente uscito in Francia è l’occasione per ritrovare o per scoprire un cineasta che ci aveva lasciato senza favole dal 1991 e un film chiamato Merlino. Ado Arrietta è tornato con una nuova fiaba. Ma non è che un modo per tornare alle sue storie di sempre e ai suoi personaggi il suo nome (Ado, Adolfo, Adolpho, Arietta, Arrietta) cambiano, si travestono, evolvono, si nascondono, riappaiono, ogni volta si inventano un nuovo sé. Da quando è arrivato il digitale, Arrietta ha scoperto che anche i suoi film potevano evolvere nel tempo proprio come le fiabe e le canzoni.

La sua è una  delle più belle e ricche storie del cinema francese. Eppure, erano pochi ad attenderlo. Sono in pochi a conoscerlo. Pochissimi a evocarlo quando si fanno le liste dei cineasti della seconda nouvelle vague (che per giustizia non faremo). Ado Arietta è nato a Madrid, il suo primo film, girato in Spagna a ventidue anni, è del 1964. Due anni dopo lo troviamo a Parigi. Il tempismo, nell’avanguardia, sta nell’essere nel luogo giusto, al momento giusto, vale a dire un po’ in anticipo.

Arrietta è tra i primi a darsi un modo di fare film che sarà tipico dell’après mai: l’auto-produzione, il superamento della sceneggiatura, l’influenza del teatro sperimentale. Rivedendo i film di quel periodo (l’integrale è edita in dvd) – Le jouet criminel (1969), con Florence Delay e Jean Marais, o Le Château de Pointilly – viene in mente soprattutto la parola «poesia». Ma che cos’é un cinema di poesia?

Nella sua filmografia del decennio successivo troviamo Flammes girato nel 1978 – con Caroline Loeb, Xavier Grandes, Dyonis Mascolo – dove non compare più come produttore, anche se rimane dietro la macchina da presa.