La voce è come al solito calma, anche se ogni tanto si incrina per la commozione e la rabbia È la voce di chi, oltre ad aver perso un figlio, da anni deve anche subire periodicamente le offese di alcuni colleghi degli agenti di polizia che per quella morte sono stati condannati. Come è successo martedì a sera a Rimini durante il congresso del Sap, uno dei maggiori sindacati di polizia, con i delegati in piedi ad applaudire per cinque minuti tre dei quattro agenti responsabili della morte di Federico Aldrovandi. Adesso però Patrizia Moretti, la mamma di Federico, è stanca. Stanca soprattutto di combattere da sola. «Da questo momento mi sottraggo al dialogo malato con gli assassini di mio figlio, con chi cerca la prova di forza», dice. «Non voglio più parlare con loro. La parola deve passare alla politica e alle istituzioni, rispondano loro e prendano i provvedimenti adeguati». È quasi un avvertimento: non posso essere io, da sola, a difendere le istituzioni, che ora devono dimostrare di saper reagire.

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La mamma di Federico parla al Senato in una conferenza stampa organizzata dal senatore Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani di palazzo Madama. Una risposta civile agli applausi di Rimini definiti «inaccettabili» dal ministro degli Interni Angelino Alfano che per questo ha disdetto un incontro fissato per martedì con il Sap. E dopo la telefonata che il premier Matteo Renzi le ha fatto martedì sera, ieri hanno espresso solidarietà a Patrizia Moretti anche i presidenti delle camere Laura Boldrini e Pietro Grasso, che l’hanno incontrata, così come hanno fatto Alfano e il capo della polizia, prefetto Alessandro Pansa. E in serata è arrivato anche il sostegno di Giorgio Napolitano che ha parlato di «vicenda indegna».

Seduto accanto alla mamma di Federico c’è il senatore Manconi, che usa parole durissime: «Una parte né insignificante, né irrisoria della nostra polizia è malata e interpreta in senso autoritario e violento il proprio ruolo, e questo non riguarda solo le famiglie delle vittime, ma l’intero Paese», è l’accusa che lancia. «Le famiglie da sole non possono sostenere questo calvario», prosegue la mamma di Federico. «Per questo rivolgo una richiesta alla politica, deve entrare nella questione, trovare una soluzione prima di tutto culturale e anche tecnica. I poliziotti che hanno ucciso Federico sono stati condannati, ma poi sono stati riammessi in servizio», ricorda. E martedì, prosegue, al congresso del Sap «sono stati applauditi degli assassini. Qui c’è un ingranaggio che si inceppa».

Basta solidarietà, chiede, perché se alla solidarietà non seguono i fatti «allora diventano parole vuote». E di parole vuote lei come Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano presente come sempre tra il pubblico, ma anche come i familiari di Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Riccardo Magherini, tutti morti dopo essere state fermati dalle forze dell’ordine, non ne vorrebbero più sentire. La parola, allora, deve passare alla politica. Un primo passo, dice Patrizia Moretti, sarebbe l’approvazione del reato di tortura, il cui ddl è in attesa del via libera definitivo della Camera. «Il testo originario presentato da me era ben diverso dall’attuale, ma sarebbe comunque un buon passo avanti», spiega Manconi. «Se quel testo fosse stato già legge quando hanno ucciso mio figlio, forse la sorte per i poliziotti condannati sarebbe stata ben diversa, e le pene meno lievi», commenta Patrizia Moretti.

Al ministro Alfano e al capo della polizia, incontrati nel pomeriggio con Manconi, la mamma di Federico fa richieste precise. «Perché i poliziotti che hanno ucciso Federico non possono essere destituiti dalla polizia?», chiede al prefetto Pansa. Che le spiega come non sia possibile intervenire sui giudizi espressi dalla commissione disciplinare, la stessa che ha sospeso per sei mesi dal servizio gli agenti condannati. Ma anche come la destituzione di un agente sia prevista solo nel caso sia ritenuto colpevole di un reato doloso, cosa che non è per i quattro agenti in questione. A Pansa è stato comunque chiesto di desecretare gli atti della commissione e di procedere a una sua riforma, visto che oggi è un organismo interno alla polizia composto da 2 sindacalisti e 3 poliziotti. Ad Alfano, infine, Patrizia Moretti ha chiesto di fare in modo che in futuro non accadano più casi simili a quello di Federico. «Studierò la cosa e ne parlerò con Renzi», ha promesso il ministro.

Da parte sua il Sap rilancia chiedendo un nuovo processo per gli agenti. E il suo segretario, Gianni Tonelli, ammette: «I colleghi li ho applauditi anch’io, non mi nascondo dietro un dito. Li considero condannati per un errore giudiziario».