Del cinema portoghese molto si parla nel mondo, autori che fanno parte dell’ dell’immaginario collettivo come Manoel De Oliveira, Paulo Rocha, Joao Cesar Monteiro, film celebrati nei festival, una passione critica condivisa per questa cinematografia dalla storia frammentaria, composta di tante storie diverse che attraversano generazioni di cineasti fino a oggi. In Italia però, circuito festivaliero a parte (e incursioni nottambule di programmi come Fuori orario), il cinema portoghese rimane escluso dalle sale, quasi invisibile. Già basterebbe questo per fare di Luso un piccolo evento, la prima Mostra itinerante del cinema portoghese – partita da Roma, oggi e domani a Trieste (cinema Ariston) e poi in tutta Italia fino all’inverno 2019 (informazioni e date sul sito: luso-cine.com e sulla pagina facebook LusoCine) – nasce infatti dal desiderio di mostrare a un pubblico non solo festivaliero film destinati a non avere una distribuzione.

Il programma – cinque lungometraggi e quattro cortometraggi tra cui Inventario de Natal, uno dei primi film di Miguel Gomes, l’autore di Le Mille e una notte – scommette sulle nuove generazioni di registi, che confermano come questa cinematografia non ripieghi mai su stessa, esprimendo una vitalità sempre in trasformazione. Da A Fabrica de Nada di Pedro Pinho, divenuto dalla prima proiezione al Festival di Cannes, due anni fa, un successo a Cartas da guerra di Ivo Ferreira, affiorano anche quelli che sono i temi e i riferimenti comuni ai film portoghesi: la crisi economica del Portogallo nell’Europa dei mercati e delle banche, le periferie di povertà e esclusione, il passato storico del colonialismo, il presente di gentrificazione che ognuno di questi registi affronta con una presa di posizione mai ideologica ma di riposizionamento avventuroso,sgusciando dalle maglie del realismo verso una prospettiva che rende ogni film unico e misterioso.

Prendiamo proprio Le mille e una notte (2015) di Gomes, che è stato il caso cinematografico più celebrato di questi anni, mentre il regista, classe 1970, è ora la nuova star del cinema dentro e fuori i confini lusitani. Cosa ci racconta? La crisi economica del Portogallo soffocato dalla Troika, i ricatti pagati a prezzo altissimo dalle parti della società più deboli, la fine delle politiche di opposizione dei sindacati, la corruzione della giustizia. Ma nei tre capitoli che lo compongono (L’inquieto,Il desolato, L’incantato), Gomes tenendo fede all’andamento dei racconti di Sherazade unisce slapstick e fantasmi, militanza sindacale e sirene, capovolge il cielo e la terra, il reale in surreale ottenendo un cinema intimamente politico.

«Sao Jorge parla del Portogallo durante gli anni della troika. È un paese indebitato e che molti dicevano che non sarebbe riuscito a pagare i suoi debiti. In questo senso, è anche un po’ la storia di un paese che si proietta nell’universo dei personaggi. Ho voluto dare un volto alla crisi. Una cosa che accade spesso, nei media in particolare, è che quando si parla della crisi, si parla di cifre, non di persone. È un po’ quello che sta succedendo anche adesso con i rifugiati. E’ diventato un problema quasi astratto, ma in realtà siamo tutti coinvolti». Così Marco Martins racconta il suo São Jorge, la storia di un uomo, il Jorge del titolo, pugile disoccupato che per pagare i suoi debiti accetta un lavoro come esattore di un’agenzia di riscossione finendo in un universo di violenza e di crimini.

Se l’economia del contemporaneo è al centro anche di A Fabrica de Nada, con la resistenza e il tentativo di reinventare il lavoro messo in campo da un gruppo di operai la cui fabbrica viene chiusa a loro insaputa, Verão Danado di Pedro Cabeleira segue invece le giravolte di un giovane nella sua estate in campagna, la vecchia casa dei nonni, gli amici, i lunghi pomeriggi, le notti di musica e droghe, un’esistenza in bilico nel presente.

Con Manuel Mozos e il suo Ramiro siamo a Lisbona, nella libreria di Ramiro. Intorno a lui strani personaggi, e una quotidianetà sconvolta all’improvviso. Cartas de guerra a partire dalle lettere dello scrittore Antonio Lobo Antunes ripercorre le atrocità della guerra nell’Angola orientale.