Ieri mattina, prima di partire per Roma e incontrare gli italiani Padoan e Calenda, il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha ricevuto una delegazione di imprenditori della regione Loire-Atlantique, che rappresentano una ventina di imprese che lavorano per i cantieri navali di Saint-Nazaire. Questo gruppo di aziende propone di entrare nel capitale di Stx, se non verrà trovato un nuovo accordo con Fincantieri. La Francia ha fatto ricorso al diritto di prelazione, nazionalizzando di fatto – anche se in modo “temporaneo” – i cantieri navali lo scorso fine settimana perché Fincantieri non ha accettato la proposta francese: un capitale diviso al 50%, 50% per Fincantieri, conferma del 33% dello stato francese, 14,6% per NavalGroup e il rimanente per i dipendenti della Stx (NavalGroup, ex Dcns, è specializzato nell’industria navale militare e nelle energie marine rinnovabili, impiega 13mila persone in 18 paesi). La proposta francese prevede che a Fincantieri sia lasciata la direzione generale e la presidenza del gruppo. In discussione c’è anche un’intesa per la creazione di un gruppo europeo nel campo della marina militare.

 

02desk1 sotto sinistra macron 17

La posta in gioco non è “nazionalista” ma riguarda la politica industriale e l’occupazione. Il 70% dei francesi approva la decisione di Macron di nazionalizzare, per prendere tempo e ridiscutere un migliore accordo. Da destra e da sinistra la mossa di Macron è stata giudicata positivamente, anche se nessuno si nasconde che sono intervenute anche motivazioni di politica interna: mandare un segnale di “protezione” al mondo del lavoro, mentre il governo si prepara a far passare con iter accelerato una Loi Travail di stampo liberista.

I Chantiers de l’Atlantique hanno una storia di 150 anni alle spalle, sono nati nel 1861. Hanno subito alti e bassi, i lavoratori hanno accettato di recente cassa integrazione e rinunce ad alcuni vantaggi (come le 35 ore) per salvare l’impresa. Non è questione di nazionalismo, anche se c’è un sentimento diffuso di orgoglio per la produzione dei cantieri, che hanno costruito grandi navi da crociera mitiche, come il Normandie, il France, di recente il Queen Mary 2 o l’Harmony of the Seas. Nel 2006 i Chantiers de l’Atlantique erano passati sotto controllo norvegese, poi nel 2008 sono arrivati i coreani, che con il fallimento sono all’origine dell’interessamento di Fincantieri. Ai cantieri di Saint-Nazaire lavorano 7.300 persone, tra impeghi diretti e indiretti. È tutta l’economia di una regione che è in ballo. È l’inquietudine rispetto allo spettro della deindustrializzazione che ha portato all’approvazione della mossa di Macron. Per questo lo stato è intervenuto, per non ripetere il dramma dell’abbandono della produzione degli altiforni di Florange, che Hollande aveva lasciato finire nella mani dell’indiano Mittal: Macron, sospettato di essere un liberista, in realtà era già intervenuto su altre acquisizioni quando era ministro dell’Economia o vice segretario generale dell’Eliseo: aveva sostenuto la partecipazione dello stato in Psa decisa da Arnaud Montebourg, bloccato la vendita di Dailymotion alla società Hutchison di Hong Kong e costretto Orange a scegliere Vivendi. Alain Lebrun delegato della Cgt sottolinea l’importanza del messaggio di uno stato «protettore dell’industria e dell’occupazione», il sindacato Force ouvrière parla di «bella vittoria» dei lavoratori. Per Christophe Morel della Cfdt, la mossa di Macron «darà tempo per discutere», perché «il know how dei cantieri di Saint-Nazaire non deve essere dilapidato né disperso».

L’ipotesi di un controllo di Fincantieri fa paura perché non ci sono sufficienti garanzie su due fronti: sull’occupazione, in un settore molto ciclico (Stx ha ordinazioni per una decina di anni, ma se la domanda crolla cosa succederà? Fincantieri sposterà il lavoro in Italia?) e sul trasferimento di tecnologia alla Cina (Fincantieri ha un accordo con Cssc cinese per la costruzione di navi da crociera). Poi c’è la questione dell’”interesse nazionale” militare, Saint-Nazaire è il solo cantiere in grado di costruire portaerei. Nella Ue è in discussione la protezione degli interessi industriali strategici, su domanda di Francia, Germania e Italia, in particolare per difendersi dalla Cina (che nel 2016 ha investito nella Ue 9,4 miliardi).