Con uno spirito misto di sollievo e disapprovazione, la maggioranza dei greci ha accolto ieri la notizia dell’accordo con i creditori. «Le misure sono pesanti, ma abbiamo evitato il Grexit» dice Yannis, ex dipendente pubblico, licenziato e ora impiegato in una cafeteria. «Tsipras ha combattuto per cinque mesi. Con le banche chiuse e un Grexit alle porte non poteva ottenere un risultato migliore», dice Yorgos, taxista.

Non mancano le voci critiche nei confronti del governo e dei creditori: «Abbiamo sprecato cinque mesi per avere un memorandum peggiore dei precedenti siglato da un governo di sinistra», racconta Katerina, consulente fiscale. Per aggiungere che «gli europei volevano la testa di Tsipras e l’hanno ottenuta». «La Germania per la terza volta negli ultimi cent’anni ha cercato di distruggere l’Europa» dice Alessandro, laureato in storia. Tante tra le persone incontrate non riescono a capire perché al referendum il premier greco si è schierato a favore di un no alle proposte dei creditori e una settimana dopo ha detto sì a misure che lui stesso aveva definito «umilianti».

Tutti, però, pur delusi hanno la sensazione di aver evitato il peggio. Quello che maggiormente preoccupa chi lavora nelle piccole e medie imprese è la riapertura delle banche, mentre il tema del taglio del debito (nessuna ristrutturazione, ma una ricalendarizzazione degli impegni finanziari di Atene) interessa poco. La gente, invece, vuole sapere di più sulle clausole che riguardano l’abolizione delle leggi in disaccordo, secondo i creditori, con quanto stabilito il 20 febbraio scorso. «Sarà chiusa di nuovo l’Ert» (la radiotelevisione pubblica) chiede Nikos, che un mese fa è stato riassunto. «Saranno privatizzati i porti e licenziati chi ci lavora» si domanda Michalis. Il tempo ancora una volta stringe e questa volta non soltanto a causa della mancanza di liquidità.

L’Eurogruppo ha chiesto al parlamento di Atene l’approvazione – entro domani – delle riforme concordate al summit dell’Ue, ma le incognite sono tante. Ieri pomeriggio il leader di Anel, Panos Kammenos, ministro della difesa, dopo l’incontro con Alexis Tsipras ha detto che il suo partito «non può sostenere l’intesa che non ha niente a che fare con quella discussa durante il consiglio dei leader dei partiti» la settimana scorsa. Per questo motivo si riunisce stamattina il gruppo parlamentare degli Anel. Kammenos e pure l’eurodeputato di Syriza e simbolo della resistenza greca contro i nazisti, Manolis Glezos hanno definito l’accordo «una vergogna» e «un colpo di stato», un’«umiliazione per tutta l’Europa». Difficoltà sono da registrarsi anche in Syriza.

Oltre ai 17 deputati contrari all’intesa con i creditori, ce ne sono altri 15, in gran parte dell’opposizione interna, tra i quali due ministri (il vice-ministro della difesa, Kostas Isichos e Nikos Chountis, vice-ministro degli esteri) che hanno votato a favore del mandato a Tsipras, ma come hanno spiegato in una lettera resa pubblica, sono «contrari» ad un nuovo pacchetto di misure restrittive.

«La proposta (del governo greco) -scrivono- è un altro programma di austeritá e non risolverà i tragici problemi economici e sociali del paese e provocherà un’ulteriore recessione. Il nostro sì alla proposta di governo non deve essere interpretato come un sì all’ applicazione di una nuova stangata».

Lo scoglio del dissenso all’interno del governo potrebbe essere superato con un mini-rimpasto. Se il ministro dell’Energia e dell’ambiente, Panayotis Lafazanis e il ministro della Previdenza sociale Dimitris Stratoulis, ambedue di «Piattaforma di sinistra» non si dimetteranno entro stamattina, è probabile che Tsipras li possa sostituire con dirigenti aderenti alla corrente di maggioranza del Syriza. Il vero problema sta nel gruppo parlamentare. Anche la presidente della camera, Zoi Konstantopoulou, che già si è scontrata con Tsipras e alti dirigenti della sinistra radicale, appartiene alla «Piattaforma di sinistra».

Mentre scriviamo, secondo fonti governative, il premier greco sta discutendo con i suoi stretti collaboratori, i ministri delle finanze, Euclid Tsakalotos, del territorio, Alekos Flabouraris e Nikos Pappas, degli interni, Nikos Voutsis, il portavoce, Gabriel Sakellaridis, il segretario di Syriza, Tassos Koronakis e il rappresentante del gruppo parlamentare, Nikos Filis, la sostituzione della presidente della camera con il vice-presidente, Alexis Mitropoulos. A parte questo, se un numero alto di parlamentari, oltre ai 30, provenienti da Syriza e da Anel voterà contro, l’accordo sarà approvato con i voti dei conservatori, socialisti, ma Tsipras avrà preso la maggioranza.

In questo caso il ricorso alle urne sarà la soluzione quasi obbligata per il premier greco, anche perché finora si è opposto all’eventualità di un governo che comprende forze politiche tradizionali del centro-sinistra o del centro. All’ eventualità di un ricorso anticipato alle urne sono contrari sia i creditori che la maggioranza dei greci.