Settantadue lungometraggi, cinquanta corti, quattro serie televisive indipendenti, quattordici progetti per la sezione New Frontier: il Sundance Film Festival ha annunciato martedì il programma dell’edizione 2021, che -secondo il comunicato stampa- avrà luogo «su una piattaforma ricca di opzioni costruita dallo stesso Sundance e (Covid permettendo, ndr) su schermi satellite in tutto il paese». «L’essere insieme è stato il principio animatore, qui al Sundance Institute, mentre lavoravamo per re-immaginare il festival 2021. Perché non c’è Sundance senza la nostra comunità. Sotto la leadership di Tabitha (Jackson, la direttrice del festival; ndr) abbiamo forgiato una nuova visione collettiva che onora lo spirito invigorente e la tradizione dei nostri appuntamenti annuali in Utah, facendo però posto anche a visionarie nuove possibilità online», si legge in una dichiarazione del fondatore Robert Redford.

IL FESTIVAL, che si terrà -in una versione abbreviata di sé stesso – dal 28 gennaio al 3 febbraio prossimi aveva annunciato già qualche settimana fa, oltre alla piattaforma, una partnership con cinema indipendenti e organizzazioni d’arte in una ventina di stati, i cui schermi avrebbero ospitato porzioni del programma abbinate a iniziative disegnate specificatamente per le rispettive comunità. Molto più difficile capire che cosa avrà veramente luogo a Park City, la sede storica del Sundance. Il Ray Cinema (abitualmente allestito nel ginnasio del Raquet Club locale) è la sola sala elencata tra gli schermi satellite. I giornalisti, almeno per ora, sono «incoraggiati» a partecipare virtualmente all’edizione 2021; i volontari (perno della forza lavoro durante la manifestazione) non sanno ancora nulla rispetto alla loro presenza; lo stesso vale per gli acquirenti del costosissimo Express Pass.

A poco più di un mese dall’inaugurazione, molto fa pensare che la componente fisica del festival sarà minima, o nulla. Il che in un certo senso sarebbe una forma di ritorno alle origini, quando a frequentare il Sundance eravamo una manciata di persone strette intorno a un’unica sala su Main Street, L’Egyptian. E l’impatto del Covid si intravede anche sul programma, che è ancora più ricco del solito di esordienti ma quasi completamente privo di quei nomi del cinema indipendente Usa «doc», forgiati dal festival e che vi tornano regolarmente con i nuovi film.