Domani entra in vigore l’accordo siglato a Ginevra il 24 novembre scorso tra P5+1 (membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite più la Germania). Tuttavia, cresce in Iran il malcontento tra ultra-conservatori e riformisti. Da una parte, la campagna elettorale del presidente moderato Hassan Rohani era incentrata sulla fine delle sanzioni internazionali, per favorire la ripresa economica. Non solo, la guida suprema Ali Khamenei ha in varie occasioni lodato l’operato dei negoziatori iraniani. Da parte loro, gli uomini vicini all’ex presidente Mahmud Ahmadinejad, in seguito ai contrastanti annunci di Washington di un possibile inasprimento delle sanzioni, spingono ancora una volta per proseguire nell’arricchimento dell’uranio (fino al 60%). Non solo, molti politici riformisti ritengono «eccessive» le concessioni dei negoziatori iraniani per ottenere solo una parziale rimozione delle sanzioni.

L’accordo di Ginevra, che ha una durata di sei mesi e che dovrebbe preludere a un patto permanente, riconosce il diritto iraniano ad avere accesso all’energia nucleare per scopi civili. L’intesa prevede che l’Iran non superi la soglia del 5% nell’arricchimento dell’uranio. In cambio, a partire da febbraio saranno alleggerite le sanzioni imposte nel corso degli ultimi anni all’Iran, con lo sblocco di fondi pari a circa 4,2 miliardi di dollari e la revoca delle sanzioni nei settori petrolifero, petrolchimico, dell’industria automobilistica e del commercio di metalli. Una squadra di ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), guidata dal vice direttore generale dell’organizzazione, Massimo Aparo, è arrivata a Tehran giovedì scorso, per colloqui con le autorità locali sulla prima fase di attuazione dell’accordo di Ginevra. E così, il prossimo 29 gennaio, gli ispettori Aiea si recheranno in visita per la prima volta dal 2005 nelle miniere di uranio di Gachin.

Infine, prosegue il pressing diplomatico per il coinvolgimento dell’Iran nella conferenza di Ginevra II sulla crisi siriana del prossimo 22 gennaio. I ministri degli Esteri siriano, russo e iraniano si sono incontrati a Mosca lo scorso venerdì. Sergei Lavrov ha ribadito che «l’Iran è inevitabilmente parte del tentativo di mettere fine alla guerra siriana». Dal canto suo, il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani ha dichiarato ieri alla stampa locale che l’Iran farebbe «qualsiasi sacrificio» per il movimento sciita libanese Hezbollah, nel caso subisse un attacco.