Le «illusioni perdute» sono quelle di Lucien Chardon de Rubempré giovane di provincia con molte ambizioni la cui sorte di ascesa e caduta nella Francia della Restaurazione è segnata dal desiderio di successo; e se la prima relazione «pericolosa» lo porta da Angouleme e dalla tipografia paterna a Parigi, quella con la società del tempo, in cui passa dalla miseria alla fama finirà per distruggerlo di nuovo lasciandolo disilluso e ancor più povero perché i potenti rimangono tali e sanno come coalizzarsi utilizzando la propria corte, mentre lui nonostante il talento in quei salotti sarà per sempre uno «straniero» – compreso il nome nobile che non conta perché da parte di madre.
Nel confronto con uno dei capolavori di Balzac e un grande classico ottocentesco, Xavier Giannoli – il film era in concorso alla Mostra di Venezia e dal 23 in sala a Roma, Milano, Torino, Bologna, dal 30 in tutta Italia – costruisce un gioco di specchi col presente che immerge lo spettatore nelle atmosfere di due secoli fa disseminandovi rimandi che da quel mondo portano al nostro. Ma non è solo questo a renderlo l’opera più riuscita del regista francese che rispetto al romanzo – pubblicato in tre parti, dal 1837 al 1843 – si muove liberamente, e concentrandosi sulla seconda parte elimina, modifica, riadatta (sua la sceneggiatura insieme a Jacques Fieschi) e tra la voce off del narratore e i dialoghi taglienti dei personaggi ne restituisce il carattere universale.
Questo ritmo fluido sottrae il film alla rigidità dell’opera in costume infondendogli una vitalità che nella regia mette al centro gli attori – persino Gerard Depardieu spesso insopportabile è qui perfetto come editore illetterato – li accorda alle atmosfere vivaci e corrotte di quella scena parigina del 1820, per cogliere di ogni personaggio una dimensione molteplice e contemporanea. Su tutti (nel cast ci sono Cecile De France, Xavier Dolan, Vincent Lacoste) Benjamin Voisin, già visto in Estate 85 di Ozon, che nei passaggi del «suo» Lucien infonde il candore e l’ambizione di un giovane innocente ma pronto a perdersi, o quantomeno a conformarsi alle regole dominanti.

ECCOCI dunque nelle strade della capitale francese sui passi del giovane poeta sconosciuto che finalmente ottiene quel che sognava: fuggire la noia provinciale e avere la possibilità di mettersi alla prova per diventare qualcuno in un mondo che però lo respinge. Anche la marchesa (Cecile de France) che è innamorata di quel ragazzo bello e un po’ sfacciato e dei suoi versi lo lascia quando capisce che danneggia la sua immagine. Rimasto solo, senza un soldo né qualcuno che lo protegga, Lucien capisce che nella società a cui anela tutto si paga e diviene moneta, che reputazioni e carriere possono essere distrutte in un istante secondo le alleanze politiche o di affari e con la complicità di una stampa pronta a svendersi all’offerta del più potente. Le penne migliori sono anche quelle più abili nei loro servigi a disprezzo dell’informazione che dovrebbero garantire – proprio come accade desso con le fake news. Lucien ha un viso puro, sembra sperduto ma sa scrivere e impara presto a essere tagliente, guidato nel suo apprendistato di vita e di mestiere da Étienne Lousteau (Lacoste) giornalista temutissimo, anche lui un provinciale. Lucien gli è simpatico, lo prende al giornale di cui con lo pseudonimo nobiliare diviene una delle penne più brillanti (e irriverenti), lo introduce in ogni salotto, finché nel vortice del successo il ragazzo (sulle note di Strauss)danzerà da padrone anche lui di quel mondo.

MA QUALE è il prezzo, quali i compromessi, le rinunce che il capitalismo impone? Di certo le illusioni le ha perdute Lousteau, cinico e senza sentimento, pronto a tradire anche quella che appare una complicità di intenti e un’amicizia, e alla vendetta; ma le ha perdute pure Lucien la cui parabola finisce per apparire come quella di qualcuno che non ha compreso fino in fondo gli insegnamenti del suo mentore, perchè i pericoli valgono per tutti e sempre, nella Restaurazione come nell’era dei social, e se la corrispondenza è talvolta un po’ troppo esplicita rimane lo stupore di questo antieroe a conquistare gli sguardi.