Mica è facile, così a prima vista, capire la guerra santa che si è all’improvviso riaccesa intorno a un articolo 18 ridotto ormai a etichetta su una scatola svuotata.
Eppure, dopo le intemerate a ruota libera di Alfano, dopo il coro azzurro che le ha rilanciate e amplificate, ieri l’ineffabile Gasparri ha ripreso la questione, e con toni ultimativi: «Non permetteremo che sull’articolo 18 si consumi l’ennesimo psicodramma. Per noi va abolito». Renzi si affretta a commentare con un messaggio sibillino che non conferma e non smentisce nettamente l’ipotesi di razziare anche le ultime vestigia del maledetto articoletto, ma conferma più di quanto non smentisca.

Il fatto è che intorno alla più classica «battaglia di bandiera» si giocano diverse partite, nessuna delle quali attiene direttamente alle strategie per fronteggiare la crisi. La prima, e più ovvia, riguarda la necessità per Renzi di portare in Europa un trofeo per dimostrare la sua buona volontà bastonatrice, e cosa meglio di una bandiera, per quanto sventolante ormai su un fortilizio vuoto? La seconda, molto meno evidente, ha per posta in gioco il completamento dell’ingresso di Fi nella maggioranza. Probabilmente solo di fatto e anzi negando l’evidenza agli occhi distratti e smarriti del pubblico votante. Ma forse, se le circostanze daranno una mano, anche con l’ampliamento ufficiale della maggioranza al partito azzurro.

Le grandi manovre sono iniziate con il terzo incontro tra Renzi e Berlusconi. In quell’occasione l’anziano ha promesso al giovanotto il soccorso azzurro sulle misure economiche, senza nemmeno alludere a possibili condivisioni delle scelte.
Subito dopo però ha messo al lavoro i suoi, capitanati da Toti che per la verità non è precisamente Keynes, con l’obiettivo di mettere a punto un pacchetto di proposte economiche da presentare a Renzi, probabilmente nell’incontro di settembre. Basterebbe che il premier ne accettasse un paio per portare l’allargamento della maggioranza dal livello minimo a una sorta di livello intermedio.
L’articolo 18 serve a compattare su un punto preciso e altamente simbolico il centrodestra, consegnando così a Berlusconi (ma anche ad Alfano) la massa critica necessaria per imporre a Renzi una presenza decisiva della destra nella sua maggioranza anche sul fronte reale, che non è la riforma del Senato ma appunto la politica economica.

Ovvio che l’interlocutore abbia interessi opposti: contentissimo di incassare l’appoggio appena mascherato da opposizione soft di Fi, ma senza dover in cambio condividere con il socio le scelte economiche, neppure in misura limitata. E’ una partita politica, anche questa: anche Renzi mira a spargere il sale sulle rovine dell’articolo 18, non a caso il suo Guerini ne discute da un bel po’ con Brunetta. Però seguendo tutt’altra via: non la battaglia di bandiera, tanto dannosa per lui quanto fondamentale per l’ex centrodestra, ma una complessiva riforma dello “Statuto dei lavoratori” che, nelle more, comporterà anche l’eliminazione dei pochi diritti rimasti ai lavoratori. Sarà pure la stessa cosa nella sostanza, però in tv questa versione si venderà molto meglio.

Certo, il miraggio di Fi resta quello di portare a pieno compimento l’ingresso nella maggioranza e nel governo, con tanto di ministri azzurri. Ma, anche se in Parlamento a ridosso della chiusura estiva non si parlava d’altro, al momento trattasi di obiettivo irragiungibile. Certo, se la crisi dovesse peggiorare, se la situazione dovesse tornare a essere quella del 2011, chi può dirlo?
Insomma, sull’articolo 18 e sulla politica economica, i compari del Nazareno si stanno giocando non l’ampliamento della maggioranza ma le forme e le misure che questo dovrà assumere in autunno. E Alfano? Com’è che, dopo essersi distinto solo per i dentoni alla Bugs Bunny all’improvviso ha iniziato a imperversare peggio di Brunetta? Proprio perché, a fronte della marcia d’avvicinamento, sia pur dissimulata, tra i contraenti del patto del Nazareno ha visto i già esigui spazi politici a sua disposizione svanire del tutto. E ha iniziato ad agitarsi per trovare un ruolo, se non da protagonista, almeno da comprimario invece che da semplice comparsa. L’articolo 18 stava lì che pareva fatto apposta…