L’errore umano è confermato. La strage ferroviaria di Santiago – il primo incidente mortale in 21 anni di alta velocità spagnola – è stato causato, secondo le dichiarazioni rese al giudice dallo stesso macchinista Francisco José Garzón, «da una distrazione» che lo avrebbe disorientato facendogli credere di essere in un altro punto del tracciato. Una «distrazione» imperdonabile, ovviamente; ma più passano i giorni, più sembra ragionevole supporre che l’errore umano (tragico ed incontestabile) non sia la sola causa di questo disastro che i vertici delle ferrovie spagnole stanno cercando di archiviare frettolosamente, scaricando tutta la responsabilità delle 79 morti sul macchinista. Un lavacro di mani attraverso cui Renfe (la compagnia che gestisce il trasporto su rotaia in Spagna) e Adif (la società che gestisce le infrastrutture ferroviarie)stanno probabilmente cercando di salvaguardare interessi miliardari e coprire errori e forzature nella progettazione della linea. Risulta confermato, ad esempio – come ha ammesso la stessa Adif – che nel tratto del deragliamento la sicurezza del treno era affidata ad un solo sistema di controllo analogico, denominato Asfa e progettato più di 50 anni fa. Un sistema inadeguato a gestire i moderni convogli ad alta velocità, ma molto più economico rispetto al più sicuro Ertms (installato ad esempio sulla linea Madrid-Barcellona), che può frenare automaticamente il treno in caso di emergenza e ne avrebbe impedito il deragliamento in corrispondenza della curva. Una curva, peraltro, molto pronunciata e «molto mal segnalata», inadatta ai tracciati veloci, dato che costringe ad una pericolosa riduzione della velocità da 190 a 80Km/h. Eppure – stando alle dichiarazioni del presidente dell’Adif Gonzalo Ferre – non ci sarebbe nessuna ragione per modernizzare i sistemi di sicurezza definiti «più che adeguati», nonostante – come alcuni ingegneri hanno spiegato alla stampa spagnola – un investimento di soli 12mila euro avrebbe consentito l’installazione di un sistema di controllo digitale evitando, con tutta probabilità, la morte di 79 persone.
Ma le ferrovie spagnole si guardano bene dal concedere la benché minima ammissione di responsabilità, insistendo sulla totale colpevolezza del macchinista. Il punto è fondamentale, dato che se le indagini dimostrassero il contrario le società che gestiscono l’alta velocità spagnola perderebbero miliardi di euro. La Spagna è il secondo paese al mondo dietro la Cina per estensione della rete ad alta velocità e vanta un prestigio e una competenza tecnica in materia di trasporti ferroviari che le sono valsi negli ultimi anni commesse per svariati miliardi da tutto il mondo Una vera e propria una boccata d’ossigeno nella stagnazione economica della crisi, che l’incidente degli scorsi giorni rischia di compromettere.
In Brasile, ad esempio, la Spagna è impegnata in un progetto da 13 miliardi per costruire cinquecento Km di linea ferroviaria veloce. Un progetto che potrebbe saltare, dato che le clausole del contratto consentono la concessione dell’appalto solo a costruttori che non abbiano riportato incidenti letali negli ultimi 5 anni. E casi analoghi – mentre il governo e le imprese tremano – si ripresentano in Kazakistan, in Russia, dove gli spagnoli costruiranno una linea tra Mosca e San Pietroburgo, negli Usa, dove è in cantiere una linea tra Sacramento e San Diego, e in Arabia Saudita con l’alta velocità del deserto che unirà, grazie ad un progetto spagnolo, Medina a La Mecca. Il tutto per un totale di più di 60 miliardi. Ecco perché i vertici di Renfe e di Adif stanno cercando di uscire da questa storia senza macchia e senza peccato anche se è legittimo dubitarne. Per ora, il macchinista paga per tutti.