Ieri, la guerriglia marxista colombiana Farc, la più longeva dell’America latina, ha consegnato all’Onu il 100% delle armi, tenendo fede agli accordi di pace. «Noi continuiamo con decisione a onorare i patti, speriamo che il governo faccia altrettanto», ha dichiarato la leadership della guerriglia, denunciando l’ostruzionismo portato avanti dalla magistratura. Una giornata storica – ha sottolineato il presidente Manuel Santos durante il suo viaggio in Francia – «che segna un prima e un dopo nella storia del paese». Il costo di 53 anni di guerra – ha aggiunto – «è stato enorme» e ha lasciato otto milioni di vittime prive della terra e in povertà estrema.

SECONDO l’Acnur, la Colombia è il secondo paese al mondo per numero di espulsioni forzate (7,7 milioni), dopo la Siria che ne ha 12 milioni, ed ha il triste primato per numero di sfollati interni (7,4 milioni), con un aumento di mezzo milione nell’ultimo anno. Santos ha pronunciato il suo discorso in un forum economico a cui hanno partecipato rappresentanti delle multinazionali francesi e il ministro dell’Economia, ai quali ha chiesto di investire nel post-accordo. Un terreno quanto mai favorevole in un paese neoliberista altamente pericoloso per chi si oppone alla devastazione dei territori e alle privatizzazioni dei beni comuni. Al di là della retorica e del Nobel per la pace ricevuto da Santos (che il giorno dopo ha chiesto l’adesione alla Nato), restano i dati e i morti.

NELLE ZONE in cui è stata disarmata la guerriglia, gli omicidi attivisti sono in crescendo: 156 in 14 mesi, 45 solo in questo anno. Il 21 giugno, nel nord del Cauca, è stato ucciso il sindacalista Fernando Velez, vicepresidente della Junta Nacional Sintraunal. Da Cuba, il mediatore delle Farc, Pablo Catatumbo, ha dichiarato: «Nessuna pace è completa se continua la persecuzione contro il movimento sindacale».

LA STRUTTURA del paramilitarismo è sempre forte. Gode di protezioni istituzionali: soprattutto da parte dell’ex presidente Alvaro Uribe, ferreo nemico della soluzione politica e deciso a esportare il «modello» in Venezuela contro il «castro-madurismo». Le bande armate si sono in gran parte riciclate come contractor delle grandi multinazionali e ora, senza l’argine della guerriglia, hanno campo libero. Un tema rimasto in sospeso negli accordi pace e ripreso ora dall’Eln, la guerriglia guevarista che sta trattando con il governo a Quito, in Ecuador.

ALL’ORIZZONTE, le elezioni presidenziali del 2018. L’arco di forze reazionarie che ha guidato il referendum per il no agli accordi di pace ha già stretto un patto, suggellato dagli ex presidenti Pastrana e Uribe. Dal lato opposto, anche la senatrice Piedad Cordoba, dei Colombiani per la pace, ha deciso di candidarsi, ma non è detto che possa unire le sinistre e i progressisti in questa «fase di transizione» verso un’Assemblea costituente che metta mano finalmente a riforme strutturali.