Miracoli italiani. Forti di un paio di stagione alle Iene e di qualche scherzo pesante, come quello a Paolo Sorrentino agli Oscar che ha fruttato loro l’odio secolare dei difensori della grande bellezza italica, arrivano con il loro sgangherato ma divertente film d’esordio i due foggiani Pio e Amedeo. Si tratta di Amici come noi, ma il titolo che aveva ideato Checco Zalone, Due foggiani in Italia, era molto più divertente, diretto da Enrico Lando, il regista dei due film dei Soliti Idioti, e prodotto da Pietro Valsecchi con la Taodue, ancora fresco dell’incasso pauroso (52 milioni di euro) di Sole a catinelle. Del tutto controcorrente, visto che mentre tutto il cinema si sposta a Lecce e dintorni grazie all’Apulia Film Commision con effetti spesso ridicoli, Pio e Amedeo cercano giustamente di fuggire da Foggia e dai foggiani come spiega la grande canzoncina che ha ideato per loro proprio Chezzo Zalone: «Fuggi da Foggia/non per Foggia/ma per i foggiani che stanno a Foggia».

Da Foggia, come sapevano bene due maestri come Renzo Arbore e Fernando Di Leo, è sempre stato bene fuggire. In realtà quella che vediamo poi non è neanche Foggia, ma la ridente cittadina di Monte Sant’Angelo, vicina a Foggia, pesantemente spopolata per la cruenta Faida del Gargano. Sarà anche per questo che i due foggiani della storia, Pio e Amedeo, il primo, bravo ragazzo che sta per sposarsi la maestrina locale, Alessandra Mastronardi, il secondo, sempre arrapato alla Franco Franchi, pronto al calcio scommesse e caduto in mano allo strozzino locale, hanno messo su una simpatica azienda di pompe funebri hi-tech. A causa di un video comparso su You Porn, che mostra la sua ragazza fare sesso con uno sconosciuto (ma sarà proprio lei?), Pio manda a monte il matrimonio e, assieme all’amico arrapato, volano alla volta di Roma in cerca di fortuna. Lì incontreranno uno zio eccentrico, Massimo Popolizio, che vive con un pappagallo, e non intende affatto aiutarli. Così gli rapiranno il pappagallo che verrà trafitto da uno stecchino di un involtino di carne al sugo cucinato dai foggiani, ma a Foggia si chiamano braciole, che il pennuto ha incautamente divorato.

Le avventure proseguiranno a Milano alla ricerca di Adriano Galliani e di un possibile provino di Amedeo per il Milan, anche se i due vengono a sapere che Galliani ormai non conta più nulla (che tempismo?), poi a Amsterdam, dove Pio cerca di recuperare laa fidanzata, visto che ha scoperto la sua assoluta fedeltà. Come film, certo, è zoppicante, la sceneggiatura va da tutte le parti, ma l’insieme è gradevole, i soldi della produzione si vedono, Pio e Amedeo sono freschi e carichi di energia. Erano anni che non si vedeva un personaggio di terrone dall’appetito sessuale così scatenato che è pronto anche a farsi il suo amico in una scena a letto davvero notevole e il loro bacio a Amsterdam è proprio pesante.

Anni, anzi secoli che non si sentiva parlare del Real Zapponeta, la squadra dove gioca Amedeo e della città, Zapponeta, che ha dato i natali a una icona come Nicola Di Bari. Certo. Il film, a parte le immagini eleganti che ci mostra il padovano Enrico Lando, è molto cafone e la comicità di Pio e Amedeo è tamarrissima. I critici in sala sbuffavano e sono usciti totalmente schifati. Posso capirli. Ma la nostra commedia borghese, che sia girata a Lecce o a Roma, è veramente meno interessante e divertente e meno in sintonia col pubblico. E poi quale altro film risolverebbe la morte di un pappagallo con lo stecchino di un involtino? Ah, certo, a Foggia, e anche a Capurso, si chiama braciola. Chissà perché?