Conosciute fin dalla più remota antichità, le erbe officinali hanno costituito il fulcro intorno al quale si costruiva un orto. Per i loro usi medici, per gli aromi usati in cucina e per ogni dove, è davvero triste che negli orti di oggi esse siano pressoché sconosciute. Basta buttare un occhio nei vari orti e ci si accorge che, spesso non si va oltre la salvia, il rosmarino e la menta.

Invece, in Italia e dappertutto, si potrebbero piantare e con poca spesa. Basterebbe imparare la riproduzione da seme – o per talea o per divisione dei cespi – per avere decine e decine di erbe officinali in ogni orto, come in un piccolo giardino dei semplici. Volendo cominciare con l’erba più simbolica, di questi tempi, direi che la precedenza vada alla melissa. La melissa per i Greci significava «ape» ed è vero. Particolarmente apprezzata da queste nostre sorelline alate, indispensabili faticatrici e responsabili fino all’ottanta per cento delle impollinazioni (e purtroppo ripagate con una silenziosa quanto spaventosa strage) la melissa offre lo spunto per più di una possibilità. E’ un’erba profumata, soffregandola profuma delicatamente di limone, si può seminare facilmente e altrettanto agevolmente la riproduciamo per divisione di una pianta madre più grande. Una volta insediata nell’orto, finisce per disseminarsi per ogni dove. Meglio: è talmente utile che meriterebbe una monografia. Per gli usi, va bene così com’è: qualche foglia nell’insalata, va bene come infuso, insieme al tiglio, alla malva, alla camomilla è un delizioso quanto valido calmante. Possiamo piantare la melissa anche per ricoprire un angolo o una scarpata ed evitare la fatica di tosare.

La salvia, altra pianta che se non avete è necessaria, è più diffusa di altre ma merita di essere conosciuta nelle sue varietà più particolari. Cara alla Schola Medica Salernitana, «Cur morietur homo cui salvia crescit in horto?» si domandavano (come può morire l’uomo al quale la salvia cresce nell’orto?). La risposta era «alla morte non si può sfuggire», per rappresentare quanto la salvia, il suo etimo viene proprio da salvare, sia ricca e preziosa in ogni sua parte ed uso. La salvia si riproduce per talea, da seme otterremo varietà diverse dalla pianta madre, più selvatiche. All’Orto Botanico di Bergamo, anni addietro, fu organizzata una mostra monografica dedicata alle salvie: ne esistono oltre trecento specie, dalle fogge e dai colori più vari, la comune salvia degli orti è la «salvia officinalis» ma anche altre specie come la sclarea detta l’erba degli artisti, hanno la loro ragion d’essere. La salvia è talmente conosciuta per il suo benefico effetto sui denti che in una novella di Boccaccio si assiste allo spaventoso avvelenamento da salvia… con grande meraviglia di tutti. Come poteva una salvia far tanto male? Scavando in profondità, si scopre che «una grossa botta», ovvero un gran rospo, doveva aver contaminato la pianta. Di erbe officinali ve ne sono davvero tante e più ve ne introduciamo più un orto diventa ricco e completo, e maggiormente la nostra cucina se ne avvantaggerà e con essa la nostra salute. Cominciamo da erbe facili, con una melissa dai bianchi e profumati fiorellini graditi alle api e da una salvia.