Come sopravvissuti a un naufragio politico, Pd e Sel si ritrovano aggrappati a due diverse zattere: la prima galleggia dentro la corrente berlusconiana, in un mare tempestoso; la seconda cerca di ritrovare un approdo sicuro, ma le acque sono ugualmente agitate. Mentre da terra c’è chi assiste passivamente, i grillini, a questo incerto navigare. L’assemblea del Pd e la piazza di Sel hanno parlato ieri ad un elettorato sfiduciato e deluso, tentando di recuperare consenso per un’alleanza spezzata dalla scelta di un governo di larghe intese che ha seppellito l’unico vero governo di emergenza e di cambiamento chiesto dal voto.

Vendola lo ha fatto sventolando le bandiere dei diritti, del lavoro, dei beni comuni, in una piazza romana mobilitata dal bisogno di ritrovare le ragioni profonde, civili, culturali, economiche per uscire da un periodo storico – fortemente segnato dal centrodestra – che ha sfigurato il paese seminando razzismo, privilegi, povertà e paura. E insieme a Stefano Rodotà è tornato a seminare il campo del centrosinistra.

Nella sua assise il Pd ha aperto invece lo scontro congressuale, eleggendo come segretario un sindacalista che ha messo al centro del suo impegno i temi del lavoro, promettendo una discussione esplicita ed esortando a ritrovare un senso di appartenenza. Precipitato nell’opacità del correntismo, nello smarrimento del conflitto aperto, il prossimo congresso dovrà costruire – se ne sarà capace – le basi stesse, teoriche e politiche, di una rifondazione della sinistra.

Già da questa assemblea, emerge la voglia di un confronto sui contenuti, una presa d’atto del difetto di analisi sulla crisi che ha travolto tutte le sinistre in Europa, un riferimento esplicito ai 27 milioni di cittadini che votando ai referendum del giungo 2011 avevano indicato la strada per una sinistra italiana larga e popolare.

Quel poco di dibattito di ieri ha messo in risalto i forti mal di pancia avvertiti da larga parte dei vertici (perfino Renzi ha preso le distanze dalla cosiddetta «pacificazione» che vorrebbe il Pdl) e dalla base del partito. Da qui la richiesta di produrre documenti congressuali a tesi, per impegnare non solo gli iscritti ma tutti gli elettori delle primarie a un dibattito di massa sulla natura del futuro partito. Precipitato nell’opacità del correntismo, per aver bruciato ogni rendita di posizione, l’appuntamento con l’alternativa diventa una strada quasi obbligata.

Tutta la sinistra, vecchia e nuova, compresi quegli otto milioni di voti parcheggiati ai 5Stelle, sa che potrà svolgere il ruolo che le compete se le forze organizzate che la attraversano sapranno riconoscere quanto di nuovo c’è già nel mondo delle associazioni, della cittadinanza attiva, quante competenze e quanta politica già si esprime nelle forme di autogestione del territorio, dei servizi, se le amministrazioni locali, i comuni, saranno sul serio i laboratori del nuovo welfare universale.

Quanto durerà questo governo? Nessuno può rispondere. Ma sappiamo che dalla crisi europea e nazionale, dalla crisi della politica soggiogata dall’economia si esce solo con la sconfitta del liberismo, solo con le idee di uguaglianza e di libertà di una sinistra nuova. E sappiamo che questa destra, che va in piazza con il vicepremier Alfano e vari ministri per attaccare la magistratura – una vergogna che in altri tempi avrebbe fatto già saltare il governo – tirerà la corda fino a strapparla.

Vogliamo sperare che in quel momento le forze di sinistra sapranno ritrovarsi per un nuovo percorso davvero comune.