«Attenzione donne, è arrivato il mediatore familiare, che ci fa tornare al Medioevo»: niente più arrotino ma il senatore leghista Simone Pillon, l’avvocato specializzato in divorzi i cui affari sono cresciuti da quando ha presentato un disegno di legge che impone la mediazione nei casi di separazione, facendo regredire i diritti di donne e figli. L’ironico annuncio è risuonato ieri al presidio davanti Montecitorio, promosso da Dire – Donne in Rete contro la violenza, Casa internazionale delle Donne, Non Una Di Meno, Cgil, Arci, Rebel Network, Udi, Coordinamento italiano servizi maltrattamento infanzia.

MENTRE IN COMMISSIONE Giustizia al Senato cominciava l’iter del disegno di legge voluto dalla Lega (e firmato da cinque senatori 5S), le donne in piazza hanno esposto 50 metri di striscione con le prime 150mila firme, delle oltre 170mila raccolte on line, contro il ddl Pillon e le altre quattro proposte depositate da Forza Italia. È arrivata anche Fiorella Mannoia mentre dal presidio annunciavano: «Finché non saranno ritirati sarà mobilitazione permanente». In piazza anche le senatrici del Pd: «Il M5s sui diritti e sulle libertà non esiste come partito – ha commentato Monica Cirinnà -. Il sottosegretario Spadafora ha tentato di fermare il provvedimento ma resta incardinato, quindi è aria fritta». E la Cgil, con la segretaria confederale Tania Scacchetti: «Abbiamo chiesto fin dall’inizio il ritiro, è una norma classista e misogina».

La discussione in Commissione si annuncia lunga, un nuovo calvario per i 5S inchiodati tra la necessità di non rompere con l’alleato di governo e il rischio di perdere voti a sinistra. Ieri la maggioranza, per raffreddare la temperatura, ha ottenuto il passaggio del ddl Pillon dalla sede redigente alla sede referente: ci sarà più tempo per il dibattito e per elaborare un’exit strategy. Intanto, il Pd ha iscritto tutti e 52 i senatori a parlare, la stessa mossa potrebbe essere replicata quando e se si arriverà al voto. Iniziativa adottata anche dai 4 di Leu. L’eventuale approvazione si sposta avanti di mesi. «Non vogliamo modifiche ma che il ddl venga ritirato – ha messo in chiaro il capogruppo dem, Andrea Marcucci -. Per noi è inaccettabile e quindi useremo tutte le tattiche parlamentari per impedire l’approdo in aula».

I 5S SI SONO RITROVATI con il cerino in mano: «Chiederemo che il ddl Pillon non sia il testo base – ha provato a spiegare il vicepresidente pentastellato della commissione Giustizia, Mattia Crucioli -. Ci sarà un nuovo testo unificato, che cercheremo di condividere il più possibile con le opposizioni, che tenga conto delle cinque proposte di legge presentate sull’affido condiviso e delle 125 audizioni svolte. Il Movimento porterà le sue proposte. Il Pd la smetta di speculare e venga al tavolo con le sue. Altrimenti saranno solo chiacchiere». Problema risolto? Non proprio. Come ammette Crucioli, i 5S sono obbligati a «rispettare l’impegno preso nel contratto di governo sull’affido condiviso». E infatti aggiunge: «M5S non chiederà a Pillon di ritirare il suo testo. Perché costringere il relatore a un’abiura? Ci sono cose sbagliate ma noi saremo attentissimi perché il tema venga affrontato senza aspetti ideologici».

La soluzione per ora non c’è: «La sede referente è un passaggio di garanzia – conclude -, lasciamo tutto il tempo alla discussione in commissione. Prevedo tempi lunghi». Ma il disagio nel Movimento cresce. La sindaca di Torino, Chiara Appendino, ieri ha commentato: «Appena insediata ho cambiato il nome dell’assessorato da ’Famiglia’ a ’Famiglie’, che può essere composta da persone di sesso diverso o dello stesso sesso. Un’istituzione non deve giudicare quale famiglia è di maggior valore e dare una scala valoriale. Un’istituzione deve accogliere». Un’affermazione che non sarà piaciuta a Pillon, querelato per diffamazione dall’associazione Lgbti Omphalos.

LA DEPUTATA DI LEU Laura Boldini attacca: «Il ddl Pillon è contrario ai principi fondamentali delle nostre conquiste, del diritto di famiglia nato da decenni di battaglie. Deve essere ritirato e non devono fare i furbi, far finta di ritirarlo e poi mettere dentro al testo base gli stessi principi». Anche il segretario nazionale di Si e parlamentare, Nicola Fratoianni, si è fatto sentire: «È una lotta anche di tutti quegli uomini che pensano che la libertà delle donne sia la chiave per leggere la libertà di tutte e tutti. Lavoreremo su tutte le convergenze possibili, il parlamento dovrebbe essere il luogo in cui si costruisce nel merito la convergenza con l’antagonismo politico». Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, coglie l’occasione per assestare a sinistra il partito: «Siamo con quella parte di società che si sta mobilitando perché sia cancellata per sempre la follia del disegno di legge Pillon».