È scomparsa la mattina del 15 settembre dopo una lunga battaglia contro un tumore Kirin Kiki, una delle attrici ed uno dei volti più riconoscibili nel panorama cinematografico giapponese. Anche se non inaspettata, dopo il 2004 quando le era stato diagnosticato il male, con l’ironia che la caratterizzava aveva spesso rimarcato come ogni film in cui partecipava poteva essere il suo ultimo, la notizia ha colpito al cuore il mondo dello spettacolo dell’arcipelago. Come aveva lei stessa dichiarato in una lunga intervista con il quotidiano Japan Times un paio di mesi fa, non aveva paura della morte ed era pronta a lasciare questo mondo per andarsene nel flusso delle cose.

Se presso il pubblico internazionale aveva raggiunto una certa notorietà solamente durante l’ultimo decennio, soprattutto per le sue interpretazioni nei lungometraggi di Hirokazu Kore’eda e di Naomi Kawase, la settantacinquenne artista giapponese, il cui vero nome era Keiko Nakatani, aveva cominciato molto tempo prima. Il suo percorso nel mondo dello spettacolo inizia infatti come membro della compagnia teatrale Bunkakuza a metà degli anni sessanta e successivamente con piccole parti nel mondo del cinema, dapprima usando il nome d’arte Yuki Chiho. Ma è verso la fine degli anni settanta che con un altro nome d’arte, Kirin Kiki appunto, inizia a farsi conoscere dal pubblico giapponese, soprattutto grazie alla sua partecipazione a telefilm, dove interpreta, come avrebbe fatto decenni più tardi, donne più anziane della sua età.

La sua figura pubblica di donna ribelle e fuori dagli schemi raggiunge l’apice quando nel 1973 sposa il musicista rock Yuya Uchida da cui si separa, ma non divorziando, solo due anni dopo. Fra gli anni settanta ed ottanta partecipa in ruoli secondari a La ballata di Orin di Masahiro Shinoda, Zigeunerweisen e Capone Cries a Lot di Seijun Suzuki, e Sabishinbo e Tenkosei di Nobuhiko Obayashi. Il successo in patria e quello internazionale arriva solamente con il nuovo millennio quando crea un ruolo, quello dell’anziana madre o nonna, un po’ stralunata ma compassionevole, che trova diverse variazioni in alcuni dei più significativi lungometraggi giapponesi del nuovo secolo. Nel 2008 interpreta una madre malata in Tokyo Tower di Joji Matsuoka, ma è dell’anno successivo uno dei ruoli e dei film più riusciti a cui partecipa, Still Walking. Diretto da Kore’eda con un gruppo di attori di primissimo livello, Hiroshi Abe e Yoshio Harada fra gli altri, il film è una profonda riflessione sul passare del tempo e sulla morte all’interno del nucleo familiare. In una delle scene più memorabili e strazianti del lungometraggio, mossa dal dolore Kiki rincorre una farfalla gialla dentro la cucina, pensando che si tratti dell’anima del figlio morto tanti anni prima.

La collaborazione con Kore’eda continuerà in ben altri cinque film fino a Shoplifters – in questi giorni sugli schermi italiani con il titolo Un affare di famiglia, opera con cui il regista giapponese si aggiudica la Palma d’Oro al festival di Cannes 2018. Il rapporto artistico con Naomi Kawase tocca il punto più alto invece in An/Sweet Bean del 2015 in cui Kirin riveste il ruolo principale della vecchia donna sola ed emarginata dalla società, interpretazione che le vale più di un riconoscimento.

Kirin Kiki mancherà non solo per le sue stupende interpretazioni, in cui spesso improvvisava aggiungendo molto di suo, tra i motivi per cui era molto amata da Kore’eda, uno dei maestri contemporanei nel dare spazio alla libertà dei suoi attori. Ma anche perché in un mondo come quello dello spettacolo giapponese, di solito piuttosto patinato e monotono nelle occasioni ufficiali, l’attrice rappresentava spesso, con tutti i suoi vezzi, le sue non risposte ed il suo fare stralunato in premiazioni ed interviste, davvero una boccata d’aria fresca e di umanità.