Con la nascita del Governo Monti, nel 2011, il nostro Paese è entrato in una nuova stagione storica e politica. E’ stato quello il momento in cui l’Italia e l’Europa hanno mostrato al mondo il fiato corto di un modello sul quale, negli ultimi 20 anni, le oligarchie economiche hanno costruito l’illusione di un benessere diffuso e duraturo. La democrazia è stata la prima vittima di questa fase di restaurazione. Le politiche monetariste hanno prevalso sulla costruzione di una visione politica dell’Europa e i diritti individuali sono stati sacrificati sull’altare degli equilibri finanziari.

Il voto del 2013, complice una legge elettorale antidemocratica – come ha sancito anche la Consulta – ha acuito la crisi di un sistema. Dagli esecutivi tecnici si è passati alle larghe intese, ma la sostanza delle scelte politiche ed economiche non è cambiata. Uno tsunami ha trascinato il Paese in un profondo declino culturale e sociale. La sinistra, insieme al resto, è stata travolta. La costruzione di un progetto politico come “Italia Bene Comune” aveva rappresentato una speranza per il Paese e per il popolo della sinistra. Ma è naufragata sugli scogli del politicismo. In questo contesto hanno trovato terreno fertile nuove esperienze politiche che hanno introdotto nel lessico pubblico vocaboli in grado di dar voce a un nuovo tipo di disagio, ma che hanno il limite di agire all’interno di una cornice populista. La sinistra, invece, non è riuscita a creare una nuova narrazione, a causa dell’incapacità di porre a se stessi e agli altri nuove domande. L’avvento di una società liquida ha imposto a tutti il dovere di avviare nuovi percorsi di ricerca e di analisi. Il momento delle certezze, insomma, ha lasciato il passo a quello delle domande. E non sempre la sinistra è stata in grado di formulare quelle giuste.

L’affermazione di Matteo Renzi, alle primarie del Pd, è maturata grazie a una straordinaria partecipazione popolare. Quella stessa partecipazione che è alla base del progetto di Sinistra Ecologia Libertà che si appresta, ora, ad avviare una discussione su quale deve essere il ruolo della sinistra nel nostro Paese. Per riuscire in questo compito, dobbiamo sfuggire dalla tentazione di discutere di noi stessi aprendo, invece, la discussione alla società e a chi, quotidianamente, vive sulla propria pelle le tante sofferenze causate dalla crisi.

Il ruolo della sinistra non può essere determinato di riflesso alle scelte del Pd. L’obiettivo, oggi, non è far sopravvivere la sinistra: se non saprà più porre le giuste domande e fornire le adeguate risposte, significherà che ha esaurito il suo compito storico. L’obiettivo è invece collocare i valori non negoziabili della sinistra all’interno di un nuovo contesto nazionale e globale. La crisi economica, d’altronde, ha rilanciato la necessità di dare centralità a temi quali i diritti, l’eguaglianza, la redistribuzione della ricchezza, l’accoglienza. In parte è ciò che stiamo facendo laddove Sel è impegnata nel governo dei territori. Le vittorie di Milano, Roma, Cagliari, Genova e nel Lazio, con il contributo di Sel, hanno dato vita a una vera e propria liberazione da una destra gretta e arruffona che danni incommensurabili ha arrecato a questi territori. Ma oggi abbiamo il compito di ricostruire, dalle fondamenta, un nuovo progetto politico per una nuova stagione. La sua buona riuscita dipenderà dalla capacità di Sel di guardare al di fuori di sé lanciando la sfida competitiva agli altri soggetti di quello che, solo poco tempo fa, avremmo chiamato il campo largo della sinistra, tendendo, allo stesso tempo, la mano a chi non sa più identificarsi con i tradizionali soggetti politici.

«Non c’è passione nel vivere in piccolo, nel progettare una vita che è inferiore alla vita che potresti vivere», sosteneva Nelson Mandela. La sinistra deve ritrovare quella passione che non può che nascere da un desiderio superiore alle sue stesse possibilità.