Dopo 20 mesi la Calabria torna alle urne per eleggere il presidente e 32 consiglieri. Dalla scomparsa prematura di Jole Santelli è passato giusto un anno. Dodici mesi di campagna elettorale ininterrotta. Colpi di scena a iosa, sceneggiate e tarantelle. Di rinvio in rinvio, causa Covid, si è arrivati a oggi. E ogni volta le segreterie politiche hanno dovuto ricalibrare tempi, strategie, candidature, alleanze.

La destra ha giocato coperto, forte del 57,2% ottenuto il 26 gennaio 2020. Ha aspettato a ufficializzare il candidato e non si è persa nelle beghe interne che hanno invece dilaniato il fronte avverso. Il Pd è rimasto ibernato fino ai primi caldi estivi. Pesava come un macigno il flop di Pippo Callipo e ancor di più la clamorosa uscita di scena del “re del tonno” che si è dimesso da consigliere dopo pochi mesi. Per un po’ il campo è rimasto sguarnito e sono fioccate candidature e autocandidature. Gli scenari erano i più disparati.

A sinistra si è subito pensato a Mimmo Lucano. Un appello di molte organizzazioni aveva suscitato speranze e illusioni di unire intorno all’ex sindaco di Riace tutto il campo antidestra. Ben presto veti incrociati e anacronistiche rendite di posizione hanno fatto desistere Lucano anche se il suo nome è poi rimasto centrale in tutta questa lunga campagna elettorale. Poi è stato il turno di Carlo Tansi. L’ex capo della protezione civile calabrese si è preso la scena, forte della vittoria alle comunali di Crotone. Personaggio ambiguo, dalla verve populista, si scagliava contro il Put (termine da lui coniato) il «Partito unico della torta», salvo poi, dopo varie peripezie, rinculare verso il centrosinistra Il suo disegno si è frantumato quando è entrato in campo Luigi de Magistris.

Spronato dai suoi fedelissimi in Calabria, il sindaco di Napoli ha fatto sua una vecchia massima: in politica gli spazi vuoti vanno occupati. E lui ha occupato il campo della protesta. Ha assemblato 6 liste e corteggiato Lucano riuscendo a coprirsi a sinistra con il suo fiore all’occhiello calabrese e poi ambientalisti, testimoni di giustizia, professori universitari.

I dem solo in piena estate si sono ricordati delle elezioni e di una candidatura sino ad allora inespressa. Da allora è partito un casting surreale a colpi di interviste. Uno dopo l’altra come birilli sono caduti Nicola Irto, ex presidente del consiglio regionale, Enzo Ciconte, storico dei fenomeni mafiosi e Maria Ventura, imprenditrice del ramo ferroviario. Alla fine la scelta è caduta sulla scienziata Amalia Bruni, neurologa di fama. Sul suo nome si è cementata l’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Una prima volta a queste latitudini. Bruni ha compattato 7 liste, tra cui quella di Tansi, in una gara all’ultimo voto con de Magistris per la seconda piazza. Perché la legge elettorale in Calabria premia con il seggio di consigliere solo il secondo perdente tra i candidati a presidente.

Favorita è la destra che presenta il capogruppo azzurro alla Camera, Roberto Occhiuto. La destra unita come non mai è una macchina da guerra di 8 liste pronta a riprendersi la regione. Infine nel poker d’assi c’è il giamburrasca Mario Oliverio, l’ex presidente che con il dente avvelenato con i suoi ex compagni di partito si candida per fare un dispetto ai dem alla guida di una lista civica.

In questa lunga partita a carte non poteva mancare il jolly. È la sentenza del tribunale di Locri che ha condannato Lucano a 13 anni e 2 mesi. Quanto inciderà sul voto un dispositivo arrivato ad appena 3 giorni dall’apertura dei seggi?