Nel suo ufficio di corso Italia Susanna Camusso volge lo sguardo verso la porta: «Questo sindacato è ancora troppo maschile». Prima e finora unica segretaria generale donna della Cgil, dalla fine del 2010 all’inizio del 2019, oggi responsabile delle politiche di genere e europee, in questo momento la preoccupa soprattutto la «grande rimozione». La rimozione del virus, dei cambiamenti profondi che ha prodotto e sta producendo: «Nella prima fase della pandemia si era fatta strada l’idea della salute come bene collettivo, della cura. Il secondo anno ha cancellato i buoni propositi del primo ed è riemersa quella dimensione individualistica che la violenza del virus aveva sconfitto. Siamo tornati al primato del produrre. All’egoismo per cui già pensiamo alla settima dose mentre il resto del mondo non si può vaccinare. La risposta è: produrre, crescere. Senza pensare a cosa è cambiato in ognuno e ognuna di noi, nel mondo. Abbiamo accumulato paure, rancori, solitudini. Ma manca un’elaborazione collettiva».

Il Covid ha precarizzato ulteriormente vite e posti di lavoro e a pagare il prezzo più alto sono le donne.
Non mi sorprende. Se non vedi che il tema si chiama ’cura’ e la risposta è ’proviamo a fare finta di niente’ chi già era diseguale lo diventa ancora di più. Non ci si rende conto del danno epocale che si produce. Mi colpisce la radicalità con cui ultimamente viene perpetrata l’aggressione alle donne: esplode il part time involontario, ad esempio. Si dà per scontato che debbano essere le donne a regredire. Non avrei mai immaginato di leggere in un decreto che lo smart working non dovesse prevedere congedo parentale. E di fronte alla recrudescenza della violenza di genere la conferenza stampa sulle norme per contrastarla la fanno solo le ministre, dimenticando che gli autori della violenza sono gli uomini.

Spettacolo sorprendente, con Draghi seduto in platea. Eppure non ci si è fatto molto caso.
L’assunzione della responsabilità maschile non viene neanche presa in considerazione. E se il mondo si basa sul principio che le donne per attitudine si occupano della cura quindi va mantenuto il recinto, significa non aver capito niente della dimensione della cura. Nessuno nomina la precarietà come tema che riguarda soprattutto le donne. Nessuno. Non si riesce mai a dire che il lavoro povero è prevalentemente quello delle donne. E non si esce dallo schema crescere, crescere, ma il grande tema è il radicamento dell’ingiustizia sociale.

Lo sciopero generale è parso un’eresia, ed è stato oscurato, come se ai sindacati non si riconoscesse più legittimità.
Lo sciopero è stato aggredito. Come se sia illecito rivendicare migliori condizioni per una parte non indifferente della popolazione. E perché ci sia crescita deve esserci lavoro. S i dice ’ceto medio.’ Dov’è il ceto medio? Si parla di ceto medio come se non si fosse impoverito. Non si vede che gli incapienti sono in crescita. E le donne sono lì: incapienti, con lavori meno pagati. Nessuna riforma delle pensioni sarà una buona riforma se le donne non saranno uguali per diritti. Non l’ho mai sentito dire.

Come invertire la rotta?
Si potrebbero fare cose anche poco ’rivoluzionarie’. C’è la legge sulle quote nei cda. Perché non farla anche per la base del lavoro? Torniamo all’imponibile di manodopera? Sì: ma altrimenti non si cambia. Se le donne sono le più laureate in ingegneria ci deve essere una quota di donne proporzionale alle laureate. Bisogna rompere gli schemi. Va bene dire ’cominciamo dalla scuola’ ma a me preoccupa il mondo di adulti fuori dalla scuola. E le molestie nei luoghi di lavoro, come le affrontiamo? Servono non regole astratte ma qualità delle relazioni. Sento maschi dire ’ma io non picchio nessuno…’, autoescludendosi dal genere maschile. Mentre sono oggettivamente complici, inconsciamente, se di questi temi o se ne occupa una donna o non se ne occupa nessuno.

A destra c’è una leader donna che potrebbe diventare premier. Nel centrosinistra non si vede all’orizzonte.
Le donne di destra hanno bisogno di richiamarsi a modelli autoritari e familistici che tra l’altro neanche praticano per sé. Essere donna non è di per sé una garanzia. Il grande cambiamento introdotto dal femminismo ha riguardato il punto di vista da cui leggere la società. Questo ha a che fare con il potere, la modalità di relazioni, la progettazione di sé come persona e non solo come ruolo che ti è stato affidato.

La sinistra di governo non ha più come priorità il lavoro e i diritti sociali?
La sinistra non ha più fatto del mondo del lavoro il suo insediamento, ha deciso di cambiare rappresentanza e questo produce disorientamento. Nella stagione del Jobs act il lavoro è diventato elemento base della deregolamentazione ed è sempre meno centrale nelle politiche, è una delle facce del neoliberismo. Si frantuma il soggetto collettivo, si riduce il suo potere con delocalizzazioni e deregulation, rendendo difficile che la lavoratrice a part time involontario e il rider si sentano accomunati anche se la loro condizione è la stessa: lo sfruttamento. La sinistra dovrebbe provare a riunificare questo mondo. Ritrovare centralità sul lavoro, che non vuol dire essere sempre d’accordo con il sindacato. Invece con l’enorme quantità di soldi della legge di bilancio distribuisci le risorse fermandoti a quello che consideri ceto medio e alle ’vittime’ dici ’per voi non c’è nulla’? Sei un lavoratore povero, pigro e non meriti nulla? Piangiamo perché non abbiamo risorse per la sanità e intervieni sull’Irap?

Quello del 16 è stato liquidato come sciopero ’politico’.
Non mi stupiscono i commenti di Salvini, mi preoccupa il mondo liberaldemocratico. Certo che uno sciopero è politico. Non capisco chi ha paura del conflitto regolato e non di un processo di silenzioso rancore. Il rancore della solitudine diventa quello sì una rottura sociale. Se a inizio pandemia abbiamo messo in sicurezza i luoghi di lavoro è perché scioperarono le fabbriche della Lombardia. E dopo due anni di Covid non molti avrebbero scommesso su una partecipazione di massa allo sciopero.

Ai tempi del Jobs act Renzi contestava l’arretratezza del sindacato in modo caricaturale…
Ho ancora il gettone. Lo dicevo che era come la Thatcher…

Ma al di là della battuta sulla Cgil con i gettoni del telefono e delle ricette di Renzi, è difficile negare il ritardo del sindacato rispetto alle trasformazioni di un mondo del lavoro sempre più precario e senza diritti e sempre meno rappresentato.
I ritardi li abbiamo avuti e li abbiamo tutti. Non siamo abituati alla velocità delle trasformazioni. Siamo organizzazioni democratiche e partecipate e questo richiede tempo, ma alla fine anche se ci abbiamo messo molto sui rider abbiamo fatto uno straordinario lavoro. E stiamo provando a farlo sulla logistica, anche se con mille contraddizioni e problemi il risultato ancora non c’è. Ma c’è una legge sul caporalato. Il nostro problema è come essere più efficaci nella lettura dei fenomeni. E vanno superati i processi di accentramento, di verticalizzazione. Abbiamo una struttura eccessivamente centrata sulle categorie, sempre meno corrispondenti all’evoluzione dei settori.

Il dibattito politico sta ruotando tutto intorno a Draghi: se non resta premier è una specie di disastro e se non va al Quirinale pure… Possibile che non ci siano altre “risorse”?
Un paese che deve immaginare di avere un’unica risorsa non ha futuro. Che poi non stiamo parlando di un trentacinquenne… Ed è ignobile che questo paese non abbia avuto una donna al Quirinale. Proposte ce ne sarebbero.

Qualche nome?
Ne ho in mente diversi ma non li faccio per non fare dispetti mentre è in azione il tritacarne.

A lei hanno proposto candidature?
Sì, è normale ma ho detto di no. Pensavo che avrebbe fatto bene all’autonomia della Cgil non innescare l’automatismo tra l’essere stati segretari generali e diventare parlamentari. E poi avrei dovuto imparare di nuovo tutto, sono due mestieri diversi. E lo dico con rispetto nei confronti dei politici.