In una zona residenziale a nord del centro storico di Finale Emilia, piccolo comune modenese di cui qualcuno ricorderà l’immagine della Torre dell’Orologio spezzata a metà a causa del terremoto del 2012, in un condominio rosso Giovanni Terruzzi si prende cura della madre, come tutti i giorni. L’appartamento si trova al piano terra. In cucina, pulita e in ordine, ci sono un tavolo e un divano coperto da un telo arancione con un cuscino antidecubito. Maddalena, la madre, ha 80 anni e soffre di Alzheimer. Terruzzi, 61 anni, ex dipendente di una società finanziaria, la assiste in tutto: è un caregiver familiare, una persona che si prende cura volontariamente di un parente non autosufficiente. Di persone come lui, che assistono disabili, malati e anziani, in Italia, secondo dati Istat del 2015, ce ne sono oltre 7 milioni. Rappresentano il 14 per cento della popolazione dai 15 anni in su: il 15,4% delle donne e il 12,5% degli uomini. La fascia di età maggiormente impegnata nell’assistenza dei familiari è quella dai 45 ai 64 anni.

“Di giorno sono sempre qui – spiega Terruzzi –, la faccio alzare, la porto in bagno, poi la accompagno in cucina. Se la tengo su da dietro, pian piano cammina. Si siede sul cuscino, guarda la tv per ore e poi si addormenta. Ogni due ore e mezza la porto a fare pipì e alle 7 la faccio mangiare. Le preparo il frullato perché non ha più i denti. Per lavarla ho bisogno di una mano altrimenti rischio di farle male: è molto delicata”. 

Di sera Giovanni torna a casa dalla compagna, potendo contare sulla presenza notturna di un’amica, a cui ha dato in comodato gratuito una camera dell’appartamento, comprato per poter assistere la madre e il suo compagno, che si è ammalato di cancro ed è stato assistito da Giovanni fino alla morte, nel 2018. Nel 2015 Giovanni ha perso il lavoro e ha deciso di non cercarne un altro, per poter garantire ai suoi cari un’assistenza continuativa.

Il ruolo ricoperto da Giovanni non è ancora tutelato in Italia ma lo scorso luglio alla Commissione lavoro del Senato è ripresa la discussione sul disegno di legge 1461: “Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”, con prima firmataria Simona Nocerino, senatrice del Movimento 5 Stelle. Tra gli interventi previsti ci sono il riconoscimento di 3 anni di contributi figurativi, la possibilità di rimodulare l’orario di lavoro in base all’attività di cura, il riconoscimento delle competenze maturate assistendo un familiare per agevolare il reinserimento lavorativo e la detrazione del 50% delle spese di assistenza. Gli emendamenti, 131, sono stati presentati entro il 22 luglio scorso ma il testo risulta ancora in corso di esame.

Per alcuni è un passo avanti importante, per altri è un provvedimento insufficiente. Secondo Alessandro Chiarini, presidente del Confad, Coordinamento nazionale famiglie con disabilità, è inadeguato: “È indispensabile individuare dei percorsi di sostegno economico, di tutela previdenziale e assicurativa”. Non è al corrente del dibattito sulla legge Oriana Magagnoli che, in un altro condominio a nord est del centro di Finale Emilia, sta giocando a carte con la madre, Gina, che ha 79 anni ed è affetta da demenza. “Soffriva di depressione, quando è morto mio padre in un incidente è peggiorata, poi nel ’97 è morto mio fratello e non è più stata la stessa”. Sua madre la interrompe e indica una foto di famiglia: “Luca”. 

Oriana ha 58 anni, vive nella vicina Bondeno, in provincia di Ferrara, e percepisce un assegno ordinario di invalidità. Quasi tutti i giorni è a Finale per assistere la madre e aiutare il fratello Graziano, che ha un ritardo mentale. Alla mattina Gina frequenta un centro diurno per anziani mentre al pomeriggio è aiutata dalla figlia e da un’assistente domestica che fa le pulizie e le fa compagnia per un’ora. Alle 17.30 un’operatrice del servizio di assistenza domiciliare (Sad) la lava, la cambia e le consegna il pasto. Nel frattempo Graziano torna dal lavoro. La sua presenza è fondamentale durante la notte. “Rimane poco tempo per la vita privata: vengo qui, vado a fare la spesa, vado in farmacia, poi torno qui a farle compagnia e quando arriva sera vado a casa, perché ho anche la mia famiglia. Quando lavoravo ancora era molto difficile”, riflette Oriana. Ed è proprio su chi lavora o chi è costretto ad abbandonare il proprio mestiere che pone l’attenzione Chiarini, presidente del Confad: “Chi fa il caregiver difficilmente riesce a conciliare questa attività con il lavoro – spiega riferendosi a chi convive con un parente con disabilità grave –. Spesso rischia la povertà”. 

Giovanni riesce a far quadrare i conti ma ammette: “per assistere mia madre e il suo compagno ho venduto tutto ciò che era superfluo, come le loro auto”. Poi si alza. Prende un registro su cui annota entrate e uscite: “L’anno scorso sono andato sotto di 300 euro ma nel 2019 di 1000”. Ride nervosamente e confessa: “pensi che sono riuscito a ottenere uno sconto di 30 euro sulla bolletta della luce per gli ausili elettromedicali”.

Anche i servizi pubblici hanno un costo, spiega Letizia Piccinini, assistente sociale del Comune di Finale Emilia: “Il servizio di assistenza a domicilio, il Sad, che può comprendere, ad esempio, il bagno, l’aiuto nell’igiene personale, l’accompagnamento a fare la spesa o la consegna del pasto a domicilio, da noi ha una tariffa oraria di 14 euro”. A pagamento è anche il centro diurno: “per una giornata intera ha un costo minimo di 29.50 euro, 18 euro per la frequenza part-time”. Per coprire spese come queste, si può richiedere l’assegno di cura previsto dalla Regione, la prima ad approvare una legge per il riconoscimento dei caregiver nel 2014.

Oltre agli aspetti economici, è in gioco la salute. Secondo Andrea Fabbo, direttore della Struttura complessa di geriatria – disturbi cognitivi e demenze dell’Ausl di Modena, “ci sono studi che dimostrano che possono esserci ricadute non solo psicologiche ma anche sulla salute dei caregiver. Si ammalano più facilmente”.

Nell’attesa di una legge sui caregiver, il fondo istituito nel 2017 per finanziare interventi legislativi è rimasto inutilizzato. È stato quindi stabilito di dare una nuova destinazione alle risorse del triennio 2018-2020 (circa 68 milioni di euro), che saranno assegnate alle regioni per interventi di sostegno e sollievo a favore di chi assiste un familiare. La legge di Bilancio 2021, invece, rifinanzia il fondo con 30 milioni di euro all’anno fino al 2023 e prevede anche un contributo mensile per madri sole disoccupate o monoreddito con figli disabili: un bonus del valore massimo di 500 euro, disponibile per i prossimi tre anni.

“Una legge sui caregiver – riflette Giovanni prima di tornare dalla madre – potrebbe anche essere positiva ma è da anni che sono stato licenziato e non è ancora successo niente”. Oriana sarebbe felice di ricevere qualsiasi forma di aiuto, ma sa di dover fare i conti con problemi concreti: “quando mia madre non camminerà più, dovrò portarla in una casa protetta perché non sarei in grado di occuparmene e a quel punto non so quanto andrà avanti. Lei e mio fratello vivono in simbiosi, come farò con lui? Non posso lasciarlo da solo”. “Dai!”, interviene Gina indicando le carte. C’è tempo per un altro giro di briscola.

Questo reportage è stato realizzato nel laboratorio di reportage tenuto da G. Battiston e M. Loche per Collettiva.org