La serie A è diventata terreno appetibile per il mondo delle monete virtuali perché, a seguito del decreto «Dignità» approvato dal Parlamento italiano nell’autunno del 2019, le squadre non possono accettare le sponsorizzazioni di agenzie di betting, quelle che alimentano il gioco d’azzardo. Nelle casse delle grandi squadre sono venuti meno 60 milioni da questo genere di sponsorizzazioni, perdite alle quali si aggiungono i mancati introiti dovuti alla pandemia, una condizione in cui versa tutto il calcio mondiale. La lobby calcistica italiana ha esercitato pressioni prima che la legge di Bilancio fosse approvata dal Consiglio dei ministri e poi passata alla discussione in Parlamento, affinché si sospendesse per almeno due anni il decreto «Dignità», ma fino ad ora l’operazione non è andata in porto.

Soldi in grandi quantità, invece, sono stati offerti da gente fin troppo sveglia, che opera sui mercati internazionali delle monete virtuali, e stanno ora affluendo nelle casse delle principali squadre di serie A. I colossi mondiali delle piattaforme di criptovalute hanno deciso di sponsorizzare le grandi squadre che sono con l’acqua alla gola dopo le ingenti perdite causate dal Covid. L’obiettivo sono i tifosi che presto familiarizzeranno con i fan token, le monete virtuali che consentono di operare sulle piattaforme dello sponsor della squadra del cuore, perché gli acquisti dei vari gadget e di ogni altro prodotto legato ai colori della squadra avverrà anche attraverso le criptovalute.

Ha iniziato la Juve degli Agnelli, provata dal fallito tentativo di dar vita alla Superlega e oggi alla ricerca disperata di nuovi guadagni. Con un accordo biennale di 10 milioni di euro, i calciatori bianconeri portano la scritta Bitget sulla manica sinistra della maglia che indossano, sia nelle partite di campionato sia in Europa. La Roma in cambio di 46 milioni si è legata per tre anni a Digitalbits.

L’Inter, lasciata dopo un quarto di secolo dallo sponsor Pirelli, ha raggiunto un accordo di 20 milioni di euro con la piattaforma di valute virtuali Socios.com. La piattaforma di criptovalute che sponsorizza la squadra nerazzurra, nel 2020 ha fatturato un milione di euro grazie alle partite di poker organizzate on-line, quest’anno la svolta si è avuta con l’ingresso di John Gleasure, uno dei fondatori di Dazn, società che detiene i diritti televisivi delle partite della serie A. Gleasure ha orientato Socios.com anche verso il mercato ben più prosperoso delle criptovalute.

L’ultimo accordo in ordine di tempo è stato firmato il 13 ottobre tra la Lazio di Lotito e la cinese Binance, la più grande piattaforma mondiale di criptovalute, diventata il principale sponsor della squadra biancoceleste in cambio di 30 milioni. L’occasione per Binance di mostrarsi al grande pubblico dei tifosi è stata la partita Lazio-Inter, disputatasi all’Olimpico il 16 ottobre, tre giorni dopo la firma dell’accordo, e vinta dalla squadra allenata da Maurizio Sarri. Le due compagini contano un bacino complessivo di circa cinque milioni di tifosi. I fans della squadra biancoceleste da qualche settimana hanno la possibilità di acquistare e vendere fan token, le monete digitali con il marchio Lazio. Una modalità estesa anche ai tifosi delle altre squadre di serie A sponsorizzate dalle piattaforme di valute virtuali e che riguarda il settore commerciale delle società di calcio. Si tratta di un’operazione che porterà nelle loro casse circa 200 milioni.

Questo quadro pone alcune questioni etiche e politiche. Se il Parlamento italiano con il decreto «Dignità» vieta alle squadre le sponsorizzazioni di società che fanno profitti con il gioco d’azzardo, cercando legittimazione nel mondo del calcio attraverso un’operazione di pulizia, perché non fa altrettanto con le società di monete virtuali? Tra i pazienti della clinica scozzese Craig Hospital, specializzata nelle cure da dipendenza, figurano da qualche tempo anche i «Bitcoin blues» soggetti affetti da dipendenza da scambio di criptovalute, la stessa patologia che caratterizza la dipendenza dal gioco d’azzardo.

Certo, in linea di principio non possiamo mettere sullo stesso piano le monete virtuali e il gioco d’azzardo, ma alcuni marchi presenti nella serie A italiana sono caratterizzati da vistose zone d’ombra e i loro profitti presentano dubbia provenienza. Binance, la piattaforma cinese di criptovalute più grande al mondo con sede legale alle Caymann, uno dei principali paradisi fiscali a livello internazionale, risulta essere sotto inchiesta nel Regno Unito per riciclaggio di denaro sporco e per irregolarità fiscali. BitMex, che ha sede nel paradiso fiscale delle Seychelles pur avendo gli uffici e il personale a New York e a Hong Kong, il 10 agosto del 2021, ironia della sorte lo stesso giorno in cui annunciava l’accordo di sponsorizzazione con il Milan, ha pagato una multa di 100 milioni di dollari inflitta dalla Corte federale di Manhattan, perché l’amministratore delegato Greg Dwyer insieme agli altri soci «si è reso disponibile come veicolo di riciclaggio di denaro» come recita la sentenza di condanna. I giudici americani hanno condannato i fondatori di BitMex anche per irregolarità fiscali. Chissà quante operazioni fosche sono state effettuate da BitMex e soprattutto quanti profitti sono finiti nelle tasche dei suoi proprietari se, all’indomani della multa inflitta dalla Corte federale di Manhattan, Greg Dwyer e compagni dichiaravano: «Siamo lieti di pagare una multa di 100 milioni di dollari e lasciarci alle spalle questa vicenda».

Nel mondo delle operazioni virtuali, il confine del rispetto delle regole e dei controlli si assottiglia sempre più. È un mondo che ha attratto anche i capitali illeciti della criminalità organizzata. Intanto il Fondo monetario internazionale (Fmi) denuncia che dal 2017 al 2021 sono stati immessi sul mercato delle criptovalute 16 mila token e ne sono rimasti 9 mila, gli altri 7 mila non risultano acquistati o venduti, sono semplicemente svaniti nel nulla. Che fine hanno fatto? Nessuno lo sa.