La nostra modernità ci ha dimostrato come la realtà virtuale può produrre effetti nel mondo reale. Tale è il caso del sorpasso di Fratelli d’Italia sul Pd in quei sondaggi di cui una politica senza progetto quotidianamente si nutre. Sapevamo già dell’ascesa di Meloni e della spinta che avrebbe avuto dall’essere l’unica opposizione. Ma colpisce che il Pd non riesca a schiodarsi dal 19-20% su cui da tempo si attesta. Un livello basso, comunque al di sotto dell’ambizione di essere pietra angolare nel sistema politico.

Un effetto collaterale del sorpasso potrebbe essere una minore aspettativa di vita per il governo in carica. Salvini è da tempo all’attacco. All’inizio del mese in un’ intervista a una tv locale – Rete Veneto – dichiarava che l’autonomia non sarebbe mai arrivata da un governo di unità nazionale. Si impegnava invece a conseguirla con il futuro governo di centrodestra. In sintesi, chiamava alle armi le regioni leghiste contro il governo in nome dell’autonomia differenziata. Lo stesso Salvini ha ripetutamente candidato Draghi al Colle. La strategia: nuovo capo dello stato, e scioglimento anticipato non appena chiuso il semestre bianco.

La prospettiva di un sorpasso da parte di Meloni può solo rafforzare l’interesse di Salvini a votare appena possibile, mentre è ancora in testa nella competizione. E alla stessa Meloni può sorridere la prospettiva di votare ora, sull’onda del successo. Mentre è interesse comune un voto a breve che renderebbe praticamente certa la vittoria con la legge elettorale che c’è, indubbiamente favorevole al centrodestra. Diminuirebbero anche le probabilità di un intervento in tempo utile da parte della Corte costituzionale, del resto poco efficace per le maglie larghe della pregressa giurisprudenza. Quindi, i tempi brevi consegnerebbero al centrodestra la gestione delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E su questo si gioca il futuro del paese.

Una strategia del centrodestra dunque c’è, persino esplicitata nel binomio autonomia differenziata-presidenzialismo. E il centrosinistra? L’alleanza strutturale Pd-M5S non decolla, e le convulsioni M5S rendono incerta la prospettiva. Anche il voto amministrativo non manda segnali incoraggianti. Per qualcuno si riapre la prospettiva di una legge elettorale proporzionale. Ma i tempi stretti e il sovraccarico di impegni parlamentari rendono oggettivamente più facile bloccarla. Mentre il male oscuro del Pd si chiama, alla fine, mancanza di identità. A chi parla il Pd? A quale paese pensa per il dopo crisi?

Come si intende, ad esempio, ripristinare un sistema sanitario nazionale dissolto dopo la riforma del Titolo V del 2001? Con leggi-quadro a Costituzione invariata? Introducendo una clausola di supremazia nell’articolo 117? Si vuole consolidare il modello delle conferenze e delle concertazioni infinite nelle cabine di regia, con parallela marginalizzazione del parlamento? Quale presenza dello stato nell’economia? E il divario strutturale Nord-Sud? Come rendere possibili ed efficaci politiche nazionali per l’industria, le infrastrutture, l’ambiente, il lavoro, la scuola, l’università? Come si concilierebbero con l’autonomia differenziata, sulla quale il Pd continua a tacere?

Affinché il governo e la legislatura durino si richiede un pensiero strategico e progettuale, che al momento manca. Per il Quirinale va poi considerato che non ci sono candidature formali e discorsi programmatici. Le camere riunite sono un seggio elettorale, e chiunque può essere votato. Se tutto rimanesse come oggi, il centrodestra potrebbe far confluire i suoi voti su Draghi sin dalla prima votazione, ipotecando l’esito. Con quale candidatura il centrosinistra potrebbe competere? Mettendo in campo la Cartabia, Cassese o Amato? O rivotando comunque Mattarella, e creando l’inedita competizione fra un capo dello Stato uscente e un presidente del consiglio subentrante?

Uno scenario da evitare. Ma questo si può fare con una dichiarazione di disponibilità alla conferma di Mattarella – che sembra allo stato assai improbabile – o un’esplicita dichiarazione di indisponibilità di Draghi. Ma il personaggio parla poco, il che è in genere apprezzabile. Può non esserlo in questo caso.