E’ stata una mossa giusta quella di Alexis Tsipras di cercare un confronto diretto con la leadership europea alla ricerca di uno sbocco politico alle complicazioni create dall’avvento della ex troika, ora Brussels Group, ad Atene una settimana fa. Il confronto politico favorisce il più debole da molti punti di vista:dal punto di vista dei trattati (tutti gli stati membri sono formalmente pari grado) ma anche dal punto di vista delle procedure, politiche e non certo tecniche.

Ieri mattina infatti è stata ottenuta un’interpretazione autentica di quanto era stato deciso all’eurogruppo il 20 febbraio: le riforme sono decise da Atene e l’impegno di nuove misure di austerità preso dal precedente governo di destra non è più in discussione.

Sembra una cosa da poco ma non lo è. Il problema era nato proprio dal modo di interpretare il compito “tecnico” assunto dai controllori della ex troika durante la loro visita ad Atene: in sostanza, si sono presentati con il vecchio elenco (licenziamenti di impiegati statali, nuovi tagli alle pensioni, privatizzazioni a ritmo forzato) e pretendevano impegni che i loro interlocutori, tecnocrati del ministero delle Finanze, ovviamente non avevano la possibilità di dare. Ecco perché si era scatenata a Bruxelles la tempesta calunniosa contro i greci «esperti in Che Guevara ma a digiuno di economia». Ecco perché un alto burocrate della Commissione si era permesso di definire le misure legislative per la catastrofe umanitaria un’azione «unilaterale». Con il presidente dell’eurogruppo che ha innocentemente ipotizzato una soluzione tipo Cipro anche per la Grecia, provocando la fuga dalle banche greche di qualche centinaio di milioni.

Nella riunione a otto della notte di giovedì, Tsipras ha avuto la possibilità di gestire a suo piacimento le contraddizioni che lacerano (in maniera sotterranea ma molto reale) la leadership europea. La Merkel ha capito che non poteva tirare oltre la corda e ha dovuto accettare l’offerta greca: riconoscere che nel paese c’è una crisi umanitaria che va affrontata e lasciare libera Atene di elaborare un piano completo delle riforme progettate, con previsioni di costi e ricavi. Alla fine il piano sarà valutato dall’eurogruppo e, se tutto va bene, la Grecia incasserà l’ultima tranche del finanziamento europeo di 7,2 miliardi e forse anche quei 1,9 miliardi che le spettano e che ora (inspiegabilmente) rimangono in mano alla Bce.

Tsipras ha assicurato che lo stato greco non rischia di sospendere i pagamenti, ma ha riconosciuto che c’è carenza di liquidità. Atene può ancora contare sul surplus primario ottenuto alla fine del 2014 e si è anche guadagnata la libertà di regolare il surplus per l’anno in corso «in base all’andamento dell’economia greca».

Ieri è entrata in vigore la legge che permette ai debitori verso il fisco di pagare fino a cento rate. I debiti ammontano a una novantina di miliardi ma il governo spera di incassarne da uno fino a una ventina, non di più. La maggioranza dei debitori debbono fino a 5.000 euro, mentre i debiti più consistenti gravano su una quarantina di aziende, tra le quali ci sono i mezzi d’informazione in mano agli oligarchi.

Nel piano di riforme elaborato da Varoufakis è prevista, com’è noto, anche una riforma fiscale, non particolarmente radicale: mira principalmente a colpire la diffusissima evasione dell’Iva. Sarebbe opportuno che il popolare ministro riflettesse su come far pagare le tasse agli oligarchi, anche gli armatori, senza subire il ricatto della delocalizzazione o della chiusura delle attività.

Rimane il fatto che la Grecia deve pagare in interessi e in saldo parziale del debito un totale di 29 miliardi entro quest’anno. La scadenza più importante è a fine giugno, quando scadono bond per circa 13 miliardi, una cifra insostenibile per le casse greche.

Ed ecco il problema dei problemi, il debito greco, che ancora non è stato affrontato. Oramai però abbiamo capito qual’è la strategia di Atene: definire in piena autonomia la sua politica economica e trattare con i creditori fino all’esaurimento. Archiviate le misure di austerità, l’obiettivo è evitare a tutti i costi un nuovo debito, affrontare al più presto il problema fiscale e riuscire infine a essere inseriti nel quantitative easing di Draghi.

La strada è piena di insidie. Per la destra liberista europea non è per niente facile permettere alla Grecia di cambiare strada. Ma non può fare altro che trattare.