L’impotenza dell’attore di fronte alle parole da interpretare e specularmente l’impotenza dei sentimenti a farsi largo nelle derive dell’esistenza. Non è la prima volta che arte e vita, verità e finzione si intrecciano. Potremmo chiederci, ogni volta che ciò «accade» sulla scena, dove comincia l’una e finisce l’altra. Con Pascal Rambert (direttore del Théâtre de Gennevilliers, alle porte di Parigi) la ricerca dell’equazione ha un che di famelico, di esasperato contrappunto.

 

 

Uno schema del genere s’era già visto nel precedente Clôture de l’amour. Ora si rinnova amplificandosi: e da due voci passa a quattro. Prodotto come quello da Emilia Romagna Teatro, la nuova Prova (versione italiana di Répétition) riabbraccia Luca Lazzareschi e Anna Della Rosa, recluta Laura Marinoni e Giovanni Franzoni, e con questa davvero formidabile «struttura» narrante, mossa dallo stesso Rambert (traduzione di Bruna Filippi) dopo il debutto dei giorni scorsi all’Arena del Sole di Bologna è approdata al Fabbricone di Prato.

 

 

 

La pièce scava nel linguaggio, nel potere suggestivo e seduttivo della parola. Non sarà allora vano ricordare che fra «prova» e «répétition» si insinua un sottile distinguo: più orchestrata dall’immaginazione la prima, più dettata dal calcolo la seconda. Nell’uno o nell’altro senso, fra i quattro protagonisti, due attrici, uno scrittore, un regista, un tavolo, un palcoscenico vuoto, una prospettiva senza panoramiche, si produce un corto circuito di amara, assordante fatalità. Riflessioni a raffica come fiamme ossidriche e fuochi fatui, le fiamme della passione e le fiammelle della memoria, accensioni, esplosioni, evocazioni, rabbie da circoscrivere e silenzi da esplorare, forse c’era una volta la politica, di sicuro c’è la fine dell’ideologia. Dove finisce, ad ali spiegate, un monologo dopo l’altro, l’angelo del sapere, in questa apocalisse di coscienze, dove frullano e rimbalzano i pensieri, scritti esibiti fraintesi?

 

 

 

Se Lo stupore della notte cantato da Mina fa da spartiacque emotivo, sarà il cinema a raccogliere tutti detriti della memoria. Sulla scalinata di Odessa arrossata dal sangue dei fucili dei cosacchi rovinano attese e illusioni: «Chi non ha vissuto negli anni prima della rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere» diceva Talleyrand.
In tournée dal 9 al 13 al Verdi di Padova, dal 15 al 20 al Verga di Catania, dall’1 al 10 aprile al Piccolo di Milano.