Quella notte di maggio di tre anni fa, chiamando da Parigi (dove partecipava a un vertice dell’Ocse) la Questura di Milano, Silvio Berlusconi non «indusse» i funzionari di polizia a consegnare Ruby a Nicole Minetti violando l’obbligo di affidarla a una comunità, piuttosto li «costrinse» «abusando della sua qualità e dei suoi poteri» di presidente del Consiglio. Sta tutta in questa diversa e più grave valutazione dei giudici rispetto alle richieste della pubblica accusa la spiegazione dei sette anni di pena inflitti al Cavaliere. Sì perché con la (blanda) legge anticorruzione approvata dallo scorso parlamento, le fattispecie di concussione sono state sdoppiate. Tanto che l’introduzione della concussione per «induzione» fece parlare di «favore» a Berlusconi che avrebbe potuto giovarsi della riduzione di pena (e dei termini di prescrizione) prevista per quel – nuovo – reato. L’attuale presidente della commissione che dovrebbe riscrivere la Costituzione, il deputato del Pdl Sisto, con un emendamento ad personam provò a eliminare ogni dubbio, specificando che senza passaggio di denaro non si sarebbe prodotto il reato. Fu costretto alla retromarcia. Con il senno del poi tentativi e polemiche sono stati ugualmente inutili, perché la quarta sezione penale del tribunale di Milano ha condannato Berlusconi per la vecchia «costrizione», applicando la pena minima prevista dalla nuova formulazione del codice penale, sei anni (più c’è la prostituzione minorile «in continuazione»).

Quello che spaventa Berlusconi più ancora della condanna alla reclusione – che non sconterebbe in ogni caso in carcere, data l’età – è l’interdizione dai pubblici uffici, quindi dalla carica di parlamentare, che il tribunale ha stabilito come «perpetua» così come impone il codice penale per reati di tale gravità. Il Cavaliere ricorda bene che il ritardo di quindici mesi (tra la condanna definitiva e le dimissioni) con il quale la camera fece decadere Cesare Previti fu giustificato dall’equivoco sulla «temporaneità» dell’interdizione. Temporanea (cinque anni) è anche l’interdizione che accompagna la condanna nel processo Mediaset, che può diventare effettiva la prossima primavera in Cassazione. Infine la sentenza Ruby porta con sé anche l’interdizione «legale» durante l’espiazione della pena, anche questo è previsto dal codice: in pratica Berlusconi perderebbe per sette anni la capacità di agire come imprenditore.
Trattandosi di una condanna in primo grado, l’interdizione legata al processo Ruby è meno urgente di quella legata al processo Mediaset, ma la sua qualifica come «perpetua» la rende ugualmente preoccupante per Berlusconi. Su entrambe dovrà giudicare la giunta del senato, che ha tempi non brevi e prevede che l’interdetto venga ascoltato dai senatori con tanto di difensori al fianco. La stessa giunta, probabilmente il 9 luglio ma la conferma ci sarà solo domani, comincerà a istruire la pratica dell’ineleggibilità del cavaliere sulla base della legge del ’57. In questo caso i tempi sono più rapidi e l’aula di palazzo Madama potrebbe votare sulla decadenza di Berlusconi prima della pausa estiva o alla ripresa. Ma bisognerebbe che la maggioranza dei commissari Pd decidesse di rovesciare l’impostazione di comodo che ha garantito il seggio al leader del centrodestra negli ultimi vent’anni. Ed è improbabile.