Un «inguaribile curioso» su tutto quanto circondava il mondo della musica. Lucio Battisti che emerge dal secondo e anche ultimo capitolo dell’operazione Masters – un box di quattro cd con 48 pezzi «storici» rimasterizzati a 192kh/24 bit in uscita oggi per Legacy/SonyMusic – è un ricercatore che mai resta fermo sulle certezze di dischi comunque best seller e dominatori per un ventennio delle classifiche, ma si muove di progetto in progetto sempre alla ricerca di qualche idea nuova e sofisticata – ma al contempo accessibile – per le sue architetture strumentali. Da Non é Francesca passando a L’aquila a Io ti venderei, Donna Selvaggia donna ai brani del dopo-Mogol Per altri motivi, Che vita ha fatto, Tubinga,è tutto immerso in un ambiente sonoro sempre diverso, e altrettanto affascinante.

COME nel primo volume Masters 2 si arricchisce di belle immagini in bianco e nero e delle testimonianze di musicisti e produttori che hanno condiviso le scelte artistiche di Battisti fino alla separazione da Mogol e la decisione – con gli album «bianchi», di limitare la scelta degli strumentisti e di registrare a Londra. Della passione verso il blues e la musica nera in particolare, parla Alberto Radius: «La prima volta che mi fece ascoltare Il tempo di morire chitarra e voce rimasi sbalordito.

Perché lui aveva anche il dono ritmico che non è qualcosa che dai per scontato in una chitarrista – Partiva con la chitarra e poi subito la ’mela in bocca’ che ti fa capire immediatamente il riferimento a Otis Redding. Era una canzone diretta che fatta alla chitarra e con voce sporca ti faceva venire i brividi».

UNA PROGETTUALITA’ visionaria: Battisti quando entra in sala di registrazione ha già in mente arrangiamento, suoni e tipo di interpretazione: «Era meticoloso – spiega Mario Lavezzi – era basico nella musica, quintessenziale. A volte ascoltava gli arrangiamenti e diceva che c’era troppa confusione, voleva asciugare i brani, renderli meno carichi di suoni». «Oggi prevale la velocità anche nel campo della musica -chiosa Lavezzi, noi abbiamo vissuto da privilegiati, un nuovo illuminismo negli anni ’60, ’70, un pulsare di creatività in tutti i settori, una umanità che spingeva per la creativa e il cambio di costume e tra questi innovatori c’è stato anche Lucio».