«Sì, sono femminista». Angela Merkel si confessa pubblicamente e per la prima volta risponde a tutte, ma proprio tutte, le domande sulla sua sfera privata che per sedici anni ha mantenuto più che segreta. A cominciare dal quesito stampato nella testa di 83 milioni di tedeschi: cosa farà l’ex “Ragazza dell’Est” alla fine del suo quarto mandato da cancelliera?

«Voglio scrivere? Parlare? Fare un viaggio? Starmene a casa? Oppure andare in giro per il mondo? Per il momento ho deciso che non farò assolutamente nulla. Aspetterò a vedere cosa succede e questo, secondo me, sarà molto affascinante» scandisce Mutti dal palco del teatro di Düsseldorf dove è stata invitata per un dialogo al femminile con la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, l’editrice Miriam Meckel e la giornalista Léa Steinacker. E per una volta la cancelliera lascia da parte la politica per far conoscere gli aspetti meno noti della sua vita intima: dalla morte della madre fino alla sua coscienza.

«Il mio momento più difficile? Indubbiamente la crisi dell’Euro quando ci aspettavamo così tanto dai cittadini della Grecia» mentre «l’istante più bello coincide con ogni volta che sono riuscita a trovare un compromesso, come ad esempio in occasione del Trattato di Lisbona che ha posto l’Unione europea sopra a una nuova base. Ma anche quando i capi di Stato, dopo una lunga discussione, l’anno scorso sono riusciti a trovare l’accordo sul pacchetto finanziario per contenere gli effetti della pandemia. Ecco, allora sono stata felice».

Prima di svelare il segreto della sua formazione personale, troppo spesso ridotto alla disciplina da “figlia del pastore” nella Ddr.

«Da bambina sono cresciuta insieme a persone con handicap mentale e non ho mai avuto paura del contatto con loro. Ma devo molto anche ai miei studi universitari di Fisica: in Facoltà circa l’80% degli studenti era costituito da maschi e quando iniziavamo gli esperimenti spesso non riuscivo ad avere un tavolo per me. Lì ho imparato a lottare per trovare un posto in un ambiente totalmente dominato dagli uomini».

La proverbiale riservatezza?  Spicca in qualunque intervista fin dai tempi di Helmut Kohl ma si acuisce con la scomparsa della madre Herlind il 6 aprile 2019. «È difficile quando ti accade qualcosa di profondamente privato ma allo stesso tempo sei in balìa della dimensione pubblica. Ti rendi perfettamente conto che la gente ti guarda chiedendosi se riesce a scorgere qualche segno dentro di te. Allora devi costruirti il tuo spazio personale e non lasciare entrare nessuno che non vi appartenga».

Quindi Merkel risponde al dubbio su cui si arrovella l’intero mondo politico. Direbbe di nuovo «Ce la facciamo» durante l’emergenza-migranti dell’estate 2015? Non era forse un invito a tutti i richiedenti asilo a venire in Germania? «No, non la penso per niente così. All’epoca i rifugiati erano già alle porte del Paese e dire loro: “Adesso ve ne tornate a casa attraverso il Mediterraneo” per me non era la strada giusta».

Finché la cancelliera affronta il nodo del femminismo trovando finalmente la risposta alla domanda che le venne formulata nel 2017 nel corso del summit sulle donne con Ivanka Trump e la regina Maxima d’Olanda. Angela Dorothea Kasner si definirebbe femminista?

«Sì, sono femminista. Tutti dovrebbero esserlo. Oggi posso affermarlo con assoluta certezza. All’epoca, invece, sul palco sono stata un po’ timida». Dal pubblico scatta la standing-ovation.

Precede l’ultimo quesito di natura morale. La cancelliera, da cristiana e democratica, lascia la carica con la coscienza pulita? «Sì. Sono convinta di avere fatto la mia parte».