I film comici e le commedie non sono certo il genere di pellicole a cui si pensa immediatamente quando si parla di cinema giapponese, anche se la vastità dell’offerta e la profondità dell’interesse causati dall’avvento di intenet ha in questi anni cambiato questa situazione. Resta il fatto che molte volte la comicità nipponica funziona anche al di fuori dell’arcipelago mentre altre volte, soprattutto quando si basa su situazioni locali legate ad una certa zona, può anche non fare presa su un pubblico internazionale.

Per queste ragioni, nella cinematografia giapponese, le commedie restano probabilmente ancora oggi il territorio filmico meno rappresentato ed esplorato fuori dal Sol Levante, pur godendo di un grande successo di pubblico in patria.
Dal 3 ottobre fino al 30 novembre un’interessante serie di proiezioni all’Istituto Giapponese di Cultura di Roma, Cine Comedy in Japan, cerca di rompere questa barriera proponendo sette film appartenenti a questo genere.

Proprio oggi, venerdì 10 novembre, alle 17 sarà proiettato Bande di teppisti a Kishiwada (Boys Be Ambitious), diretto nel 1996 da Kazuyuki Izutsu, una commedia con venature esistenziali con cui la casa di produzione Shochiku riuscì a mettere insieme un gruppo di comici della zona del Kansai legati alla compagnia Yoshimoto Kogyo. Comici che nei vent’anni successivi sarebbero diventati volti popolarissimi della televisione giapponese, a partire proprio dai due protagonisti, i due giovani teppistelli interpretati da Hiroyuki Yabe e Takashi Okamura, duo più conosciuto come Ninety-nine.

Il film è ambientato a metà degli anni settanta nella cittadina di Kishiwada, prefettura di Osaka, e racconta le vicende di un gruppo di giovani costantemente «impegnati» in pestaggi con bande rivali.
Ciò che colpisce di più nel film, che nell’anno di uscita vinse anche il prestigioso riconoscimento Blue Ribbon, è il tono che Izutsu e collaboratori riescono ad infondere alla pellicola, non proprio comico, anche se non mancano i momenti in cui si ride anche se spesso con venature surreali, ma fra ambientazioni di periferia con padri attaccati alla televisione e madri costrette a lavorare, scena dopo scena, emerge un quadro sociale dalle forti venature amare.

Izutsu, ora anche critico e volto popolare in televisione egli stesso, è molto abile a dirigere un gruppo di giovani comici e a raccontare, con il sorriso sulle labbra, le difficoltà adolescenziali di chi è nato e abita in una zona povera dello sprawl metropolitano di Osaka, fra scuola, lavori saltuari e l’inevitabile tentazione di diventare uno yakuza. Così come avrebbe poi ripetuto in Hero Show nel 2010, quando diresse un altro duo di giovani comici in una storia ancora più brutale di questa, la bravura di Izutsu è quella di trasformare i due protagonisti, ma soprattutto Yabe, in personaggi complessi ed in fondo molto veritieri in cui traspaiono tutti i dubbi e le difficoltà legati al periodo di crescita di un ragazzo in una zona difficile.

Il successo del film, che è tratto da una serie di romanzi, diede il la ad un sequel, Young Thugs: Innocent Blood ed un prequel, Young Thugs: Nostalgia, entrambi diretti da Takashi Miike sul finire degli anni novanta.
I piccoli locali di okonomiyaki frequentati dai protagonisti, la piscina comunale, le conversazioni in autobus ed in generale il paesaggio da borgata della cittadina, uniti alla parlata vernacolare così tipica della zona di Osaka, donano al film una qualità tutta particolare ed un sapore da «Giappone Showa» che resiste bene anche a vent’anni di distanza.

matteo.boscarol@gmail.com