Nessun atto di clemenza nei confronti di Silvio Berlusconi, altrimenti «potrebbero profilarsi gli elementi per chiedere l’impeachment» del capo dello stato «per attentato alla Costituzione». Il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro, ormai costretto a rincorrere, si accoda ai 5 Stelle. Che a loro volta, dopo aver appunto ipotizzato una richiesta di messa in stato d’accusa del presidente della repubblica, subito rilanciano e con Beppe Grillo in persona suggeriscono a Giorgio Napolitano di dimettersi subito. Perché se il Cavaliere «sarà salvato, moriranno le istituzioni» e Napolitano «uscirà di scena nel peggiore dei modi», scrive sul suo blog il leader del MoVimento.

L’eventualità di avanzare richiesta di grazia, dopo la nota diffusa dal Quirinale martedì sera, è invece presa in seria considerazione dal leader del Pdl. Che anche se dal presidente della repubblica non ha potuto ottenere garanzie sull’«agibilità politica» richiesta (la possibilità di candidarsi), proprio per questo comincia a ragionare su tempi più lunghi e sconsiglia ai suoi fughe in avanti. Del resto con il suo comunicato Napolitano ha blindato il governo e le larghe intese allontanando nettamente le elezioni, e quindi è sull’asse Quirinale-palazzo Chigi che all’ex premier conviene collocarsi se non altro per provare a ridurre il danno. Dunque, «allo stato ci sono buone probabilità» che la grazia verrà chiesta, spiega l’avvocato Franco Coppi, difensore di Berlusconi. Ancora più esplicito, in un’intervista a Radio Capital poi smentita (ma a confermare quanto detto c’è l’audio registrato), era stato l’avvocato Piero Longo: «La grazia verrà prima o poi formalmente richiesta. L’agibilità politica è altra cosa, ma se venisse chiesta e data la grazia ci potrebbero essere novità perché questa potrebbe riguardare parzialmente la pena. Anche le pene accessorie». Nessun pericolo, dunque, per la tenuta del governo. Il tentativo di smentita di Longo arriva perché nel Pdl continuano a volteggiare i falchi, che prendono molto male le parole del difensore del capo. In molti, sentendo odore di trappola, sconsigliano infatti al Cavaliere di chiedere la grazia, perché sarebbe come ammettere la colpa e comunque non risolverebbe il nodo dell’incandidabilità. Ma, appunto, è poi Coppi a tornare sulla questione grazia ritenendo plausibile una richiesta in tal senso.

Per il momento, dunque, nervi saldi e falchi pidiellini tenuti sotto controllo. Anzi, con la nota del Colle «i falchi sono stati sconfitti e prevale il senso di responsabilità», assicura Maria Stella Gelmini. Proprio così, incalza Sandro Bondi, negando l’esistenza di divisioni nel partito di Arcore: «Tutto il Pdl – giura il coordinatore – non può che essere a favore della stabilità del governo e battersi con intelligenza a favore della difesa della dignità politica della storia del presidente Berlusconi. La nota del presidente della repubblica va letta come un manifesto che comprende la complessità della condizione del nostro Paese. Il risultato finale dipenderà dalla saggezza e dal senso di responsabilità di tutte le parti in gioco, nessuna esclusa». «Bisogna tornare al dialogo costruttivo. Il ritorno alle urne non è una strada percorribile, almeno nel breve periodo. Pertanto, i posizionamenti strategici e le chiusure ideologiche non hanno più senso», concorda Mara Carfagna.

La crisi sembra allontanarsi. E dunque nel Pd si preferisce stare a guardare, senza sbilanciarsi. Si levano voci isolate, come quella di Corradino Mineo: «Potete rigirarlo come volete il testo del Quirinale, ma il punto non cambia. Berlusconi vi appare come un leader non del nostro passato ma del futuro», scrive il senatore Pd sul suo blog. Invece a destra c’è chi spera di essersi finalmente liberato dell’ingombrante figura. «Bisogna guardare avanti, sono pronto a candidarmi per la premiership», si lancia il leghista Flavio Tosi. E pure Giorgia Meloni ci riprova: «Ci vediamo a settembre per aprire una nuova stagione del centrodestra».