Notizie buone e cattive si susseguono e si intrecciano senza soluzione di continuità al Salone del Libro di Torino. Ieri, nel giro di poche ore, i frequentatori della più importante fiera editoriale italiana hanno ascoltato dichiarazioni all’apparenza discordanti.

DA UN LATO, le giustificate manifestazioni di entusiasmo degli aderenti all’Adei, l’associazione degli editori indipendenti, per i risultati eccellenti registrati quest’anno («il fatturato cresce del 28% rispetto al 2020», ha sottolineato il presidente Adei Marco Zapparoli, della casa editrice Marcos y Marcos), dall’altro i toni preoccupati di Marino Sinibaldi, presidente del Cepell, il Centro per il libro e la lettura, a commento della ricerca Leggere in pandemia #1 – Nuovi percorsi di lettura degli italiani (realizzata dall’ente in collaborazione con l’Associazione italiana editori), che ha messo in luce un calo impressionante, quasi il 10%, dei lettori nel nostro paese: dal 65% del 2019 al 59% nel 2020, al 56% di quest’anno.

SEMBRANO CIFRE inconciliabili. E tuttavia, andando oltre la superficie dei grandi numeri, emerge un quadro in cui la complessiva tenuta del mercato del libro, nella quale si inserisce il notevole aumento in termini di fatturato delle case editrici indipendenti (non legate cioè ai grandi gruppi: Mondadori, Gems, Giunti, Feltrinelli), può coesistere con la costante diminuzione delle persone che dedicano almeno una parte del loro tempo alla lettura.

LA CONTRADDIZIONE, in effetti, si spiega rapidamente. Se, come abbiamo visto, sono sempre più numerosi i non lettori, e restano sostanzialmente invariate le cifre relative ai cosiddetti lettori deboli (quelli che nell’arco di un anno non si accostano a più di tre libri), durante la pandemia i lettori forti – etichetta con cui in Italia si definiscono coloro che, sempre nell’arco di un anno, leggono 12 o più libri – hanno sviluppato un amore ancora più evidente per la lettura. Sono di fatto loro, il 9% tra i lettori e di conseguenza il 5% circa degli italiani, ad avere retto sulle loro spalle il mercato librario – non solo leggendo sempre di più (in media 17 libri nel 2021, erano 14 nel 2020), ma anche comprando più di prima: mediamente 12,3 libri, due e mezzo in più dell’anno precedente.
«Il risultato – commenta la ricerca Cepell-Aie – è un mercato sempre più concentrato». E, sottolinea Sinibaldi, polarizzato: «Le differenze geografiche, anagrafiche, di genere, di reddito pesano sulla lettura ancora più che in passato».

LO CONFERMANO le cifre: basti pensare che al Nord il calo dei lettori tra il 2019 e il 2021 è stato di 4 punti percentuali (dal 63% al 59%), mentre nelle regioni meridionali si è passati dal 41% del 2019 al 40% del 2020 e al 35% del 2021 – una forbice, dunque, che continua ad allargarsi.
In questo quadro non è azzardato pensare che la crescita delle case editrici indipendenti (ormai prossime, secondo i dati Adei, a raggiungere per fatturato complessivo le majors: 48,6% contro 51,4%) si possa almeno in parte ricondurre alla posizione dominante dei lettori forti, più attenti al lavoro di ricerca e sperimentazione tipico delle sigle minori.

MA ISABELLA FERRETTI, responsabile della casa editrice 66thand2nd e vicepresidente Adei, non è d’accordo: «Questi risultati dipendono innanzitutto da misure pubbliche a lungo attese, in primo luogo la legge sul libro che, bloccando lo sconto al 5%, ha posto un argine a una situazione che costringeva alla marginalità gli editori più piccoli. È la dimostrazione di quanto conti una politica seria per la lettura ed è uno stimolo a proseguire in questa direzione perché il libro diventi ovunque un oggetto accessibile a tutti».