A quattro mesi dall’annuncio della Farnesina di ritorno dell’ambasciatore italiano e al Cairo e a tre dal suo effettivo rientro in Egitto, la procura generale egiziana ha consegnato agli avvocati della famiglia Regeni gli incartamenti delle indagini svolte in questi due anni.

I faldoni sono già a disposizione della procura di Roma. Sono ovviamente in arabo (la traduzione richiederà tempo), ma cosa contengano per ora non è noto. Interrogatori, indagini su Giulio? Difficile, sebbene sia accertato che la sicurezza nazionale lo controllava, anche tramite il sindacalista degli ambulanti Abdallah.

Non c’è tutto, notato i legali: l’intero plico sarebbe enorme. E il team del pm Colaiocco aggiunge che ad un primo esame sembra trattarsi degli stessi documenti già arrivati dopo la rogatoria della procura italiana.

L’ambasciatore Cantini festeggia: è la prova che il suo rientro è servito. È così? In assenza ancora della figura investigativa che avrebbe dovuto accompagnarlo e nella speranza che quei documenti non siano materiali selezionati, accuratamente depurati o atti a individuare facili capri espiatori, a molti resta l’amaro in bocca: il responsabile politico della morte di Giulio è già noto.

È il regime egiziano, quello che ieri ha ricevuto la visita del commissario Ue per la migrazione: Dimitris Avramopoulos ha lodato il presidente golpista al-Sisi per aver protetto il paese «dai disordini e contribuito a salvare il Medio Oriente e dunque l’Europa» e messo in moto la macchina della cooperazione per il contrasto all’immigrazione illegale.

Intanto in mare iniziava l’estrazione di gas nel mega bacino Zohr dell’Eni. Sono lontanissime le migliaia di vittime del regime. Senza giustizia, potrà esserci verità?