Ogni voto conta. Questo il mantra che ripetono i due candidati, Chp e Akp, alle nuove elezioni amministrative a Istanbul, previste per il prossimo 23 giugno.

Da un lato Ekrem Imamoglu, candidato repubblicano che dopo la vittoria del 31 marzo è rimasto in carica soltanto 18 giorni. La Commissione Elettorale Suprema (Ysk) gli ha revocato il mandato a causa di presunte irregolarità nella composizione dei seggi elettorali, ma a distanza di settimane non ha ancora pubblicato le motivazioni (un documento di ben 200 pagine). Un macigno che pesa sulla città e sull’istituzione stessa, le cui decisioni non sono impugnabili in alcuna sede legale e dovrebbero pertanto rispondere a criteri di massima trasparenza.

L’Akp ha confermato la candidatura di Binali Yildirim che, trincerato dietro lo slogan #CunkuCaldilar (#perché hanno rubato), cerca di recuperare quei risicatissimi 25mila voti che ne hanno decretato la sconfitta. Secondo molti analisti, sono poche le possibilità di consistenti travasi di voti da uno schieramento all’altro. Il vero ago della bilancia saranno gli astenuti, un 15% che può fare la differenza.

Poi c’è la paura dei brogli. Il governo di Erdogan ha dimostrato di non sapersi fermare di fronte a un risultato elettorale sfavorevole. Il quotidiano kemalista Cumhuriyet denuncia la scomparsa di molte persone dalle liste elettorali utilizzate il 31 marzo, sostituite con nominativi diversi. Le opposizioni hanno invitato i cittadini a verificare presso le anagrafi e a presentare eventuale richiesta di correzione.

Un’altra incognita è rappresentata dal voto curdo. L’Hdp ha rinnovato l’indicazione di sostenere Imamoglu, lanciata dal leader Selahattin Demirtas dal carcere il marzo scorso. Filiz Keresecioglu, parlamentare dell’Hdp, sostiene che dopo la scellerata decisione della Ysk, anche nell’ovest hanno sperimentato ciò che accade nell’est, dove i sindaci di opposizione sono stati da tempo esautorati. Questo cementerà ancora di più il sostegno curdo a Imamoglu.

Ma l’Akp, con una mossa a sorpresa, ha riaperto i canali di comunicazione con Abdullah Ocalan, il leader del Pkk detenuto in isolamento completo sull’isola-prigione di Imrali da diversi anni. Permettere l’accesso agli avvocati pare essere un tentativo di riavvicinamento di cui è difficile determinare l’esito.

Ma si apre un nuovo capitolo nella crisi dei missili S400 che la Turchia sta comprando dalla Russia. Fonti del Cremlino denunciano un ultimatum ad Ankara degli Stati uniti, ostili all’acquisto: entro l’inizio di giugno va cancellato. Il ministro della difesa turco, Hulusi Akar, ha dichiarato che il paese si sta preparando a eventuali sanzioni americane e definisce l’accordo ormai fatto. Lo sdegno antiamericano della popolazione, che si sente sotto ricatto, può giocare a favore della retorica nazionalista del governo nelle urne di Istanbul.