La prima esibizione pubblica della canzone di Italo Calvino, Dove vola l’avvoltoio, avviene al corteo Cgil del primo maggio 1958, a Torino ed è un testo che rinvia esplicitamente ad alcuni temi del narratore (alla raccolta Ultimo viene il corvo). Il recupero della cultura popolare è ben presente, probabilmente anche sulla scia degli studi di Ernesto De Martino usciti in quegli anni, nella musica relativamente facile, nella cantabilità del linguaggio, ma è una cultura popolare che non vuole aver niente a che fare con le caramellose sdolcinatezze del festival di San Remo: niente “grazie dei fior”, niente “son tutte belle le mamme del mondo”, niente “papaveri e papere”. Il motto del gruppo che, insieme a Calvino, ha prodotto Dove vola l’avvoltoio è preciso:”evadere dall’evasione”. Il gruppo si chiamò Cantacronache, evidente variante significativa del termine “cantastorie”, con un richiamo preciso all’attualità e alla realtà. L’idea era partita da un musicista di estrazione classica, Sergio Liberovici, critico musicale dell”Unità” che resta folgorato da uno spettacolo al Berliner Esnsemble, dove ascolta le canzoni di Brecht musicate da Dessau. Ecco finalmente la canzone realistica e insieme fantastica, parodica, ma legata al terreno solido di quello che accade intorno a noi. Brecht era un modello, ma c’erano in Italia anche gli echi sparsi, raccolti ancora da pochi, delle canzoni di Brassens e della coppia Prevert-Kosma. Intorno a quest’idea di canzone si raduna in breve un gruppo di amici entusiasti che lavorano alla Rai di Torino e sono personaggi assolutamente eccezionali: Umberto Eco, Furio Colombo, Gianni Vattimo, cui si aggiungono altri come Calvino, Franco Fortini, Giulio Einaudi, Carlo Galante Garrone, Massimo Mila, Gianfranco De Bosio, e musicisti colti come Valentino Bucchi, Giorgio De Maria, Fiorenzo Carpi, Giacomo Manzoni, Piero Santi.

Calvino è entusiasta del progetto e scrive nel ’58-‘59 i primi quattro testi di getto su musiche di Liberovici. Sul verde fiume Po è una filastrocca, musicata da Fiorenzo Carpi, quasi una favola. Poi ci sono del 1960, Turin la nuit o Rome by night con musica di Piero Santi, mai incisa su disco, e La tigre con musica di Mario Peragallo, di cui si è perso lo spartito, scritte per uno spettacolo di Laura Betti, Giro a vuoto. Infine c’è il brano Quando ricordiamo, tratto da La vera storia di Luciano Berio del 1977-1981, che debuttò alla Scala nel 1982 con protagonista Milva.

Il punto di forza di queste canzoni è sicuramente il realismo che si manifesta nella scelta di temi civili, purtroppo sempre attuali: l’antimilitarismo, la condanna del razzismo, del clientelismo, del consumismo, della inutile burocrazia. I testi di Calvino però hanno qualcosa che li distingue, una marcia in più e te ne accorgi anche per la perfetta fusione con la musica dalla tonalità popolare, ma intensa, carica di emozioni, ma contenute, come è nello stile dello scrittore. Abbiamo accennato agli echi di Ultimo viene il corvo in Dove vola l’avvoltoio, ma ci sono anche dei veri e propri personaggi come per esempio i due sposi di Canzone triste, che non si incontrano mai, prigionieri dei ritmi ossessivi del lavoro e resta, a ricordare l’amore, solo il profumo delle lenzuola vuote. Facile evocare il racconto L’avventura di due sposi. E poi c’è la guerra e c’è la Resistenza come nel testo di Oltre il ponte: il passato recente con le sue utopie e speranze e lo spirito combattivo che guarda al futuro. Anche altri hanno guardato con attenzione a questo esempio di creatività di Dove vola l’avvoltoio si è ricordato De André nella Guerra di Piero. Guccini a sua volta ha dichiarato: «Questa gente (i Cantacronache) mi è stata maestra». Insomma possiamo ragionevolmente pensare che senza il Cantacronache molta parte delle successive esperienze di canzone civile non ci sarebbero state. Ancora più meritorio il volume Calvino e gli anni delle canzoni che l’editore Betelgeuse di Verona, in collaborazione con Club Tenco, manda in libreria a trent’anni dalla morte dello scrittore. Curato da Enrico de Angelis, il libro esamina un momento non molto noto della ricca e originalissima carriera di Calvino, inquadrandolo criticamente nell’interessante introduzione di De Angelis e in due altri saggi, di sapore più letterario, che completano il volume insieme ai testi delle canzoni e a un Cd dove le canzoni sono interpretate da Grazia De Marchi col pianista Giannantonio Mutto.