La «zia d’Italia», come si è recentemente autodefinita, ha una biografia che ne racchiude tante. Radicale ortodossa e dissidente, donna delle istituzioni e disobbediente, profonda conoscitrice e amica del mondo musulmano e nemica giurata dell’islam da barricata, in lei confidano le seconde generazioni di immigrati e i vecchi liberali, i malati terminali in cerca di una morte clemente, le ragazze che sognano di sottrarsi alle mutilazioni genitali, le donne che vogliono decidere se e quando procreare e chi chiede solo di poter coltivare una pianta per poi fumarsela senza santi inquisitori. Pochi come lei si prestano a rappresentare le migliori lotte politiche dell’anno e della legislatura che stiamo per lasciarci alle spalle, mantenendo al contempo lo smalto dei volti di domani. Quando a primavera andremo al voto, Emma Bonino compirà 70 anni (il 9 marzo) ma il suo nome – che chissà se troveremo nell’urna, abbinato all’unica lista che chiede voti promettendo più Europa – è di sicuro uno degli stimoli migliori per quei giovani italiani figli di immigrati che non se ne andranno dal Paese che li vorrebbe cittadini di serie B.

È una battaglia che ha perso, quella della riforma della cittadinanza, Emma Bonino, mentre ha potuto festeggiare – anche con le lacrime, insieme a Mina Welby – la legge sul biotestamento, dopo aver sconfitto un tumore con la stessa tenacia che ha messo nella lotta per il diritto di tutti a scegliere come morire. E in queste ore, dopo essersi fidata e affidata forse un po’ troppo al Pd di Matteo Renzi, si sta battendo per riuscire a presentare la sua lista +Europa dovendo raccogliere oltre 25 mila firme in pochi giorni.

Parlare di Emma Bonino però significa parlare anche di Marco Pannella, anche delle lotte non violente in difesa dei diritti dei detenuti e per una giustizia giusta; significa parlare dei Radicali di ieri e di quelli di oggi – dagli Italiani ai Transnazionali -, che sono più divisi di prima ma formano come al solito una galassia necessaria. Per tutti.