Il luogo comune secondo cui le bambine sono meno portate per la matematica è uno stereotipo del tutto falso. Sembra una banalità ma forse non lo è: proprio questa settimana Alessandro Strumia, il fisico del Cern secondo cui il cervello delle donne è più adatto a altre discipline, è riuscito a far pubblicare le sue tesi su una rivista scientifica rispettabile, Quantitative Science Studies, edita dal Mit di Boston.

L’ENNESIMA SMENTITA del pregiudizio arriva da uno studio delle neuroscienziate statunitensi delle università di Chicago, Rochester e Pittsburgh guidate da Jessica Cantlon e pubblicato dalla rivista Science of Learning. Le ricercatrici hanno studiato le reazioni del cervello in 55 bambine e 49 bambini di età compresa tra i 3 e i 10 anni di fronte a stimoli cerebrali di tipo matematico. Visualizzando l’attività cerebrale con la risonanza magnetica durante la visione di contenuti didattici, le ricercatrici hanno confermato che il cervello funziona esattamente nello stesso modo in entrambi i sessi, quando avviene un ragionamento semplice come contare o eseguire addizioni.

In secondo luogo, Cantlon e colleghe hanno valutato i bambini in un test di abilità matematiche precoci abitualmente utilizzato dagli psicologi in bambini di quell’età. Anche in questo caso, le ricercatrici hanno osservato che tra sesso, abilità matematiche e maturità cerebrale non c’è alcuna correlazione. Il dato è stato confermato anche in un analogo test su un campione di adulti. «Femmine e maschi usano nello stesso modo tutto il cervello, e non solo l’area matematica», commenta Alyssa Kersey, una delle autrici.

SECONDO CANTLON, ad allontanare le ragazze dagli studi scientifici sono la società e la cultura. «Gli insegnanti dedicano più tempo ai ragazzi durante le lezioni di matematica e le famiglie passano più tempo con i maschi in attività legate alla cognizione spaziale». Le bambine adeguano dunque le abilità matematiche alle aspettative dei genitori. «Essere consapevoli di queste cause è necessario», conclude Cantlon, «tutte e tutti noi dobbiamo imparare a non riprodurre le disuguaglianze di genere».