Ci sono voluti cento giorni, più di tre lunghi mesi nei quali si sono accumulate strane decisioni della procura, segnali inquietanti, circostanze sospette e anomalie nella ricostruzione dei fatti, perché l’omicidio del migrante marocchino Youns El Boussettaoui, avvenuto a Voghera lo scorso 20 luglio ad opera dell’allora assessore leghista alla sicurezza Massimo Adriatici, finisse in parlamento e arrivasse sul tavolo della ministra della giustizia Marta Cartabia.

L’ULTIMA di queste circostanze riguarda Massimo Venditti, procuratore aggiunto del Tribunale di Pavia comparso ad un convegno con esponenti della Lega alla vigilia delle elezioni amministrative del 2020 a Legnano. Venditti lavora all’ufficio del pubblico ministero Roberto Valli, che ha in mano il fascicolo sulla morte di El Boussettaoui. Ogni volta che gli avvocati della famiglia della vittima, Debora Piazza e Marco Romagnoli, hanno avuto a che fare con lui e gli hanno mosso qualche eccezione si sono trovati di fronte ad un muro di gomma. Fino a quando persino la giudice per le indagini preliminari cui era stata rivolta la richiesta di rimuovere la custodia cautelare (ai domiciliari) per Adriatici aveva rigettato l’istanza nonostante sapeva che dopo pochi giorni lo sparatore sarebbe uscito per decorrenza termini. Una scelta insolita che alcuni hanno interpretato come un segnale di sfiducia nei confronti di chi sta conducendo le indagini della procura.

MA BISOGNA ripercorrerla dall’inizio, questa storia, per mettere in fila tutti gli elementi critici che la contraddistinguono. A cominciare dalle ore successive alla notte tra il 20 e il 21 luglio, quando El Boussettaoiu, marocchino di 39 anni in condizioni di disagio psichico, cade a terra dopo essere stato colpito dai proiettili esplosi dalla rivoltella di Adriatici. Il quale viene visto aggirarsi in piazza Meardi, il luogo del delitto, e parlare con agenti della scientifica e possibili testimoni. Il fatto che l’assessore sia un ex poliziotto e che adesso oltre ad esercitare la professione di avvocato tenga corsi di informazione sulle investigazioni informatiche a esponenti delle forze dell’ordine aumenta ulteriormente il peso della circostanza. Per di più, la salma di El Bousseattaoui viene sottoposto in fretta e furia ad autopsia. Di norma, all’esame del corpo deve poter partecipare anche un rappresentante della parte offesa. Solo che le autorità decidono che la vittima non ha nessuno al quale rivolgersi, e procedono senza avvisare i suoi parenti, che vivono da anni tra il Piemonte e la Svizzera. In alternativa avrebbero potuto facilmente contattare proprio l’avvocata Piazza, che nel recente passato è stata difensore d’ufficio di El Boussettaoui e che viene a sapere della morte violenta del suo assistito per caso, leggendo le notizie di cronaca nera. Proprio Piazza decide di portare avanti delle indagini autonome, si mette alla ricerca dei video girati dalle telecamere di sorveglianza. Gli unici che rispondono subito all’appello sono quelli della parrocchia che affaccia verso il luogo del delitto, per capire infatti in che contesto si muove l’inchiesta degli avvocati della parte lesa bisogna ricordare che alla manifestazione indetta a Voghera per ricordare El Boussettaoui parteciparono solo alcuni esponenti delle comunità migranti e attivisti della sinistra sociale del territorio. Un clima ostile, confermato dalla pubblicazione della chat tra assessori della giunta di Voghera in cui si esterna la necessità di «cominciare a sparare» contro il dilagare di migranti.

LA SITUAZIONE di Adriatici sembra peggiorare quando i Ris di Parma Adriatici scoprono che la sua pistola era caricata a pallottole a esplosione, particolarmente distruttive, considerate arma da guerra. La legge ne consente l’uso solo in particolari poligoni e in specifiche discipline di caccia. Eppure, il capo d’imputazione dell’assessore-sceriffo resta sempre lo stesso: eccesso colposo di legittima difesa. Ciò gli consente di accedere a una decorrenza termini di soli tre mesi, e di essere libero ormai da qualche settimana. Tutto questo e molto altro ancora spinge Nicola Fratoianni, deputato di Sinistra italiana a parlare dei «molti, troppi dubbi che vengono proposti sulla gestione dell’indagine da parte della procura» e ad annunciare un’interpellanza parlamentare. «Questi dubbi devono essere sgomberati al più presto, deve farlo lo stato anche per rispetto nei confronti dei familiari della vittima – spiega Fratoianni – Presenteremo per questo un’interrogazione parlamentare affinché sia attivata un’ispezione ministeriale».