Con Fantaenciclopedìa “Il Fantastico in Letteratura”, ovvero Dizionario di idee perdute, racconti insoliti e curiosi e fatti della storia negletti e perturbanti (manifestolibri, due volumi, pp. XIX+1332, € 58,00) Franco Porcarelli, sotto il solito pseudonimo di Adan Zzywwurath, ha allestito un organismo linguistico e iconografico, una creatura multiforme dagli arti mobilissimi, capace di sollecitare l’interesse dei lettori. Non solo quelli specializzati, ma anche e soprattutto quelli che si lasciano irretire dalle storie che si intrecciano e si dipartono sul filo di connessioni tutte da scoprire. Curiosità, aneddoti, episodi tratti dai più vari settori (letteratura, cronaca, storia, testi sacri, pittura, scultura, spiritismo, esoterismo, bestiari, erbari e vegetari) si arrendono alla pacata severità dell’ordine alfabetico, e così erudizione e fantastico contraggono matrimonio in un libro dal profilo mobile che suscita una sana esitazione sul confine tra il ragionevole e il sorprendente, tra il reale e il fantastico.
L’enciclopedia, oltre le numerosissime illustrazioni, si presenta munita di tutti gli apparati d’obbligo per questo genere di scrittura: 1133 pagine di testo, 66 pagine di Bibliografia essenziale, 56 di Indice degli Argomenti e delle Cose più Notevoli, e infine 52 pagine di Indice dei Nomi e delle Fonti, oltre al Sommario. Il primo tratto distintivo di un’opera come questa è senza dubbio l’aspetto quantitativo: l’imponenza dei numeri già da sola dà un’idea della grande varietà di esempi riconducibili all’ambito del fantastico. La qualità degli esempi addotti, d’altro canto, va a costruire un sistema, complesso e dinamico, in cui trovano la loro collocazione tutti gli aspetti della vita, quotidiana e non.
Con la prima sezione, intitolata ad Adamo ed Eva, si entra subito nel vivo della materia: anche l’alfabeto ha ragioni e logiche tutte sue, e proprio nella madre di tutte le storie troviamo l’esercizio dell’ars combinatoria, il meccanismo primigenio cui ricondurre, secondo la prospettiva di Porcarelli, la natura del fantastico. Nel racconto della Genesi emergono ambiguità, contraddizioni e falsità, dunque lì il fantastico è già pienamente in azione. La storia di Adamo ed Eva rivela di fatto che l’umanità non è destinata al Paradiso e che gli esseri umani non sono i discendenti ‘perfetti’ previsti dalla creazione, ma i Bastardi, figli della Caduta. Nel testo si susseguono più di cinquecento storie di varia provenienza, e il filo che le unisce non è altro che la rottura di un ordine riconosciuto; in quel punto fa irruzione l’inammissibile, che va a compromettere e alterare la legalità quotidiana (la definizione è di Roger Caillois). Tra le 29 sezioni sono ricompresi Cielo & Inferno, Automi, Fantasmi, Premonizioni, ma anche ambiti meno prevedibili, come la Giustizia e i Libri. Gli autori del fantastico sono infatti capaci di ricombinare sempre gli elementi narrativi e di rendere anche quello più riconoscibile perfettamente estraneo. Poe, Borges, Calvino, insieme con Savinio e Odifreddi sono tra i nomi più ricorrenti.
Nell’Appendice, Il Fantastico in Letteratura: “Parole Chiave”, l’autore si impegna a esplicitare i presupposti teorici del fantastico. Il compito non è facile, data la natura polimorfa della materia, ma tre sono i segni sintomatici: la presenza dell’Insolito, la messa in campo della facoltà di giudizio applicata secondo una logica «diversa dall’usuale» e, infine, l’assottigliamento del confine tra realtà e fantasia. Tali elementi trovano il loro raccordo nel fatto che, diversamente dal mito, dalla magia e dal soprannaturale, qui si viene condotti a un bivio critico talmente forte che l’usuale sistema di certezze subisce una frattura irrimediabile. Il fantastico è infatti per natura trasgressivo: «il Soggetto vero del pensiero Fantastico è: il Diverso, quello che non t’aspetti». Non sorprende che la letteratura, essendo linguaggio creativo, sia lo spazio privilegiato nel quale tale trasgressione può avere miglior luogo, mettendo a nudo la natura delle cose, irriducibile alla logica e che definiamo reali quando non ne scorgiamo più l’alterità. «Toute vue des choses qui n’est pas étrange est fausse»: il Valéry dell’epigrafe segna la rotta dell’intero libro.
Il fantastico si presenta e si impone irruente in chi gli apre la porta; genera perplessità e getta nell’incertezza e nel pericolo, cui il soggetto deve rispondere in qualche modo. L’arma migliore – Porcarelli produce numerosi esempi in questo senso – è l’astuzia, ovvero quell’uso dell’intelligenza che, uscendo dall’ordine puramente logico della coerenza, riesce a fare il ‘salto’. È il caso del profeta che, minacciato sibillinamente di morte dal tiranno, si salva rilanciando a sua volta la minaccia: morrò tre giorni prima di te.
È così che il fantastico sollecita una particolare facoltà di giudizio, la quale, lasciatisi alle spalle i vincoli della razionalità, muove in una direzione inedita. Nella sezione «Giustizia» si ricorda come non c’è delitto, per quanto abnorme, crudele o vergognoso, che non sia o non sia stato ammesso da parte di qualche popolo. La sezione «Atrocità» sembra quella più probante a dimostrare come la razionalità e la coerenza siano gli strumenti fondamentali nel procedere sulla strada delle aberrazioni. Grappoli di storie e di testimonianze certificate disegnano l’umanità come un crogiolo di assurdità e nefandezze. Come non evidenziare la logica coerenza, la razionalità messa in campo dai criminali nazisti nell’esercizio delle loro azioni più abominevoli? E che dire del culto del Numero, che come un nume sinistro governa la mano del serial killer?
Insomma il fantastico è non solo l’altra faccia della Realtà, la realtà guardata da un’altra parte, ma anche un territorio di transizione, i cui connotati vengono svelati tanto gradualmente che i più neppure se ne avvedono. La vicenda di Cartesio è tra le più rappresentative. Il padre delle idee chiare e distinte, fondamento della razionalità moderna, fu indirizzato alla elaborazione del famoso ‘metodo’ da tre sogni. Quanto intricata sia questa storia il lettore lo apprenderà nella sezione «I Sogni». Certo è che non solo il fondatore della clarté fu indotto a volgere le proprie ricerche nella direzione, razionalissima, suggerita da tre incubi, ma anche che quei sogni avevano una matrice del tutto letteraria. Storia ancipite, anche questa, sulla quale il giudizio viene sospeso. Del resto la sospensione del giudizio dirimente è esattamente il portato specifico del fantastico, la cui unica vittoria sembrerebbe appunto quella di scardinare la porta dietro la quale ci teniamo asserragliati con le nostre certezze.
Qual è il confine tra il fantastico e il ragionevole? Molto incerto, vista l’eterogeneità di usi e costumi offerti da antichi e moderni. Nell’antico Egitto, ad esempio, era consentito fare un prestito a chi dava in pegno il… cadavere del padre.
Il fantastico è il territorio dove «le Cose possono essere Altrimenti», stimolando un pensiero «antagonista». È difficile estrarre definizioni certe in questa Fantaenciclopedìa, proprio in virtù del fatto che, rivisitati come Porcarelli fa, i fenomeni rivelano corrispondenze e analogie sorprendenti, quelle analogie lampeggianti in cui Antonio Prete, ricordiamo, vedeva raccolte le ceneri del senso e gli eccessi dell’immaginazione. In definitiva il fantastico sorge dal lavoro della mente in grado di cogliere e accogliere analogie e differenze.