Chi è arrivato alle otto di mattina, sfidando il vento gelido che si infilava anche nelle vie del centro della Capitale, al Largo del Nazareno e su per via Sant’Andrea delle Fratte, lo ha trovato lì, già nel suo ufficio. Matteo Renzi è tornato in sede, la quarantena per smaltire la batosta referendaria è finita. In realtà era già tornato il 3 gennaio, riuscendo a beffare i cronisti che lo davano in vacanza a cimentarsi con le piste nere di Ortisei, nella Val Gardena. E invece lui è arrivato a Roma a sorpresa – anche della questura di Roma che com’è prassi aveva diminuito la vigilanza- e ha fatto riaprire la sede. Un segnale interno: il suo silenzio non è smobilitazione.

Ieri invece il ritorno a pieno regime: riunioni con i big del partito. Naturalmente il suo vice Lorenzo Guerini, che resterà il responsabile del’organizzazione del partito e che da giorni lavora al calendario del nuovo Pd. Poi Piero Fassino. Luigi Zanda, Gianrico Carofiglio, Maurizio Martina, Gianni Cuperlo. Più tardi, nel primo pomeriggio, va a trovare il presidente del consiglio Paolo Gentiloni al Policlinico Gemelli. Anche per smentire le voci di ’freddo’ tra i due. L’amico Paolo sta bene: in mattinata ha visto i suoi collaboratori e la sottosegretaria Boschi, oggi alle 12 presiederà il consiglio dei ministri. Renzi si trattiene con lui un’ora. Ma è al Nazareno che il segretario affronta i dossier per il rilancio. Dalla mattina sul quotidiano Repubblica e sui siti campeggiano i numeri del flop delle tessere Pd.

Desolanti. 37mila in Emilia dove tre anni fa erano il doppio, mille a Torino dove l’anno scorso erano 2400 e dove ora governa la pentastellata Chiara Appendino. La minoranza già da un mese insiste sul tasto dolente. Da quando è uscita la notizia che all’indomani della sconfitta alcuni circoli facevano misteriosamente il pieno di nuove tessere. Solo «un gesto di orgoglio» per l’ex premier; truppe sospette per i suoi avversari interni. E il problema, avverte Nico Stumpo, responsabile organizzazione dell’era bersaniana, «non è burocratico: con ogni probabilità questo e il prossimo tesseramento varranno come base per il congresso del partito». Dopo il colloquio con il leader, Lorenzo Guerini scrive una nota per smentire tutto: dati parziali, «dunque non rispondenti alla realtà». Il tesseramento 2016 è stato prorogato fino al 28 febbraio. Nel 2015 gli iscritti erano 395.320, «i dati che provengono dai territori a oggi fanno ritenere che il numero di iscritti nel 2016 sarà tendenzialmente in linea con quello dell’anno precedente». Tendenzialmente.

Ma non è questo a preoccupare davvero Renzi. Il segretario prepara il suo rilancio in grande stile, forse un’intervista già nelle prossime ore, in cui proporsi come traghettatore della sinistra italiana dal passato al futuro. Già sentita? Sì: la nuova linea politica nasce dalle ceneri – o meglio dalle rovine – di quella vecchia. I suoi più stretti sanno che il centro di questa riflessione non è certo «l’operazione Pisapia», quella del ’campo democratico’ che lunedì 16 si riunirà a Lecce con l’ex sindaco di Milano e anche Michele Emiliano, forse per tenere a battesimo la candidatura a sindaco dell’ex Sel Dario Stefàno, ormai passato in forze al progetto del nuovo centrosinistra. Renzi stima Pisapia, ma è convinto che il rilancio del Pd non passa per la riorganizzazione della sinistra alla sua sinistra. Il vero punto è la legge elettorale. In queste ore si è riannodato il filo del dialogo con Berlusconi. La base è un sistema elettorale proporzionale con collegi piccoli e liste corte e bloccate, simile al sistema spagnolo che in origine era una delle possibilità – una delle tre opzioni, per chi ha buona memoria – prima che il patto del Nazareno portasse all’Italicum. Sarà questo ’il piano B’, e cioè se non sarà possibile andare a votare entro giugno – che resta l’obiettivo principale di Renzi, con sempre meno speranze – potrebbe essere il filo rosso con il Cavaliere. Ma per questo bisogna aspettare la sentenza della Corte sull’Italicum, il 24 o i giorni successivi.

Intanto c’è il dossier della nuova segreteria, con innesti di peso come il giovane economista Tommaso Nannicini e il navigato ex segretario Ds ed ex sindaco di Torino Piero Fassino, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, il ministro Martina, lo scrittore pugliese Carofiglio alla comunicazione da lanciare come anti-Emiliano. La nuova formazione potrebbe essere annunciata tra martedì e mercoledì.

La prima mobilitazione: i circoli apriranno i banchetti in piazza il 21 gennaio, che sia il compleanno della nascita del Pci lo ricorderanno solo pochi reduci o studiosi. Ma il vero ritorno pubblico sarà il 27 e 28 gennaio a Rimini, all’assemblea degli amministratori locali, dopo il verdetto della Corte. Il nome resta lo stesso, ma Renzi lancerà lì la sua Bolognina.